IL POZZO DI FANFANI
Erano già due anni che ne parlavano Silvio e Filiberto e dopo la siccità dell'estate precedente che aveva messo a dura
prova la riuscita dell'orto che Filiberto riuscì a salvare solo grazie alla magnanimità di Filippo, che aveva il campo
vicino al suo in cui c'era una fonte.
Ferruccio, il figlio di Filiberto aveva avuto l'idea di portare una pompa che gli aveva prestato
un amico che lavorava al consorzio agrario. Con quella portava l'acqua fin sul ciglio dell'orto, ne riempiva dei grossi bidoni di latta
a cui aveva attaccato un tubo di gomma. Con un tale marchingegno per quell'anno l'avevano passata liscia. Ma da allora non avevano avuto
più pace.
"Qui bisogna fare un pozzo" ripeteva Filiberto come una litania, raccolta solo da Silvio che approvava e incoraggiava.
Fino a quando una sera non gli rivolse un pressante invito.
"Filiberto stasera quando torni a casa, fermati prima in sezione Coldiretti perché viene l'ispettore di zona Farloppo."
Silvio insisteva. Filiberto non era convinto, gli rispondeva: "Silvio, ma tu l'hai visto Farloppo, non è legno per far
crocifissi".
E quando si esprimeva cosí era in genere un no definitivo.
Silvio provò con l'ultimo argomento.
"Forse hai ragione ma stasera viene per parlare dei pozzi e delle coloniche".
"Per forza" rispose un po' piccato Filiberto che era più vecchio, aveva girato il mondo facendo mille mestieri
e per questo era molto ascoltato. Lo avevano anche eletto segretario di quella sezione della Coldiretti quando era stata insediata,
poi ne aveva lasciato il testimone a Silvio che era più giovane, a sentir lui, e meno indaffarato.
"Comunque" aveva concluso, con la risolutezza e l'aria di uno che ha capito, "non fatevi prendere per fessi,
Farloppo viene perché fra tre mesi ci sono le elezioni e lui deve portare almeno una cinquantina di voti al suo compare
Pappucci."
"Beh" rispose più pratico il figlio Ferruccio, "proprio per questo papà, sentiamo prima cosa offre
e poi si vede. Se ci fa il pozzo e una colonica gli possiamo trovare anche i cinquanta voti."
Cosí si convinse a partecipare alla seduta che diversamente dal solito quella sera era molto affollata.
Farloppo arrivò trafelato, mise la sua grossa borsa di cuoio piena di carte sul tavolo, sfilò dal pacchetto verde una sigaretta
Esportazione senza filtro, le cui esalazioni a Silvio stimolavano la tosse, cominciò a fumare nervosamente a grosse
boccate ed espose le novità.
Il secondo governo Fanfani che si era insediato pochi mesi prima aveva un programma di sussidi e di contributi per la Calabria, inclusa
la provincia di Cosenza, grazie all'interessamento dell'onorevole Pappucci.
"Al mio compare Pappucci", sottolineò, ripetendo il nome "era stato già finanziato un progetto
per la costruzione di duecento pozzi e altrettante case coloniche nel territorio della valle del Crati, a fondo perduto e ..."
aggiunse per fugare eventuali dubbi "vuol dire che ve li danno gratis."
Mentre Raffaele bisbigliava all'amico che gli stava vicino "Mah, hai visto mai che ti danno tanto per niente",
Domenico parlò apertamente dal fondo della saletta.
"Ma vussuria ci devi dire pure dove si deve andare".
"Certamente. Prendete questi moduli che vi lascio e, con i dati catastali della vostra terra, andate al consorzio agrario a
Mongrassano scalo. Lí vi rivolgerete a Rafele che Silvio lo conosce e vi fa fare la pratica. Lui vi trova anche il geometra che
ha già i progetti delle case coloniche e quello che vi trova l'acqua per il pozzo, per parte vostra dovrete comprare lì solo
la pompa per l'acqua -ma vi trattano bene- e anche per quella vedremo se daranno qualche contributo, ma è la spesa minore."
E poi " 'na cosa alla volta ... Se fate come vi ho detto, prima dell'estate che viene potrete avere l'acqua per l'orto e anche mangiare
e dormire al chiuso nella colonica".
L'ispettore si alzò. Aveva detto tutto. Fece un saluto con un gesto ampio della mano e si avviò verso la sua topolino grigio-verde
accompagnato dai cori "salute ispettore, bravo a Farloppo, veniteci a trovare ancora".
Mentre se ne tornavano tutti a casa alla spicciolata, si formavano capannelli ai crocicchi. La diffidenza era diffusa, ma anche la certezza che
tanto non c'era niente da perdere. Silvio, il segretario della Coldiretti fece girare subito la voce che già all'indomani sarebbe andato
al consorzio a sentire con la promessa che "ci vediamo sempre qui tra quattro o cinque giorni. Intanto chi è interessato al
contributo me lo fa sapere".
Mantenendo la promessa, la mattina seguente, accompagnato da Ferruccio, Silvio era già al consorzio.
Trovò Paolino che conosceva da tempo e che in qualche modo lo aspettava. Essendo Ferruccio per conto del padre il primo ad essere
interessato a costruire un pozzo, convenirono
che per la domenica mattina di quel fine settimana sarebbe venuto alla sua terra insieme ad un rabdomante di Bisignano.
"Che è stu rabdumante?" cominciò Silvio.
"E' quello che sa come si trova l'acqua e dove. E se lo dice il rabdomante potete stare certi che si può scavare."
Tornati in paese si misero subito a compilare i moduli per la richiesta dei contributi statali per il pozzo e dato che c'erano a sufficienza
ne compilarono anche uno per i contributi per la casa colonica.
