IL PUNGOLO . Dobbiamo rivivere questa ricorrenza immaginando di essere in pretura (pare che all'epoca dei fatti fosse ubicata in via Pasquale Poerio, nell'attuale casa Mileti-Credidio), ma non avendo una qualsiasi riproduzione di come fosse fatta e soprattutto delle persone presenti, pensiamo ad uno dei tanti film degli anni Cinquanta del secolo scorso, che avevano per soggetto le vicende di vari imputati di piccoli reati. Proviamo a trasferire i nostri protagonisti nei luoghi e nelle scene del capolavoro di Steno "Un giorno in pretura", quello, per capirci, in cui Alberto Sordi attira l'attenzione del pubblico presente all'udienza con le sue spacconate e il suo atteggiamento di bulletto da borgata. Al suo posto ho collocato il protagonista di un processo svoltosi nella pretura di San Marco Argentano il trenta agosto del milleottocentottantanove: si tratta di un giovane contadino di vent'anni, di nome Francesco, ma a me piacerebbe chiamarlo 'Nciccu, per dargli un pizzico di carattere nostrano che fin dal nome preannuncia quel tanto di infantile e malizioso sadismo che lo condurrà dinanzi al giudice. Voglio dirvi anche il cognome, sapendo che i suoi lontani discendenti, persone buonissime e per bene, non me ne vorranno, ma sapranno collocare il gesto di 'Nciccuzzu tra gli aneddoti familiari da raccontare ad amici e parenti. Si chiamava Francesco Loffredo. Che cosa combinò di tanto grave da subire un processo penale? Io farei parlare lui, immaginando che si sia espresso in dialetto, il dialetto di allora, più ricco di locuzioni e vocaboli di quello attuale, che è paragonabile ad un buon italiano lavato nel Fullone. Ma per evitare di compromettere la sua non facile posizione giuridica, lo farò parlare in italiano, cercando di rispettare in pieno il senso del suo discorso. Perdonatemi! Ho dimenticato che in ogni processo c'è prima di ogni cosa la descrizione del fatto e l'identificazione delle persone coinvolte, imputato, parte lesa, testimoni. E dimenticavo i nomi del pretore e del cancelliere. Il primo era certamente il giudice Algaria, già presentato tra le genealogie di questo sito, mentre il cancelliere forse era un tal Francesco Adimari, ma visto che non abbiamo una qualsiasi immagine che possa rappresentarceli, voi immaginate che a presiedere e a verbalizzare il tutto siano Peppino de Filippo e Turi Pandolfini, i quali nel predetto film "Un giorno in pretura" svolgevano rispettivamente il ruolo di pretore e di cancelliere. All'invito del pretore di spiegare come si fossero svolti i fatti la parte offesa, il volto parzialmente coperto da una vistosa fasciatura in corrispondenza dell'occhio destro, spiega che mentre stavano arando la terra per il troppo caldo si era fermato un attimo per bere un po' d'acqua dal gummulo e per asciuttarsi i sudori. Il giudice lo interrompe per chiedergli di specificare il proprio nome, il rapporto con l'imputato e se stesse lavorando nella propria terra. Io non tengo terra e mi chiamo Eluise Santo. Agli atti è scritto che il suo cognome è Aloise, specifica il cancelliere, pronunciando nella maniera corretta il cognome: Aloise Santo. E allora? chiede il giudice, aspettando che Santo prosegua nell'esposizione dei fatti. E allora mi chiamavo Eluise Santo, come adesso. Questo lo so, intendo dire che cosa è successo dopo, aggiunge con finta pazienza il pretore. Santo si guarda intorno quasi impaurito, abbassa la testa, sembra che non voglia parlare, poi dopo un secondo intervento del giudice che lo invita a non avere paura di dire tutta la verità, con un filo di voce dice: 'na cosa s'è 'nziccata 'nta n'uocchiu! Cos'era questa cosa? chiede il pretore. U puncituru, risponde a voce bassa Santo. Il pungolo per le bestie, specifica il cancelliere al pretore che non conosceva il significato di quella parola. Ah, e chi è stato? chiede il giudice. Qualche attimo di esitazione, quindi Santo punta il dito verso l'imputato e dice: 'Nciccu. Vuole dire Francesco, precisa il cancelliere. Il qui presente Francesco Loffredo di Vincenzo di anni venti, contadino? chiede il pretore leggendo le generalità dell'imputato dal foglio che il cancelliere gli porge, poi senza aspettare risposta chiede a Santo il perché di quel gesto. Santo è visibilmente imbarazzato, tiene il capo ancor più chino, e dice di non sapere il motivo del ferimento, in dialetto e ripetutamente, come se dovesse nascondere anche una propria responsabilità: 'un u sacciu, 'un u sacciu. Non è che avete avuto una lite, vi siete liticati, o tu lo hai provocato? No, io m'era firmatu solu 'pi bivi e 'pi m'asciutta' i suduri! Improvvisamente l'imputato, senza essere interpellato, si alza e rivolgendosi a lui gli grida: diciaci allu giudici quanti voti t'erisi firmatu! e una e due e tria e dopu torna e 'n'atra vota ... Il pretore non zittisce l'accusato convinto che possa venir fuori la verità sull'accaduto e con questo fine chiede a Francesco Loffredo se fosse stato lui a colpire nell'occhio Santo Aloise e per quale motivo. Signor pretore, risponde Francesco, il motivo è che non voleva lavorare e cercava ogni scusa per interrompere il lavoro e io avevo in mano il puncituro che mi serve per spingere i buoi a tirare l'aratro ... E quindi ..? chiede il pretore che aveva già intuito i motivi del gesto di Francesco. Mi sono girato e con il puncituru l'ho eccitato a lavorare, dicendogli: camina! Dopo un attimo di silenzio, aggiunge: ma non volevo fargli male, volevo solo spingerlo a lavorare, facendo finta di pungerlo con il puncituro, come facevo con i buoi. Gli avvocati dall'una e dall'altra parte provvidero a far valere le ragioni dei propri assistiti, Santo e Francesco non si guardarono mai in faccia e non pronunciarono più parola, il pubblico rimase in attesa della sentenza, che dopo qualche minuto dalla fine degli interventi e delle dichiarazioni di rito fu ... Il fatto, liberamente interpretato, accadde il venti luglio 1889, ed è documentato negli atti allegati al processo svoltosi il 30 ottobre dello stesso anno, conservati nell'archivio della Pretura Mandamentale di San Marco Argentano, oggi presso la sede del Tribunale di Cosenza. La foto, estranea ai fatti, è esposta nel Museo della Civiltà Contadina di San Marino di Bentivoglio (BO) e pubblicata sul sito www.cercanelcassetto.it San Marco Argentano, 30 agosto 2021 Paolo Chiaselotti |
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