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L'ANTISTORIA


LA ROCHE SAINT-MARTIN.

Strada per val di Crati La passione dell'antistorico è caratterizzata da un atteggiamento compulsivo, che lo spinge a cercare tutto ciò che la storiografia trascura, convinto di poter dire un giorno: ecco, l'avevo detto prima io! nella speranza che qualche storico, con ragionamenti e conclusioni inoppugnabili, dica le cose dette da lui.
Se ciò non dovesse avvenire, l'antistorico potrà sempre dire che gli altri non capiscono niente, a maggior ragione gli storici, ai quali ha sottratto, senza mai citarli, ogni sorta di informazione.

A volte mi interrogo sull'utilità di entrare in argomenti che studiosi di ogni parte hanno trattato in decine di convegni, i cui atti sono a disposizione di chiunque voglia arricchire le proprie conoscenze. L'introduzione all'argomento di oggi è l'apologia della narrazione odierna, che riguarda un aspetto della nostra infinita e infima storia di 'normannisti' sammarchesi.

In un'altra pagina di questa 'rassegna' mi ero soffermato sul racconto che lo storico Amato di Montecassino, attraverso il suo anonimo divulgatore francese, fa dell'arrivo del Guiscardo in Calabria, partendo dal suo insediamento su una solida roccia, scoperta, fortificata e a lui donata dal fratello, il conte Drogone: la roche Saint-Martin.

Roberto, resosi conto che la rocca e i territori intorno, ricchi di ogni ben di Dio, non riuscivano ad appagare i suoi appetiti, compresi i morsi della fame, ritorna dal fratello in Puglia, per chiedere di meglio e di più. "Arrangiati!" gli risponde Drogone, e il Guiscardo torna da dove era venuto, pieno di brutti propositi.
Il capitolo successivo riguarda il rapimento del signore di Bisignano, la sua carcerazione nel castello di San Martino e il rilascio dietro il pagamento di una somma considerevole. San Marco sarà citata molto dopo, precisamente al capitolo XXV del Libro V, ma solo per ricordare che Roberto volle mettere ad una città della Sicilia lo stesso nome del castrum fondato a suo tempo in Calabria.

Il Malaterra racconta all'incirca le stesse cose, seguendo, però, un percorso diverso, nel senso che, da una prima residenza a Scribla, il Guiscardo si sposta a San Marco, luogo in cui terrà in ostaggio il signore di Bisignano. La rocca di San Martino non viene mai citata.

A me sorge il dubbio che la roche di cui parla Amato di Montecassino si riferisca a San Marco. Appare strano, infatti, che il cronista, pur essendo a conoscenza di una San Marco in Calabria non ne abbia mai fatto cenno, ad iniziare dal rapimento di 'Pierre fil de Tyre', che per entrambi gli storici, Malaterra e Amato, fu rapito poco tempo dopo l'insediamento del Guiscardo a San Marco.
Gli storici identificano la roche Saint-Martin con Scribla. Non ho strumenti per contestarlo, anche se questo toponimo non mi pare sia in qualche modo legato a Sant'Antonio di Stridula, come era anche definita Scribla.

Si dà il caso che a San Marco esistesse una chiesa di San Martino, di cui abbiamo due notizie. La prima è contenuta in un diploma del re Lotario III datato 1137 1, in cui sono citati i possedimenti calabresi dell'Abbazia di Montecassino, incluso quello "Sancti Martini in castro Sancti Marci". L'altra riguarda un terreno delle Monache di Santa Clara di San Marco Argentano, in località Pellara, in cui si trovano le "reliquie sive ruine ecclesiæ S[anct]i Martini" 2.

Potrebbe nascere legittimamente il dubbio che il mont moult fort scelto strategicamente da Drogone possa essere un'altura sovrastante la valle del Crati e che in quel luogo, e non a Scribla, il fratello del Guiscardo appareillà de ligname, mettendo il nome la Roche Saint Martin alla fortificazione in cui Roberto si sarebbe insediato.

Dopo un infruttuoso viaggio in Puglia, alla ricerca di migliori e maggiori assegnazioni dal fratello, Roberto ritorna deluso nella rocca di San Martino, dove terrà in ostaggio Pietro de Tyra, dopo il rapimento.
L'ipotesi che possa aver sequestrato il signore di Bisignano, trascinandolo fino a Scribla che dista vari chilometri, appare improbabile sotto il profilo organizzativo ed esecutivo.

Amato di Montecassino ci riserva un'altra sorpresa: ottenuto il riscatto, il Guiscardo ordina a Riccardo Drengot, suo cognato, di far costruire su quella rocca una dimora sicura e ben difesa. 3

A questo punto le cose si complicano, non per il Guiscardo, né per altri della sua cerchia, ma per me, che avendo tirato in ballo un pezzo del nostro territorio e una chiesa ormai scomparsa, non so come spiegare la costruzione da tutt'altra parte del castrum Sancti Marci, ma soprattutto il primo stabilimento a Scribla!
Il guaio di essere un antistorico sta proprio in questa disinvoltura: affermare delle cose e poi non riuscire a darne una spiegazione. Nel nostro caso potrei dedurre che Amato di Montecassino, o il suo postumo interprete francese, abbia mal interpretato il nome San Marco, oppure che Roberto in questo suo continuo andirivieni dalla Puglia in Calabria, sempre alla ricerca di appoggi e consensi da parte di Drogone, abbia esteso il territorio occupato, presidiandolo dalla valle del Fullone fino a val di Crati.

