![]() di Roberto Salerno Una storia dei primi anni del fascismo in una contrada del comune di San Martino di Finita, dal racconto orale di mio nonno, Amedeo De Biase.
A sua Eccellenza Benito Mussolini, palazzo Venezia, RomaIl nonno firmò per lui la missiva e gliela consegnò. L'uomo spedì la lettera ma non dall'ufficio postale del paese, dove avrebbe potuto suscitare strane curiosità, preferì andare addirittura in città col treno per spedirla . Passavano i giorni e Raffaele aspettava con sempre più ansia. Non passò però molto tempo che una mattina il postino bussò alla porta di casa per consegnare una lettera. L'uomo mise la lettera in tasca , montò sulla sua giumenta e corse dal nonno per fargli leggere la lettera appena ricevuto. Era scritta su carta intestata in alto a sinistra "Palazzo Chigi, presidenza del consiglio dei ministri". Così nonno Amedeo cominciò a leggere: Camerata Raffaele , certamente mi ricordo di te che mi hai tratto in salvo.Raffaele cominciò a saltare dalla sedia per la gioia e non perse tempo. «Amede' allora gli scriviamo subito una risposta.» Il nonno riprese carta, penna e calamaio e gli chiese: «Allora hai già in mente il lavoro che vuoi chiedere al duce?» Raffaele non ebbe esitazioni: «Sì, il lavoro di cantoniere sulla strada nazionale, che non è lontano dal mio terreno.» «Bene, allora procedo» disse il nonno. Eccellenza illustrissima , ho ricevuto la vostra gradita lettera di risposta alla mia richiesta e vi ringrazio infinitamente.Fece lo stesso tragitto per spedire al più presto la lettera al Duce e restò nell'attesa, che fu più breve della volta precedente. Arrivò la lettera da Roma. Stesso tragitto dal nonno che a quel punto era l'unico depositario di tale segreto, ma Rafffaele sapeva che poteva contare sulla sua discrezione. La nuova lettera suonava pressappoco così: Caro Camerata Raffaele,Seguiva firma autografa Benito Mussolini Non credeva alle sue orecchie il poveruomo, ma che era vero lo scoprì pochi giorni dopo perché gli arrivò un telegramma dalla prefettura dove veniva convocato per il tal giorno alla tal ora. Raffaele mantenne il posto di cantoniere fino alla pensione. Nel frattempo c'era stata la guerra, il figlio grande, che era stato mandato su fronte greco a a spezzare le reni alla Grecia, aveva fatto ritorno a casa soltanto con un infortunio a un ginocchio. L'altro figlio lavorava nel podere. Nessuno dei due volle andar avanti con gli studi . Cadde il fascismo, poi anche la monarchia. Il cantoniere, che alloggiava anche in una casa dal tipico colore amaranto sulla strada statale 19 continuò in agiatezza la sua vita e non fece mai cenno a nessuno di quello scambio di lettere col Duce, segreto di cui era depositario soltanto mio nonno Amedeo, ex sergente di finanza. Gli storici hanno ricostruito che il Duce subì in realtà una lieve ferita durante la grande guerra e che al governo e allo stato maggiore del ministero della guerra era più utile che tornasse a scrivere sul suo giornale a sostegno della guerra. Il servizio militare al fronte, quindi, il Duce lo svolse solo per pochi giorni, quanto bastò a un contadino calabrese per "guadagnarsi" un tanto ambito posto stabile di cantoniere. Nota: Della vicenda del ferimento in guerra del duce si trova riferimento in un ampio articolo del Corriere della Sera, trovato casualmente in rete (clicca qui). Firenze, 8 agosto 2023 Roberto Salerno |
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