INDICE ARTE |
MA LA MOTTA NO ... .
Con il termine La Motta a San Marco è chiamato un piccolo quartiere composto da poche
abitazioni che si affaccia sulla piazza del Duomo. Storicamente è documentato nel Seicento nella Platea
delle Clarisse, nel catasto onciario del 1754, e in una deliberazione del consiglio comunale, datata 16 novembre
1867, in cui si legge che la collina denominata La Motta era utilizzata dai cittadini per ricavarne pietra
o terra e per gettarvi i rifiuti.
Per secoli, ad eccezione del toponimo suddetto, il termine specifico motta, ovvero la parte tronco-conica su cui si erge la nostra torre, fu completamente ignorato nella cultura sammarchese, che usò sempre e solo il termine rivellino, o ripellino, ad iniziare dall'autore della Cronistoria Salvatore Cristofaro. 1 Non vorrei sbagliarmi andando a memoria, ma il termine fu introdotto per la prima volta in occasione di un incontro con alcuni rappresentanti della cittadina francese di Argentan in Normandia e dell'università di Caen, promosso dal prof. Rinaldo Longo, sindaco Osvaldo Verta. La nuova denominazione motta (dal francese motte), applicata al nostro rivellino, trae origine da specifici studi sulle fortificazioni normanne nell'Italia meridionale della professoressa Ghislaine Noyé, studiosa di fama internazionale. Una sua relazione è riportata negli atti delle Terze Giornate Normanno-Sveve svoltesi a Bari nei giorni 23, 24, 25 maggio 1977, organizzate dal Centro Studi Normanno Svevi, non il nostro che doveva ancora nascere, ma quello prestigioso dell'Università di Bari, diretto dal prof. Cosimo Fonseca, oggi nostro concittadino onorario. Ecco quanto l'illustre studiosa diceva a proposito della nostra torre: " In Calabria, proprio a San Marco Argentano, la torre in pietra che si può attualmente ammirare e che è certamente posteriore, si erge su una motta formata da terra compressa attorno ad un nucleo roccioso ".2e ancora, nell'anno successivo, in un Convegno tenutosi dal 10 al 13 ottobre 1978 a Roma a cura della École Française " Il castrum di San Marco Argentano, costruito nel 1054 a poca distanza [da Scribla], appartiene allo stesso tipo di fortificazione. Si tratta di una motta, in parte artificiale, prima difeso da una palizzata in legno, poi dopo qualche tempo da una torre ".3Non vorrei continuare a sbagliarmi, ma fu proprio in questo ambito di incontri, finalizzati al gemellaggio tra le città di Argentan e San Marco Argentano, che fu mostrato un plastico raffigurante la nostra torre, quasi un prototipo di fortificazione normanna nell'Italia meridionale, con la sua "motte" e una parziale copertura poggiante sugli attuali beccatelli (il prof. Longo potrebbe venirci in aiuto). Attualmente, l'immagine, unitamente ad informazioni sulle fortificazioni medievali e su quella di San Marco Argentano in particolare, la trovo in rete nella pagina di un sito di storia militare medievale (https://storiamilitaremedievale.wordpress.com/2019/05/03/san-marco-argentano-una-motta-normanna-in-italia). Insomma, dopo essere state diffuse per oltre un secolo notizie sulla torre tratte quasi esclusivamente dalla Cronistoria di Salvatore Cristofaro, in seguito agli incontri predetti sono stati inseriti nella conoscenza del monumento elementi di discontinuità, sia sotto il profilo storico che costruttivo. Dalla certezza di una torre realizzata da Drogone o da Roberto il Guiscardo, come scriveva il Cristofaro, si passava alla certezza di un basamento in terra battuta addossato ad una roccia, attribuibile -ma non chiaramente attribuito- ai predetti condottieri, mentre la torre soprastante era dichiarata certamente posteriore. Non più la torre, ma la motta era l'unica testimonianza della fondazione normanna di quel complesso architettonico. Una bella botta, non c'è che dire! involontariamente provocata dal desiderio legittimo e apprezzabile di voler conoscere la propria storia e quella dei Normanni d'oltralpe. Tuttavia