Mentre Ferruccio compilava i moduli, Silvio e Filiberto commentavano: "Però chissà se stavolta Farloppo dice la
verità e ci danno davvero i contributi. Se è vero vuol dire che 'sto Fanfani è proprio un santo. Gli dovremo fare
pure una statua nella chiesa".
"Sí e poi lo portiamo pure in processione. Ma va là!" finí Filiberto.
La domenica mattina un nutrito gruppetto di coltivatori diretti si avviò di buon'ora verso il podere. Al consorzio avevano convenuto che
il rabdomante bisignanese sarebbe stato lí per le otto. Dalla collina dove si trovava il podere si scorgeva la strada a fondo valle di
là dal fiume. Verso le otto videro comparire un camioncino nero -un Leoncino- che si era fermato sotto la grande quercia della casa di
Micuzzo. Dall'automezzo erano scese due persone. Erano stati puntuali Paolino e Michelino il rabdomante. Avevano lasciato là il Leoncino
col permesso di Micuzzo per fare poi un tratto di strada a piedi.
Infilatesi le galosce per attraversare il fiumiciattolo che in quel periodo in aprile aveva
poca portata, Paolino dietro e Michelino avanti, quest'ultimo inciampò a metà del guado, scivolando nell'acqua.
" Gesù cadde per la prima volta sotto la croce "fu la pronta battuta di Paolino.
"... e Gesù, rialzandosi, disse che Paolino è proprio un gran cornutone!" lo rimbeccò subito il
rabdomante.
Passato il corso d'acqua e cessato il teatrino, arrivarono in pochi minuti alla casupola dove li stavano aspettando i contadini.
Il rabdomante aveva fretta di iniziare con la ricerca. Tirò da una bisaccia che si portava dietro un ramo di salice ricurvo, privo di
foglie e scorticato. Filiberto s'incamminò per primo andando verso il limite della vigna, gli altri lo seguirono.
Di tanto in tanto il rabdomante si fermava, appena trovava un pezzo di terreno spoglio. Girava su se stesso due volte tenendo con le
estremità delle mani il ramo di salice. Poi emetteva la sentenza: "Qua non è cosa" e proseguiva.
Ad un certo punto fu Filippo ad accelerare il passo andando sul crinale che circondava la vigna e rivolgendosi al rabdomante.
"Vussuria ne sa certamente più di me in fatto d'acqua, ma io nel mio terreno l'ho trovata ed è quasi a cento metri
da qui."
Il rabdomante continuò il suo cammino, fece il solito verso col salice e disse a colpo sicuro: "Forse qui ci siamo".
Si fece dare una vanga, mosse un po' il terreno che era fangoso, poi intimò a Filiberto: "Dai qualche colpo di zappa
qui".
Filiberto eseguí e Silvio lo aiutò con la vanga, dopo aver scavato all'incirca un metro, il terreno si rivelava sempre
più fangoso. Il rabdomante lanciò il ramo in aria in segno di vittoria.
"L'acqua è qui".
Filippo lo guardò beffardo. " E che avevo detto io, pure senza il salice?"
Gli unici che sembravano scettici erano Filiberto e il figlio. La scoperta dell'acqua era stata troppo rapida e forse non ci sarebbe
stato nemmeno bisogno di mobilitare tutto il consorzio agrario. Sarebbe bastato Filippo, ma ormai dovevano proseguire. Stabilirono
all'unanimità che all'indomani avrebbero chiamato tre manovali per iniziare lo scavo.
Quando iniziarono, già dopo aver scavato tre metri, zampillava l'acqua. Lo scavo completo richiese più di dieci giorni.
Paolino arrivò con una pompa a manovella appena gettarono il solaio. Poi costruirono una cabina in muratura, col tetto sopra il pozzo,
perché cosí aveva consigliato il rabdomante Michelino, che per il servizio reso si accontentò di una damigiana di vino
e un fiasco di olio.
Si diffuse subito la voce alla Coldiretti e molti altri si sentirono incoraggiati a seguire quella strada e a richiedere i contributi del
governo. Farloppo arrivò un mese dopo per annunciare che i contributi sarebbero stati erogati entro tre mesi, aggiungendo con enfasi:
"Il compare mio non sgarra."
Tre mesi dopo mesi ci furono le elezioni politiche, il compare suo, l'onorevole Papucci, ottenne in paese duecentocinquanta voti e
in tutta la provincia ne raccolse quindicimila. Papucci venne rieletto deputato. La costruzione dei pozzi e delle case coloniche di
Fanfani continuò ancora per alcuni anni fino a quando i fondi stanziati non risultarono completamente esauriti.
Filiberto fece l'orto, lavorando tutti i giorni in quella primavera e nell'estate che ne seguí.
Il pozzo dava tanta acqua. L'anno successivo volle seminare anche i cocomeri e un giorno d'agosto si rifece vivo Paolino del consorzio che,
con l'occasione del pozzo, aveva adocchiato Mariannina, la figlia di Micuzzu, e si era messo a corteggiarla. Filippo non mancò una sua
battuta pungente: " Paolino, se ti sposi a Mariannina puoi farti fare il compare d'anello dal compare di Farloppo e allora sí
che gli affari ti andranno bene!".
Ma quel matrimonio non si fece: Mariannina sposò uno di Cervicati che era emigrato a Milano.
Firenze, 11 febbraio 2021
Roberto Salerno
Il racconto fa parte di una serie che l'autore ha voluto chiamare "Camilleriana" in omaggio al grande
scrittore siciliano di cui è estimatore
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