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CADUTO PER LA PATRIA ...
di Giancarlo Chianelli

Monumento ai Caduti Grande Guerra Jindrichovice

Voglio raccontare la storia di un mio familiare, Francesco, Francescoantonio Chianelli per l'anagrafe, un giovane caduto come tanti altri per la Patria, il cui nome è scritto sulla lapide del monumento ai Caduti di San Marco Argentano, ma la cui storia era finora sconosciuta.
Partirò dal luogo in cui nacque che è anche il mio paese di origine.
Dodici anni addietro, durante le vacanze assieme a mia moglie e mia figlia, in una calda sera d'estate, dopo aver acquistato dei gelati, ci stavamo dirigendo verso la villa comunale per una passeggiata e lasciare la bambina giocare nel parco. A lato dell'ingresso alla villa c'è il monumemto ai caduti della prima e della seconda guerra mondiale.
Pur avendo vissuto a San Marco per più di vent'anni, non mi ero mai soffermato a leggere i nomi dei Caduti. Quella sera rimasi folgorato leggendovi il nome di un caduto con il mio stesso cognome.
Non credo a quello che si definisce un 'segnale', ovvero al messaggio di qualcuno che è vissuto prima di noi. Sono 'quasi' ateo, tuttavia qualcosa si era mosso e quel nome iniziò da allora a ripetersi come un mantra nella mia mente: chi era Francesco Chianelli?
Lo seppi dopo, molti anni dopo: era un contadino analfabeta, figlio di Domenico e Carmela Rizzuto, nato a San Marco Argentano il 26 novembre 1886. Era alto, considerando i tempi, un metro e settanta, capelli neri e lisci, occhi castani. Era stato arruolato nel 18° reggimento bersaglieri e fu mandato al fronte come tanti.
Sono informazioni e descrizioni che ho potuto avere solo dopo la richiesta del suo foglio matricolare. Agli inizi del percorso che mi portò a scoprire chi fosse non sapevo quasi nulla di lui. Prima di arrivare a richiedere il foglio matricolare, rientrato in Svizzera, mi misi alla ricerca di notizie su di lui attraverso Internet, che si rivelò un prezioso alleato: cercavo, leggevo, ascoltavo, ma non riuscivo a venire a capo di tutto, soprattutto sapere dove e come fosse morto. Ma soprattutto: dove era stato sepolto?
Per primo consultai la rubrica "Soldati" sul sito di San Marco Argentano, la quale riportava come luogo di morte una località inesistente, Flemhungen o qualcosa di simile, e la data della morte avvenuta in un campo di prigionia.
Inserivo nel computer voci che potessero avvicinarsi in qualche modo al nome di quella località, pensando che fossero state scritte erroneamente alcune lettere, ma la risposta era sempre la stessa: località errata o inesistente.
Pur continuando la ricerca, nel frattempo, avevo iniziato ad interessarmi di tutti gli altri giovani sanmarchesi caduti al fronte, e completata una lista integrata e corretta la trasmisi al mio amico interlocutore, Paolo Chiaselotti, per aggiornare la sua pagina con i nuovi dati che avevo reperito.
Oramai la mia era diventata un'ossessione, volevo arrivare in fondo, e così, grazie al suggerimento di un membro del Gruppo di ricerche Grande Guerra, di cui ero entrato a far parte, scrissi al centro studi "OnoreAiCaduti" con sede a Roma.
Dopo qualche mese di ricerche infruttuose, finalmente, un giorno arrivò la tanto attesa risposta dal ministero: Francesco era morto di tubercolosi nel campo di prigionia di Heinrichsgrun, una piccola città all'epoca facente parte dell 'impero austroungarico.. Oggi la stessa si chiama Jindrichovice ed è un Comune della Repubblica Ceca.
Inutile descrivere l'emozione che provai nell'apprendere quale fosse il luogo dove era deceduto e sepolto. Misi immediatamente in moto la 'macchina del tempo' che mi avrebbe portato a scoprire quel passato che non ignoravo io soltanto, ma anche i familiari, i concittadini e le autorità che avevano inserito il nome di Francesco tra i caduti della Grande Guerra.
Iniziai subito a documentarmi sul luogo, cercando foto e immagini di ogni genere su internet, leggendo testimonianze di altri internati nel campo di prigionia, restando colpito nel leggere che i prigionieri venivano usati come operai nelle cave di basalto presenti nella regione. La durata di vita di questi infelici non superava i due mesi a causa soprattutto di tubercolosi e dissenteria, oltre alle percosse e alle vessazioni di ogni genere che ne accelleravano la morte. Un conto è sapere che giovani da ogni parte d'Italia subirono tutto ciò, ma apprendere che la stessa sorte era toccata a Francesco, un Chianelli di cui io portavo il cognome, è qualcosa che mi toccava nel profondo, quasi la vivessi io stesso! Francesco era arrivato nel campo di Heinrichsgrun il 15 giugno 1918 e un mese dopo, il 17 luglio, era già morto.
Ho sempre pensato alle sue sofferenze, alla disperata solitudine, lontano dai suoi familiari e dal suo paese, e al momento della morte quando non c'era nessuno di coloro a cui era legato in vita a dargli un ultimo saluto.
Per diversi anni accettai la triste sorte che includeva, oramai, l'impossibilità di riavere i suoi resti mortali, poi qualcosa di indefinibile mi spinse a tentare una via che non avrei mai immaginato di percorrere all'inizio delle mie ricerche: scrissi all'ambasciata italiana a Praga, chiedendo se esistesse la possibilità di riportare le spoglie di Francesco Chianelli in Patria.
Mi spiegarono gentilmente che l'intera area interessata alle sepolture, dopo anni di totale abbandono, era stata ristrutturata e trasformata in 'Luogo di Pace e Meditazione'. Non era più possibile risalire ai nominativi delle singole sepolture e, pertanto, era impossibile recuperare i resti di chiunque dei caduti per un rientro nel luogo di origine. Nella risposta allegarono diverse foto e l'atto di morte originale. Documenti e immagini che hanno colmato un vuoto che per me aveva finito per rappresentare un atto di colpevole incuria.
Oggi posso dire di essere più sereno per aver portato alla luce quella parte della sua storia che tutti ignoravano, anche se rimane la tristezza, di non essere riuscito, nonostante l'esito positivi della scoperta del luogo di sepoltura, a riportare le sue spoglie nel paese di origine, come, ne sono certo, egli stesso sognò nel momento della morte in terra straniera.
Prima di tutto questo lungo percorso, non sapevo, né conservavo nulla di Francesco Chianelli. Oggi ho il suo foglio matricolare, rilasciato dall'archivio storico di Cosenza, una medaglia commemorativa del centenario della fine della guerra, offerta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, e le foto del campo di prigionia dove il bersagliere finì la sua corsa.
Fine della storia. Un storia che non è solo quella di Francesco Chianelli, ma di altre migliaia di ragazzi, morti per averci dato un Paese unito e libero.

Losanna 22 febbraio 2024

Giancarlo Chianelli
Ho appurato che il mio prozio era in compagnia di altri cinque soldati della provincia di Cosenza, originari dei seguenti Comuni: Paola, Acri, Verbicaro, Serra d'Aiello, Luzzi (Comuni a cui ho inviato una comunicazione in merito)
Sento di rivolgere un doveroso ringraziamento a
  • Onoreaicaduti
  • Archivio storico di Cosenza
  • Regione Friuli Venezia Giulia
  • Ambasciata italiana a Praga
  • Agli amici della Redazione Caduti GG


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U 'mmasciaturu   -   Una giornata al Pettoruto   -   Pere a quintali

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