quella 'botta' fu attutita dal silenzio dei successivi convegni, nel corso dei quali la torre non fu mai più presa in considerazione, né tanto meno ci furono relazioni o relatori che avessero anche solo accennato ad una attribuzione della torre a Drogone o a Roberto il Guiscardo. La prova maggiore è data dallo stesso Centro Studi dell'Arte del Periodo Normanno-svevo che non trattò mai alcun argomento sulle origini della torre in dibattiti pubblici, convegni, giornate di studio ecc. nè come iniziativa diretta, né a seguito di altre pubblicazioni riguardanti l'argomento. Se qualcosa fu detta fu affidata a figuranti dei vari cortei storici organizzati dal predetto Centro Studi. È il caso di dire che ora siamo rimasti aggrappati alla motta, ultimo baluardo della normannità della torre, trascurando importanti aspetti storici attraverso cui estendere i nostri confini culturali, incluso uno studio, approfondito e scevro da preconcetti o fantasie, su testimonianze normanne. Troviamo varie cronache del tempo con descrizioni particolareggiate di costruzioni e mezzi usati per la loro realizzazione, inclusa una terminologia utile a definire tali interventi: motta, motta castrale, fosso, fossato, mura, murate, ecc. ecc., ma nessuna riguardante San Marco Argentano. 4 Io non sono in grado, ovviamente, di ricavare da notizie di realizzazioni eseguite altrove elementi applicabili al caso della nostra fortificazione, ma vedo che, fortunatamente, non mancano esperti in questo campo dai quali attingere conoscenze. Sempre affidandomi alla memoria che, data l'età, potrebbe tradirmi, mi pare che nessuno, tranne il prof. Onorato Tocci e il prof. Ruggiero De Rosa, abbia trattato il problema del toponimo la Motta in rapporto al castrum fondato dal Guiscardo. Da un punto di vista più generale a dare una definizione del toponimo Motta ci aveva già pensato lo storico Ernesto Pontieri, uno dei maggiori studiosi della presenza normanna in Calabria, definendolo luogo fortificato, dalla natura o dall'uomo, o da entrambi, idoneo alla difesa. Roberto non scelse San Marco come luogo da fortificare per difendersi da attacchi nemici, nè perché fosse un luogo già difeso, ma per la posizione più salubre rispetto al precedente insediamento (Malaterra), mentre Drogone lo scelse nel corso di un'esplorazione territoriale alla ricerca di un luogo elevato (mont molt fort, Amato di Montecassino). Entrambi, comunque, non si trovavano in uno stato di necessità imposto da una situazione di belligeranza, bensì erano occupanti di un territorio abitato da 'gente pavidissima' (le parole non sono mie, ma del Malaterra), e nel caso di Roberto di un occupante per delega del fratello, ma soprattutto dedito a furti, razzie e riscatti. Solo in Amato di Montecassino possiamo leggere la possibile pianificazione di una difesa naturale e strutturale in quel mont molt fort. Et là appareilla de laigname, 5 ma restano seri dubbi sulla identificazione di Saint Martin con San Marco, per cui l'unica certezza ci viene dal Malaterra. E dalla posizione sopraelevata in cui sorse il castrum Sancti Marci. San Marco Argentano, 20 giugno 2023 Paolo Chiaselotti 1 Il Cristofaro, che riporta anche il termine repellino, fa derivare la parola dal verbo latino repellere, respingere. 2 En Calabre, à San Marco Argentano même, la tour de pierres que l'on peut admirer actuellement et qui est certainement posterieur, se dresse sur une motte formée de terre tassée autour d'un noyau rocheux 3 Le castrum de San Marco Argentano, construit en 1054 à peu de distance, appartient au même type de fortification. Il s'agit d'une motte, en partie artificielle, défendue d'abord par une palissade de bois puis au bout de quelque temps par une tour. 4 Ho trovato solo la citazione di un fosso in cui si erano posizionate truppe attaccanti la città. Vedi pagina L'utilità della torre 5 Vedi pagina La Roche Saint Martin |
LA STORIA LE STORIE
|
info@lastorialestorie.it
|