Filiberto, da segretario della Coldiretti, li aveva convocati, oggi si direbbe per comunicazioni urgenti. L'urgenza veniva dalla comunicazione che gli era arrivata
per lettera raccomandata dalla sede provinciale di quella associazione.
Il Ministero dell'Agricoltura aveva deciso degli incentivi per chi seminava e coltivava
il grano duro Senatore Cappelli. Filiberto, un po' per fugare i dubbi, ma molto per curiosità connaturata, si era informato. Che roba era questa del grano
Cappelli?
Per saperne di più bisognava rivolgersi a Farloppo, il ccordinatore zonale della Coldiretti. Ma Farloppo si faceva vedere solo nei momenti importanti,
cioè in campagna elettorale, per raccogliere voti per l'onorevole democristiano di cui era portatore di voti. Come in altre occasioni Filiberto aspettò
l'arrivo della corriera alle 7 di sera e pregò l'autista, che sarebbe passato da lì a poche decine di minuti davanti alla casa di Farloppo, una decina di
chilometri più avanti, di farsi latore di un messaggio. Doveva venire presto in paese, al massimo per domenica mattina dopo la messa, nella sede dei
Coltivatori per spiegar loro questa novità del grano Cappelli. Il messaggio andò a buon fine e così il coordinatore zonale si presentò
come convenuto la domenica siuccessiva alle undici. Filiberto lo introdusse rapidamente e Farloppo spiegò.
Era ed è il grano Senatore Cappelli
una varietà di grano duro selezionato, resistente ai parassiti, che dava un'ottima resa ed era molto richiesto dai pastifici. Lo pagavano molto di più di
quello comune che loro erano adusi a seminare, ma conseguentemente anche le sementi avevano un costo maggiore rispetto al grano solito autoctono che erano
abituati a seminare. Se quello normale oscillava tra 150 e 380 lire al chilo, il Cappelli variava di circa il doppio.
Grande era lo scetticismo tra gli agricoltori. Antonino
che era sempre il più dubbioso arrivò a bisbigliare sottovoce a Biagio che gli sedeva vicino:
se questo grano l'ha inventato un Senatore non
lo ha fatto certamente per far diventare più ricchi i contadini ... Biagio gli fece cenno con la mano di finirla con le sue polemiche. Alla fine di quella frettolosa
riunione l'idea di avere degli incentivi aveva spinto la maggior parte dei contadini, almeno nelle intenzioni, ad optare per la soluzione Cappelli. Incaricarono Fulvio,
che li riforniva usualmente di ciò che avevano bisogno in termini di sementi, di procurar loro un certo quantitativo di sementi Cappelli.
Cominciò
così una semina molto estesa. Qualcuno sistemò nei campi anche molti pali abbigliati come spaventapasseri, suscitando non poca ilarità tra
i vicini di podere, a cui lui puntualmente rispondeva:
Eh sì, ridete pure, poi se quei cornuti di passeri vi fregano tutto riderete meno.
L'idea più arguta la suggerì ai suoi amici proprio Antonino.
Qui ci vogliono fregare qualche lira e allora noi freghiamo loro. Per me l'idea è di
seminare a zone, in alcuni punti le sementi nostre solite che abbiamo già nel fienile e poi in altri tratti seminiamo un po' di Cappello, tanto chi ci vede? chi se
ne accorge?
Nessuno acconsentì in modo aperto, ma si capiva dai sorrisi e dagli ammiccamenti che si scambiavano che l'idea aveva raggiunto un notevole consenso.
E così avvenne. Fulvio che li aveva riforniti intascò il pagamento per il suo servizio e per pagare le sementi al Consorzio agrario provinciale, che comunque non aveva rilasciato alcuna
ricevuta dell'avvenuta consegna. Quindi la semina di quella varietà di grano duro avveniva come si dice "sulla fiducia". Poco si dicevano tra loro gli
agricoltori, per bisbigli, e ce n'erano tanti. E in tanti si ripetevano tra loro le parole di Angiolino che -dicevano- lui sì che sa come si fa (gliela fece anche a un
capitano, durante la guerra, sul fronte greco-albanese). E sarebbe un'altra storia ancora quella di come riuscì a far fesso un capitano, non si sa se nella fantasia
o nella realtà, ma quella storia era valsa a fargli guadagnare non una medaglia di guerra ma quella più importante dei suoi amici.
E cosa diceva Angiolino?
Diceva che lui avrebbe seminato a fasce il grano solito e il grano Cappello. Così risparmiava e guadagnava ugualmente gli incentivi (che allora venivano chiamati
sussidi integrativi della produzione agricola). Molti anni dopo arrivarono sussidi analoghi di integrazione anche per le campagne olearie. E chi aveva dubbi riceveva sempre
la stessa risposta:
Se l'ispettorato manda il controllo, noi gli risponderemo che per noi quello è tutto grano Cappello. Cappello è.
Così
arrivarono ai primi giorni di giugno quando si presentò un ispettore grasso e sudaticcio del Consorzio agrario provinciale. Passò per primo da Filiberto,
obiettò sulle spighe che osservava, non gli sembravamo quelle del grano Cappello. Filiberto non perse tempo: "
Ispettore guardate bene, per noi questo è
grano Cappello". L'ispettore si spazientì e passò ad altri poderi,. E da tutti aveva la stessa risposta:
Cappello è.
In realtà alla trebbiatura coloro
che conoscevano i chicchi del grano Senatore Cappelli si accorsero che non erano tutti grossi come dovevano essere se fossero stati tutti di quella varietà di sementi, ma
nessuno ebbe tempo di soffermarcisi perché venivano insaccati subito e trasportati al Consorzio dove nessuno avrebbe più fatto osservazioni.
L'ispettore agrario non se n'era accorto che aveva partecipato ad una rappresentazione dal vivo di una favola antica. Che era poi la fiaba del gatto con gli stivali.
Filiberto trovò soddisfazione per il successo di quella campagna del grano, Angiolino accrebbe i suoi meriti. Nell'inverno successivo si notò un certo via vai
all'ufficio postale ed erano gli agricoltori che andavano a riscuotere i sussidi dell'integrazione del grano.
Negli anni seguenti la produzione del grano Senatore Cappelli divenne
la semina prevalente in quelle campagne. E gli ispettori del Consorzio agrario provinciale si videro sempre più raramente.
Firenze, 8 febbraio 2024
Roberto Salerno