FAMIGLIA SANSOSTI - SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA.
Il quadro, di autore ignoto, raffigura il matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria. Si
trova sulla parete destra nel coro della chiesa di Sant'Antonio, ma non escluderei che appartenesse
al Monastero delle Vergini di Santa Chiara
1. In basso sono leggibili il nome del committente
Dominus IOSEPH SANSOSTUS e la data 1687.
A sinistra uno stemma araldico con la figura di un drago alato emergente sormontato da un
lambello a tre merli rovesciato e una stella su fondo azzurro, stemma del tutto ignoto nell'araldica
(dalle notizie sulla famiglia contenute nel Settecento Calabrese di Von Lobstein troviamo che nel
1593 un Andrea Santo Sosto di San Marco risulta iscritto tra i mercanti della seta).
La Soprintendenza alle Belle Arti di Cosenza cataloga l'opera con il titolo di "Madonna con Bambino
tra S. Caterina d'Alessandria e S. Giovannino", dipinto ad olio su tela, 1687,
inspiegabilmente indicato (assieme ad altre tele) alla voce
Altre attribuzioni, come
opera di Fra Umile da Pietralia (?!).
Un altro quadro col medesimo tema, eseguito nel secolo successivo dal pittore calabrese Cristoforo
Santanna, si trova nel Museo diocesano di San Marco Argentano.
Le definizione "Matrimonio mistico" o "Nozze mistiche" ha origini antiche, ma sotto
l'aspetto iconografico le prime raffigurazioni di Santa Caterina d'Alessandria, o Egiziaca, coincidono
con la nascita del monachesimo femminile e la fondazione dei monasteri delle vergini.
Il quadro della chiesa di Sant'Antonio raffigura Gesù bambino nell'atto di porgere l'anello
nuziale a Santa Caterina d'Alessandria, riconoscibile per la corona che ne testimonia l'origine regale
e i simboli del martirio: la palma e la spada. Manca la ruota o non appare per alterazione dei colori.
La scena è divisa in due parti, idealmente separate da una linea verticale che parte dalla mano di Dio
benedicente, quasi invisibile, nella parte centrale superiore: a sinistra la Vergine col Bambino, e in basso
San Giovannino con la croce e l'
Ecce Agnus Dei. L'altra metà
è interamente occupata dalla figura di Santa Caterina, di cui solo la mano destra entra
simbolicamente nella parte in cui si compirà la sacra dedizione.
La disposizione delle figure dà luogo ad una croce il cui braccio più corto è
tracciato lungo l'asse che parte dalla croce di San Giovannino e percorre l'intero corpo della
Vergine fino alla colomba dello Spirito Santo, l'altro è rappresentato dall'apertura
delle braccia di Santa Caterina che conducono al corpo di Gesù Bambino.
Da un punto di vista stilistico non ho trovato precedenti iconografici a cui l'autore
della tela dei Sansosti possa essersi ispirato. I colori molto anneriti non lasciano intravedere
le forme di altre figure e oggetti, tuttavia il quadro è chiaramente di stile barocco.
Per alcuni particolari sembrerebbe che il quadro abbia avuto interventi di mano diversa o di
epoca successiva.
L'anno 1687 è lo stesso in cui un'appartenente alla famiglia Sansosti entrò nel
convento di Santa Chiara: di lei sappiamo soltanto che si chiamava Anna, aveva sette anni e che
"
passò da questa a miglior vita con male d'idropesia di anni 77 e 70 di
religione" il cinque marzo del 1757.
L'ipotesi che il quadro possa essere stato eseguito per il monastero delle Vergini di Santa
Chiara è suffragata dal fatto che ben quattro donne della famiglia Sansosti entrarono
a farne parte il giorno stesso della sua fondazione, l'11 novembre 1622: Brigida, Giustinia, Lidonia e
Giulia, quest'ultime monacate con i nomi di
soro Margherita e
soro Dignamerita.
Non so nulla sul committente, Giuseppe Sansosti, ma nei registri di battesimo conservati nell'archivio
diocesano compaiono due Santisosti con nome Giuseppe: uno figlio di Berardino e di Isabella Turboli
battezzato il 4 settembre 1628, l'altro l'11 aprile del 1630 figlio di Giovanni Domenico.
Ho trovato, inoltre, negli stessi registri che un Francesco Santososti fu padrino nel battesimo di
Girolamo Silvaggio nel 1624 e che di quest'ultima famiglia una Teca Santososti aveva
sposato Gio:Domenico Selvaggio, e ancora che nel 1633 Fabritio Gonzaga fu battezzato da don Jacovo Antonio
Santo Sosto, cantore, padrini Gio:Bernardino Santo Sosti e Vittoria Falanga, e per finire che Mutio
Santososti fu padrino di battesimo di Giovan Matteo Malohomo nel 1593.
Uno dei due Giuseppe Santososti sopradetti potrebbe essere il committente del quadro e la coincidenza
della data di nascita di Anna Sansosti con l'anno di dedicazione del quadro potrebbe non essere
casuale.
Nella Platea delle Clarisse ricorrono varie volte i nomi di membri della famiglia con proprietà,
censi dovuti e luoghi di abitazione, ma in altre memorie alcuni Sansosti sono ricordati per comportamenti
non proprio edificanti. Nel 1578 mons. Vincenzo Frassia (nel cui palazzo sorgerà proprio il Monastero
di Santa Chiara) vicario diocesano attesta la condanna a sei mesi di carcere del diacono Giovan Battista
Santi Sosti colto in fragante con la propria concubina e nel 1647 è documentata l'aggressione
al vescovo Defendente Brusati da parte di Jacopo Antonio Sansosti che parteggiava con i rivoltosi di
Masaniello.
2
Nell'archivio privato Selvaggi vi sono altre preziose informazioni sulla presenza di un ramo della famiglia
Sansosti trasferitasi a Cosenza agli inizi del Settecento e nel libro delle uscite e introiti della congregazione
dell'Immacolata dal 1598 al 1606, nello stesso archivio, troviamo i nomi di alcuni Santo Sosti.
La famiglia, il cui cognome fu variamente scritto nelle forme suddette, compare anche nel catasto onciario
del 1754 con don Giuseppe di anni 40, la moglie Leonora Candela e i figli Cassandra, Onofrio e
Carlotta. La loro discendenza dinastica si estinse con l'ultimo rappresentante, Achille Sansosti,
che fu usciere comunale a San Marco Argentano nell'Ottocento.
San Marco Argentano, 14 marzo 2023
Paolo Chiaselotti
1 Poteva anche appartenere alla Chiesa di Santa Caterina, ma in tal caso vi sarebbe rimasta,
come l'altra, avente lo stesso soggetto, eseguita nel XVIII secolo da Cristoforo Santanna.
2 Notizie tratte dagli autori: Tonino Caruso, Il Sinodo di Teodoro Fantoni, appendice documentaria pag.146,
Gangemi editore, Roma, 2006 - e Salvatore Cristofaro, Cronistoria della Città, Cosenza, 1932
L'albero della famiglia Sansosti è stato realizzato da fonti archivistiche anagrafiche del
comune di San Marco Argentano. Altre notizie sono prese dal Settecento Calabrese di Von Lobstein,
dalla Platea delle Clarisse, dal registro delle nascite dal 1597 al 1636 dell'archivio diocesano,
dall'archivio privato Selvaggi