IL SANPAULARU ...
Racconto di Vincenzo Serra
.... o Sampavularu era uno strano personaggio che fino a tutti gli anni 50 si aggirava di solito nelle campagne
o nei piccoli paesi -raramente toccava i grossi centri- per procacciarsi qualcosa per sbarcare il lunario.
Non si può parlare di un mendicante, ma di una particolare figura di imbonitore, che, senza troppa fantasia, possiamo
accostare a giocolieri, venditori e lavavetri che, ai nostri giorni, frequentano i semafori agli incroci delle città.
Il sampavularu era senz'altro una persona stravagante, in quanto proponeva l'esibizione di serpenti trasportati
in una cesta, altre volte in una bisaccia e, talvolta, finanche sotto i vestiti.
Intorno ai sanpaulari circolava una credenza popolare, secondo la quale coloro che erano nati durante la notte precedente
o successiva della festività di San Paolo godevano della facoltà di prendere, possedere o trattenere serpenti senza
esserne morsi o aggrediti. Tale potere sarebbe, però, cessato nel momento stesso in cui il soggetto in discussione avesse
ucciso un qualsiasi rettile. Qualche voce discordante voleva che da questa portentosa facoltà fossero esclusi vipere e
rjiddri, ritenuti velenosissimi ma in realtà innocui orbettini.
Come per tutti i casi straordinari anche per i nati in questa speciale notte e le loro facoltà non mancavano incredibili
racconti popolari.
Uno di questi narrava di una precoce sanpaulara, una bambina cresciutella, la quale ritornata a casa, corse
incontro ai genitori, gridando gioiosa che aveva un regalo per loro e, prima che capissero di cosa si trattava, lasciò
scivolare dalle sue mani un lungo serpente. I pianti e i tentativi disperati ed inutili della piccola di impedire la soppressione
del suo inaspettato 'regalo' non servirono a niente. Dopo l'uccisione, la poverina perdette il potere di avvicinarsi ai serpenti,
che fuggivano al suo primo apparire.
Il sampavularo non ispirava alcuna simpatia e, dato che le sue mani erano sempre a contatto con animali che strisciavano
a terra, era ritenuto anch'egli sporco e nauseante, tanto che quando dava la mano a qualcuno, immediatamente costui correva a lavarsi
accuratamente le mani.
I rapporti del sampavularo con la gente erano ulteriormente complicati da altre dicerie e credenze. Di queste ne ricordo due,
particolarmente curiose e fantasiose.
La prima asseriva che se una persona, alla vista di un serpente, si fosse tirata con forza i capelli, avrebbe bloccato i movimenti
del rettile, rendendolo per tutto quel tempo incapace di muoversi. Io stesso, da bambino, fui protagonista di questa esperienza.
Un giorno, in compagnia di alcuni adulti, camminando davanti a loro lungo un sentiero mi imbattei in un serpente. Dal gruppo qualcuno
mi gridò di tirarmi i capelli, mentre tutti cercavano un bastone per ucciderlo. Nonostante fossi rimasto immobile con i capelli
stretti nei pugni, impegnato a lungo nello sforzo continuo di tirarli dalla cute, vidi che l'animale, invece di bloccarsi, fuggì
via al primo grido. Il commento a posteriori fu che io mi ero dimostrato un incapace!
La seconda credenza, ancora più fantasiosa, anche se meno nota della prima, raccomandava di non incrociare lo
sguardo di queste bestie diaboliche che, con il loro incantesimo ipnotico, sarebbero state capaci di paralizzare la persona, per
poi aggredirla e ucciderla! Vi posso assicurare che non ho mai incontrato una sola persona che avesse corso questo pericolo.
Come tutte le attività anche quella del sanpaularu andavava incontro ad imprevisti ed incidenti ed eccone uno,
raccontatomi dagli stessi protagonisti.
Un sanpaularo capitò in una casa frequentata da ragazzoni e signorinelle i quali, incuriositi dalla personalità
di questo misterioaso ospite e del suo armamentario, concordarono di ripagare la sua esibizione con un pane profumato appena
sfornato. Nessuno, però, si era ricordato che in casa c'era un grosso cane, addestrato proprio a cacciare i serpenti;
appena scorse il rettile nelle mani del sampaularo si avventò su entrambi. I malcapitati protagonisti
dell'esibizione furono salvati a stento dai giovani spettatori, che rischiarono di essere anche loro vittime da quella incontrollabile
furia canina.
Un'altra disavventura che un sanpaularu amava raccontare al pubblico d'occasione era la seguente.
In un caldo pomeriggio estivo, mentre l'uomo stava riposando all'ombra di un albero, il suo serpente, custodito sotto la camicia,
gli si avvolse in più giri intorno al collo. Avrebbe rischiato di restare soffocato senza il provvidenziale intervento di
un passante, il quale accortosi che l'uomo tentava disperatamente di liberarsi dalle spire del serpente, estrasse il suo coltello
tascabile e senza esitare tranciò l'animale in due. Il sanpaularu concludeva il racconto dicendo che, appena ripresosi
dallo spavento, tenendo nelle mani i due pezzi del serpente, ringraziava il suo salvatore con le lacrime agli occhi
pensando alla perdita di un compagno di lavoro così fedele e prezioso. Inutile dire che il racconto più che la
commozione suscitava le risate degli ascoltatori.
Oggi sembrano 'favole', ma nei tempi e nei luoghi in cui vissi la mia infanzia, chiunque, alla vista di un qualsiasi serpente,
piccolo, lungo, nero o bianco che fosse, invocava San Paolo, il che dimostra quanto fosse grande il fascino dei suoi sedicenti
'sacerdoti', i sampaulari.
Milano, 16 dicembre 2024
Vincenzo Serra
Nella foto in alto San Paolo con serpenti avvolti intorno alla spada, particolare di un affresco
della chiesetta di Vereto a Patù, in provincia di Lecce.
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