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ACCADDE OGGI - RICORRENZE DI EVENTI ACCADUTI


LO SPRETATO ....



Albero della libertà Il 21 novembre 1815 moriva a San Marco un giovane appartenente alla famiglia Amodei. Cento anni prima era morto un altro giovane Amodei. A Canton, in Cina. Il primo si chiamava Andrea, l'altro Gennaro. Che cosa accomunava i due giovani morti a distanza di un secolo? L'appartenenza familiare e l'essere stati entrambi due religiosi, ma con la differenza che Andrea decise di togliersi l'abito religioso per indossare una divisa militare e Gennaro dismise i comodi abiti talari per indossare le vesti più impegnative del missionario.
La differenza maggiore, però, consisteva nella diversa fede che i due Amodei avevano deciso di abbracciare e nella memoria che lasciarono di sè.
Della famiglia Amodei ho già parlato nel tracciare la genealogia di questa illustre famiglia -la cui presenza a San Marco è documentata fin dal Cinquecento- mentre sulla figura del missionario il nostro concittadino Stanislao Veltri ha scritto una esaustiva biografia: Gennaro Amodei (1681-1715) missionario apostolico in Cina, Cosenza, Tip. M. Tocci La Grafica Comm.le, 1998.
Tutto ciò che sappiamo di Andrea Amodei lo troviamo nella Cronistoria di San Marco Argentano di Salvatore Cristofaro, il quale ne traccia un ritratto impietoso.
La sua prima apparizione è documentata anteriormente al 1799, l'anno della Repubblica napoletana, che vide anche a San Marco il rovesciamento del regime borbonico, pur se per pochi mesi, da parte delle truppe francesi.
Andrea all'epoca non aveva ancora assunto la parte del "cattivo", quanto piuttosto, stando al racconto del Cristofaro, quella di un promettente cospiratore, iniziato all'esoterismo massonico assieme ad altri rampolli di note famiglie sammarchesi: Candela, De Ambrosiis, Fera, Valentoni. Assieme ad Andrea vi erano altre tre preti, che rappresentarono con i predetti il primo nucleo giacobino massonico documentato a San Marco.
È proprio a seguito di questa scelta che Andrea (è molto probabile che il suo nome di battesimo fosse Clemente) finì per essere dipinto come un individuo spregevole. Il Cristofaro afferma, infatti, che " a somiglianza di quegli uccelli negri, che, per librarsi, aspettano le tenebre della notte per mano di forte virtú visiva, non osarono di uscire all'aperto per manco di forze, neppure quando di già in Napoli erasi proclamata la Repubblica partenopea".
A dargli l'ardire di uscire allo scoperto fu l'occupazione del paese da parte di una "turba armata" di facinorosi, giunti a San Marco dai casali albanesi, ai quali, stando sempre al racconto di Salvatore Cristofaro, il nostro Andrea Amodei suggerì di piantare due alberi della libertà, simboli della nuova fede, uno dinanzi la chiesa di San Marco Evangelista, l'altro dinanzi l'attuale museo diocesano, allora chiesa di San Giovanni Battista.
Nel tripudio che ne seguì un prete apostata (il Cristofaro non ne fa il nome ma si intuisce essere Andrea), interpreta la pantomima di un matrimonio pagano con una "briffalda", come era chiamata allora una donna di facili costumi.
Da quel momento la sorte di Andrea, lo spretato, è segnata.
Lo incontreremo, infatti, in altre due significative occasioni dopo la fine della Repubblica Partenopea. Resosi colpevole di omicidio (non sappiamo nulla al riguardo) e arruolatosi nell'esercito francese di Giuseppe Bonaparte, quando questi occupò la parte continentale del Regno delle due Sicilie, si distinse per la sua efferatezza nella cattura e fustigazione a morte del brigante Cecco Perri a Moccone (Luigi M. Greco in Annali della Calabria Citra). Per vendetta verso coloro che lo avevano osteggiato e perseguitato nel proprio paese, dopo la caduta della Repubblica partenopea, unitosi alle truppe guidate dal generale Massena dirette a San Marco, indicò falsamente come acerrima nemica della causa francese la famiglia Valentoni, suggerendo al generale di dar fuoco ad una tenuta in contrada Maiolungo.
A questo punto il Cristofaro dà un resoconto, forse un tantino fantasioso, degli eventi successivi, che portano Massena, rassicurato da altri sulla lealtà dei Valentoni nei confronti dei francesi, a ordinare che il vile fosse portato al suo cospetto per rinfacciargli la menzogna dettata unicamente dalla sete di vendetta: " tu sei indegno indossare l'uniforme francese, poiché l'hai disonorata; la deporrai subito una col grado comprato col delitto: ora conosco l'esser tuo, prete scellerato! Francia invitta non abbisogna di traditori e di furfanti, perché le sue aquile liberatrici spieghino il volo tra i popoli!" Come finì la carriera di Andrea? Stando sempre alle parole del Cristofaro, il generale "concitato per generoso sdegno in così dire, gli strappò le spalline, gli scinse la spada e come a malfattore conviensi scacciollo via!"

Di lui, fino alla sua morte avvenuta il 21 novembre 1815, non sappiamo più nulla, tranne che a dichiararne il decesso, avvenuto nella casa paterna, fu un fedele domestico di casa Amodei, un tal Antonio Vivona, e che Andrea lasciò, forse, ai genitori il dolore di una morte inattesa e prematura e, certamente, al padre don Carlo Amodei, sindaco all'epoca dei fatti narrati, l'obbligo di risarcire per intero il Comune delle ingenti spese sostenute per l'acquartieramento delle truppe francesi giunte a San Marco.


San Marco Argentano 21.11.2021

Paolo Chiaselotti



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