Home INDICE GENEALOGIE
GENEALOGIE .


I NOSTRI ANTENATI IN ARMI ....

Ferdinando I di Borbone re delle Due Sicilie

Credo che molti di noi sarebbero orgogliosi di sapere che oltre duecento anni fa un antenato indossasse la divisa di guardia civica sotto il regno di Ferdinando di Borbone re delle due Sicilie.
O forse no. Ad ogni modo la storia di San Marco conserva nelle sue memorie i nomi e i cognomi di coloro che furono scelti dal consiglio comunale dell'epoca per svolgere questo servizio a tutela dell'integrità dei cittadini e dei loro beni. Quando? Subito dopo che era stata revocata la Costituzione, sciolto il parlamento e condannati a morte i principali protagonisti dei moti liberali.
Poiché nelle anzidette memorie vi sono anche i nomi delle guardie che svolsero il loro incarico durante il periodo costituzionale può darsi che qualche discendente di questi ultimi voglia orgogliosamente contrapporre la propria storia agli altri.
Vediamo di capire chi fossero queste guardie e in quale anno furono assunte o, per essere precisi, furono incaricate di svolgere questo importante ruolo a San Marco Argentano.
Era l'otto agosto del 1821 quando il Decurionato, cioè il consiglio comunale dell'epoca, decise di sostituire i vecchi componenti della guardia civica, dove per vecchi bisogna intendere coloro che si erano 'macchiati' del disonore di essere vissuti sotto la monarchia parlamentare, retta dallo stesso re Ferdinando di Borbone, che dopo una breve esperienza ritornò al regime assoluto preesistente.
Le sostituzioni riguardavano tre ufficiali. Il capitano Gennaro Talarico che era stato nominato comandante della disciolta Legione, suo fratello Felice, tenente dello stesso corpo di guardie e da Filippo Fera, noto 'carbonaro' sammarchese, a capo della vecchia milizia, anch'essa disciolta, tutti e tre "suscettibili di esclusione".
A rimpiazzarli furono scelti Saverio Misuraca, Antonio Martino di Gaetano, e Domenico Scalise.
Fermiamoci un momento per vedere chi fossero i sostituiti e chi potrebbe dolersi della loro cacciata in quanto discendente. Si dà il caso che a distanza di un secolo ci fu anche un Talarico (era nipote di Felice) detto il "comandante" per la sua carica di capo-manipolo durante il periodo fascista. Ebbene i suoi discendenti e i discendenti dei collaterali possono a buon diritto dire di essere stati sotto re Ferdinando I di Borbone i rappresentanti 'liberali' dell'ordine pubblico.
Il lettore, credo, che si renderà conto di quanto questa definizione sia impropria, tuttavia per avere un quadro estremamente elementare delle diverse posizioni politiche che in quegli anni si andavano delineando, fino a giungere agli schieramenti aperti a favore o contro il governo borbonico, sapere che i tre predetti 'galantuomini' fossero di 'parte liberale' in un piccolo centro, in cui l'unico pensiero politico era chiamare tata chi dava il pane, serve, quanto meno, a riflettere sui nostri percorsi storici.
Chi erano, invece, i tre signori che li sostituirono?
In anni in cui il termine signore, introdotto per la prima volta nel periodo bonapartista-murattiano nei registri dello stato civile per indicare la qualità di cittadino, era usato solo come titolo di prestigio sociale, chiamare signori Saverio Misuraca, Antonio Martino di Gaetano e Domenico Scalise, avrebbe destato il riso di tutti, compresi gli interessati. Erano 'mastri' i primi due e massaro di campo il terzo.
Che i galantuomini fossero più liberali degli artigiani e dei contadini, a cui la storia in genere attribuisce i maggiori cambiamenti sociali, e che i primi fossero sostenitori della monarchia costituzionale, mentre i secondi fossero 'conservatori' dell'assolutismo, sembra un paradosso. Anch'esso, però, è utile per farci conoscere un aspetto storico del nostro paese fatto di azioni quotidiane piuttosto che di pensieri lungimiranti.
Nella deliberazione appena citata l'elenco delle persone di comprovata fede nella restaurata monarchia assoluta continua con i nomi di dieci militi incaricati del controllo sul vasto territorio sammarchese e considerando che tale servizio era prestato 'volontariamente' agli individui prescelti nella deliberazione, a turno, se ne sarebbero alternati altri. Questi nomi dei primi dieci:
  1. Raffaele Oliverio
  2. Antonio Pisano
  3. Gaetano Nico
  4. Domenico Artusi
  5. Francesco Graniti
  6. Gennaro Bolimetta
  7. Antonio Longobucco
  8. Gaetano Sicilia
  9. Nicola Rondinello
  10. Francesco Dardis di Vincenzo
Solo il primo della lista ha il titolo onorifico di don, non perchè appartenesse ai cosiddetti 'galantuomini' ma per il solo fatto di essere un usciere e, quindi, più vicino a loro piuttosto che ai lavoratori e agli artigiani, a cui, invece, appartengono per la maggior parte tutti gli altri. Delle persone elencate nella deliberazione non esistono discendenti diretti, tranne da Domenico Artusi e Francesco Dardis, entrambi calzolai, e quest'ultimo, in un documento successivo riguardante la fornitura di alloggio a colonne mobili, indicato con il soprannome di scuppetto.
Nel seguito della storia troveremo ancora nomine riguardanti il corpo delle guardie civiche con ripensamenti politici nella scelta del loro capo, nel senso che i nomi di don Filippo Talarico, di don Filippo Fera torneranno in auge, assieme a don Alessandro Amodei, nella terna per la nomina del comandante delle suddette guardie.
Era gennaio del 1827. Dopo alcuni mesi, a maggio, il corpo venne sciolto e al suo posto furono istituite le guardie comunali, che presero il nome di guardie urbane come attesta la deliberazione conservata nell'archivio storico del comune.
abbulizione (sic!) delle Guardie Civiche ... organizzazione di una Guardia comunale ... cinque [persone], incluso ... servente ... di non dubbio attaccamento al Re Nostro Signore, ... di sperimentato coraggio, e di statura vantaggiosa ... [da scegliersi tra]
Francesco Talarico di Gaetano, Antonio Colonnese, Daniele Domenico Baldino, Francesco Vivona, Francesco Credidio, Raffaele Andriolo, Francesco Caldieri, Pasquale Talarico Giardo, e per servente Luigi Aloia, D.Lorenzo Cannataro
in gran parte artigiani, di alcuni dei quali vi sono tuttora discendenti. A conferma di quanto questo ruolo richiedesse una assoluta fedeltà al sovrano cè un'annotazione nell'atto di nascita di Pasquale Aloia, figlio di Luigi, guardia cittadina, e di Luisa Picarelli Aloia, da cui risulta che Luigi è "al servizio di Sua Maestà".
Il figlio Pasquale, a quanto risulta dagli atti della Gran Corte criminale, non seguì le orme paterne, preferendo passare dalla parte di coloro che nel 1848 cospiravano per sovvertire il governo.

Vi furono azioni degne di essere ricordate nella storia delle guardie civiche, poi urbane, di San Marco? Quella più nota si riferisce all'uccisione di Domenico Silves, di Fagnano, da parte di Domenico Domanico, il quale fu premiato con una medaglia riproducente l'effige del re Ferdinando II, riconoscimento che l'omonimo discendente nostro concittadino conserva gelosamente.


S.Marco Argentano, 8 agosto 2024

Paolo Chiaselotti




Up
LA STORIA LE STORIE

RACCONTA LA TUA STORIA
info@lastorialestorie.it