Tuttavia per avere un riscontro sui nomi citati dai due storici, sono andato a leggermi ciò che Guglielmo di Puglia scrive nella sua opera "Gesta Roberti Wiscardi". In essa non ho trovato cenno alcuno a San Marco, a Scribla, a San Martino, bensí Guglielmo parla di un presidium castri primum 4 che Roberto avrebbe scelto come sua dimora. Non ne fa il nome, ma parla di un monastero bizantino in cui lui e i suoi si erano introdotti fingendo un funerale. A nessuno dei monaci fu torto un capello, ma anzi essi continuarono ad abitare nel convento che assolse alla funzione di 'primo presidio' dell'accampamento del Guiscardo. (vedi pagina Antistoria sul finto funerale)
L'interpretazione corrente di questo passo di Guglielmo (almeno qui a San Marco) è che si tratti di Malvito, altri vogliono che l'azione sia partita da Scribla verso un non meglio precisato monastero bizantino. Fatto sta che per Guglielmo l'accampamento del Guiscardo in Calabria fu possibile solo penetrando nel territorio di un monastero!

Se a qualche antistorico come me venisse in mente che potrebbe trattarsi della Matina, se lo tolga dalla mente per il semplice fatto che il cronista del tempo, pur se la sua opera è poetica, usa un termine latino che corrisponde al nostro salire5, e la Matina è in pianura. Chiudiamola qui.

Insomma, ogni autore ci racconta una storia diversa. Qual è allora quella che maggiormente risponde alla realtà?
Io propendo per la 'verità' del Malaterra, il quale col suo lapidario: castrum Sancti Marci firmavit (interpretatelo come volete), sicuramente afferma un fatto accaduto visto che è l'unico a parlare di San Marco, la città in cui abitiamo. Che dire del finto funerale in un convento bizantino? Beh, di finti funerali con tanto di armi nella cassa da morto le cronache sono piene e Guglielmo non fa eccezione. Ciò che, invece, mi fa riflettere è quel primum praesidium castri (vedi nota 4). Non escluderei, infine, che il San Martino di Amato sia una errata interpretazione del trascrittore francese, anche perché nessuna chiesa o località con questo nome compare tra le donazioni contenute nelle Carte Latine del Pratesi, che restano documenti fondamentali della storia di San Marco, del suo territorio e della sua diocesi.

San Marco Argentano, 26/1/2023

Paolo Chiaselotti

Nella foto in alto una strada che attraversando il fondo Valentoni conduce dal piano di Suverano (Bisignano) a San Marco, possibile percorso dopo il rapimento di Pietro di Tira.


1 in Calabria sancte Anastasie, sancte Marie in Tropea, sancti Nicholai in Saleciano, castrum Cetrar(i)e, sancti Petri et sancti Dimitrii in Ferulito, in Cossentia sancte Marie, sancti Petri, sancti Gregorii, sancti Nicholai, sancte Agat(h)e in Tarsia, sancti Martini in castro sancti Marci
(https://www.archiviostoricocrotone.it/chiese-e-castelli/la-badia-di-santa-maria-dellisola-di-tropea)

2 Intus dictam possessionem adsunt reliquie sive ruine ecclesiaæ S[anct]i Martini Trascrizione Platea Monastero di Santa Chiara a cura di di P.C. La località è Pellara. (https://www.sanmarcoargentano.it/ottocento/seicento/platea_int.htm)

3 Et comanda Richart que hédifiast la maison en celle fort roche où avoit tot asségurance et seurté (L'Hystoire de li Normant, libro III, cap. X)

4 illic Praesidium castri primum, Roberte, locasti. Non monasterii tamen est eversio facta, Non extirpatus grex est monasticus inde. Agmina magna legens castro Robertus in illo, carior esse suis coepit, quia strenuus armis consilioque sagax. (https://www.thelatinlibrary.com/williamapulia.html)
(Traduzione: 'là, Roberto, collocasti l'avamposto del [tuo] accampamento'. Nulla del monastero, tuttavia, fu distrutto, né fu allontanata la comunità greca. Roberto, che in quell'accampamento aveva radunato un grosso esercito, divenne sempre più amato dai suoi, per coraggio e astuzia.
Ho interpretato praesidium primum come avamposto, visto che egli era stato costretto ad entrare nel monastero per accedere al territorio occupato, e non come primo presidio in ordine di tempo. (P.C.)

5 sed eius difficilis conscensus erat, ... (ib.)
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