ALGARIA Don Gaetano era conosciuto a San Marco Argentano come il signor pretore e quasi tutti gli abitanti o la maggior parte di essi si toglieva rispettosamente il cappello o accennava il gesto di ossequio per salutarlo, tutti tranne i soci del circolo e coloro che avevano subìto qualche condanna. La sua storia è legata a tutti loro, anzi è proprio grazie alla storia di essi che ho potuto ricostruire la sua storia. Don Gaetano Algaria, nonostante il prestigio goduto in vita, sarebbe stato destinato a restare un perfetto sconosciuto, assieme alla moglie, donna Rosina Placco e ai suoi figli Francesca Cesira Clotilde e Francesco Giuseppe Carlo Antonio, se una serie di circostanze, in primis il matrimonio dei miei genitori, non avessero determinato la pubblicazione dei loro nomi su un sito creato apposta per far conoscere la loro storia e quella di tanti altri anonimi personaggi. Immagino, ma la mia è quasi una certezza, che i primi a chiedersi da dove provenisse il giudice Algaria siano stati i signori del Circolo, e tra essi qualcuno che delle origini familiari faceva motivo di orgoglio si sarà chiesto se il famoso palazzo Algaria degli Alliata a Palermo avesse a che fare con il nuovo arrivato. Ma certamente ci fu chi mise in relazione il cognome del pretore con il pittore Francesco Antonio Algaria, vissuto nel secolo precedente, e di conseguenza la sua provenienza da Cassano dove il pittore era nato e vissuto. Il silenzio del pretore sulle sue faccende private, origini e ascendenti inclusi, è il mio cruccio maggiore, perché non soddisfa quelle curiosità che a suo tempo trovarono una risposta nel ristretto ambito del circolo e dei suoi frequentatori, i quali non lasciarono alcun ricordo della loro fumosa e inconsistente presenza e tantomeno dei loro discorsi. Fortunatamente colui che svolgeva le funzioni di ufficiale dello stato civile in sostituzione del sindaco scrisse più di quanto fosse necessario al momento della registrazione della nascita della figlia del signor pretore. Non si limitò, infatti, a trascriverne il nome, Francesca, seguito da un secondo e un terzo nome, Clotilde Cesira, con tutto il seguito comprendente giorno ora nomi dei genitori e testimoni, ma aggiunse il motivo per cui la registrazione della nascita avvenuta il quattordici marzo del milleottocentonovanta fosse stata fatta con quattro giorni di ritardo, lasciando in tal modo una testimonianza, quasi fotografica, delle condizioni meteorologiche di quei giorni: le temperature molto rigide. Non tutti, nonostante il cattivo tempo, ritardarono in quei giorni le dichiarazioni di nascita. Dagli atti risulta che a temere il freddo e la pioggia furono il signor pretore e don Francesco dei baroni Valentoni. Non è difficile immaginare di quali piccoli e grandi privilegi potessero godere nobili e galantuomini del tempo, e quali potessero essere i rapporti interpersonali e quelli con le classi subalterne. Il dubbio che don Gaetano Algaria nell'esercizio del suo mandato possa essere stato in qualche caso non del tutto imparziale è quasi ... legittimo, ma fortunatamente la conservazione degli atti dei processi può dirimere ogni dubbio sulla sua condotta. Proprio a proposito della citata persona, il barone Valentoni, si dà il caso che un suo cugino, Antonio finì sotto processo per "ferimento volontario con calci e pugni che arrecò malattia ed incapacità di lavoro oltre il quinto e infra i trentagiorni, a Filomena Grosso, il 27 novembre 1888 perché la stessa aveva fatto cadere le olive per affrettarne la raccoglitura". Quale fu il verdetto del giudice Algaria? Condannò il giovane Antonio, figlio di Giuseppe dei baroni Valentoni " con le attenuanti, a lire venti di ammenda, colla sussidiaria degli arresti e rivalsa dei danni." Quali potevano essere le attenuanti? Certamente il fatto che Antonio Valentoni fosse incensurato, ma anche una considerazione economica sulla differente qualità dell'olio ricavato da frutti raccolti da terra e quello dei frutti raccolti direttamente sulla pianta, che una volta venduto decretava non solo il buon nome del prodotto, ma soprattutto quello dei produttori. Se a qualcuno venisse il dubbio che la condanna fosse stata troppo mite, posso assicurargli che un padrone aveva sempre una giustificazione per le punizioni inflitte ai suoi sottoposti. Nemmeno due anni prima, un altro pretore, don Felice Perfetti, aveva compreso che cosa avesse spinto il signor Camillo Sarpi fu Giuseppe a colpire ripetutamente il custode della sua mandria di bovini Giuseppe De Biase con una scure: "Dovette essere provocato dal suo dipendente" ! Cinque lire di ammenda furono la giusta punizione per la violenza involontaria! Brutte cose, brutti tempi e brutta gente, direte voi. Io non la penso allo stesso modo, o almeno non credo che le prepotenze e le ingiustizie del tempo siano state superiori a quelle di oggi. Le forme con cui venivano espresse e giudicate erano senz'altro diverse ... Potremmo immaginare una discussione simile a questa tra due o più galantuomini comodamente seduti nei locali del Circolo, o meglio del Casino Democratico come era chiamato allora. E mentre si svolge la diatriba tra passato e presente ecco affacciarsi sulla porta l'appaltatore del dazio sui consumi. È un signore di quasi quarant'anni. Si chiama Salvatore Argento De Biase. Avanza nella stanza dove sono seduti i soci e conta le bottiglie di vino aperte sui tavoli. Un'intrusione bella e buona, e alle rimostranze del presidente, Francesco Filosa, ribatte che è in contravvenzione per violazione della legge sul dazio. Apriti cielo: discussioni, qualche parola di troppo, forse anche qualche insulto. La questione finisce in pretura, davanti al giudice Algaria. L'appaltatore denunciato per abuso di autorità e violazione di domicilio è assolto. Nessuna violazione di domicilio è il verdetto: la porta del casino democratico era aperta! Ognuno può pensarla come vuole, ma a me piace pensare che al buon giudice Gaetano Algaria stava a cuore la pace sociale. L'appaltatore del dazio fu scagionato, e qualche mese dopo Antonio Aita, bidello del casino democratico, imputato di evasione del dazio nello spaccio di vini e liquori, fu assolto anche lui. Si veda la pagina dedicata ai processi in pretura su L'Ottocento dietro l'angolo e anche famiglia Algaria San Marco Argentano, 28 dicembre 2020 Paolo Chiaselotti |
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