"e 'a femmena è restata, sott'a botta, 'mpressiunata..."
Nel milleottocentosessanta da un centro costiero della Calabria partiva una lettera
diretta al Santo Padre Pio IX, perchè concedesse la necessaria dispensa al
matrimonio di due giovani, lui un commerciante di ventitre anni, lei filatrice di
due anni più giovane.
Perchè era necessaria la dispensa? Perchè i due sposi erano parenti collaterali
di terzo grado, e precisamente erano zio e nipote. Nella maggior parte dei
casi la dispensa veniva chiesta per consanguineità di quarto grado, ovvero di
cugini, ma in questo caso la richiesta era giustificata da motivi abbastanza seri.
Non dobbiamo mai giudicare superficialmente i comportamenti delle persone, ma, come si
suol dire, dobbiamo sempre metterci nei loro panni!
Lui si chiamava Michele e lei Carmela, entrambi poco più che ventenni, per il
grado di parentela è fin troppo ovvio che si vedessero frequentemente, e si
fermassero a parlare come accade tra congiunti che si vogliono bene, ma in un piccolo borgo
marinaro, per quanto più evoluto rispetto ai piccoli centri dell'entroterra,
il fatto che zio e nipote conversassero lungo la strada o nella piazza del paese, magari
all'uscita dalla chiesa, o in un'occasione fortuita come una sagra paesana, agli occhi
dei cosiddetti benpensanti appariva qualcosa di più di un semplice scambio di
convenevoli o di innocenti informazioni sulla vita dei rispettivi cari. Perché?
Per il semplice fatto che non tutti ritenevano che la loro differenza di età
fosse tale da renderli immuni da insane passioni. "Eh già!" direte voi,
"erano quasi coetanei e ..."
Invece, se un dubbio assaliva i compaesani di Michele e di Carmela era proprio la
differenza d'età tra zio e nipote! Un anno in più e uno in meno?!
Andiamo con ordine, perché le cose vanno spiegate bene e, per il bene dei due, e
delle loro mamme, in quanto entrambi orfani di padre, se tra i due c'era davvero
del tenero è meglio per tutti, parenti inclusi, che le cose si facciano per
bene, senza chiasso, e con le dovute misure.
A chi rivolgersi per risolvere la faccenda? Quale faccenda? chiederete voi, trattandosi
solo di voci e di pettegolezzi. Proprio per questo la prudenza imponeva che si facesse
chiarezza se tra i due vi fosse veramente qualcosa di più di un normale rapporto
tra zio e nipote.
C'era.
A dirlo non erano gli sfaccendati del paese e, soprattutto, le vecchiette intente a
sferruzzare sull'uscio, ma il parroco, che presi singolarmente i due, fece loro
confessare la realtà dei fatti. Zio e nipote desideravano ardentemente di
congiungersi in matrimonio!!
Visto? A pensare male si fa peccato, ma il più delle volte ci si indovina, avrebbe
detto un famoso politico se fosse stato in vita. E ora che succederà? Michele, lo zio,
e la nipote Carmela, potranno sposarsi o scoppierà uno scandalo, per cui i due saranno
costretti a lasciare il paese?
Pare che le cose fossero andate oltre i semplici sospetti dei compaesani, i quali sapevano
tante cose, ma non potevano sapere fino a che punto si fossero spinti i due amanti.
Chi intuì o seppe, non sappiamo se per confessione di uno dei due, o per suggerimento
di una delle due madri, le quali sono le prime a notare comportamenti e situazioni che
meriterebbero di restare all'interno delle mura domestiche, fu il parroco.
Fu lui con una lettera indirizzata al Santo Padre, usando i termini appropriati, nella maniera
giusta, a far capire al Sovrano Pontefice come stavano le cose e l'impellenza di ottenere
la necessaria, inderogabile dispensa alle nozze.
L'incipit della lettera è riportato nella dispensa concessa dalla Sacra Penitenzieria, allegata
ai documenti di celebrazione del matrimonio avvenuto nel 1861.
Vale la pena riportare questa parte del testo perché nella sua richiesta il parroco
dimostra tutta la sua abilità nel narrare i fatti, lasciando il dubbio se tra zio e
nipote vi fosse stato qualcosa di più compromettente di un semplice colloquio ...
Beatissimo Padre, Michele C. e Carmela V. della Diocesi di Tropea desiderano
ardentemente congiungersi in legittimo matrimonio per avere insieme conversato
in modo da far nascere sospetto che si siano carnalmente conosciuti, laonde
se essi non si uniscono in matrimonio la donna rimarrà incinta e diffamata.
Siccome però sono congiunti in terzo grado di consanguineità supplicano umilmente
la Santità Vostra per l'apostolica dispensa da spedirsi per organo della Sacra Penitenzieria
attesa la loro povertà.
I due si sposarono ma, forse per un eccesso di zelo del parroco o per la maldicenza dei
parrocchiani, non nacque nessun figlio, segno che Carmela non era affatto incinta. Del resto
a tutti noi apparirebbe inverosimile che da una semplice conversazione possa nascere un bambino.
Resta solo da chiederci perchè i paesani ritenevano che il problema tra i due parenti
fosse l'età? Perché nonostante nella solenne promessa e nell'atto di matrimonio
Michele fosse dichiarato come un giovane di ventitre anni, abbiamo trovato tra gli allegati
un documento di notorietà in cui testimoni dichiarano che, non essendo mai stato
registrato alla nascita, consta che Michele fosse nato trentadue anni prima!
Undici anni, a quei tempi, facevano la differenza, nel senso che lui era un
uomo maturo e lei, Carmela, per le leggi di allora, non era ancora maggiorenne. Il motivo
di questo discutibile intreccio amoroso? Spesso la povertà dei tempi spingeva la famiglie
a concordare matrimoni di convenienza e un "maturo" commerciante, meglio ancora se
un familiare, poteva garantire ad una giovane orfana di padre quella sussistenza che nessun
giovane innamorato avrebbe potuto garantirle.
San Marco Argentano, 24 ottobre 2022
Paolo Chiaselotti
In alto particolare di un quadro di Vincenzo Migliaro