Indice arte Indice arte

LA STORIA LE STORIE DELL'ARTE.


MADONNA CON SANTA ROSA E SANT'AGNESE.



Madonna Santa Rosa Viterbo Sant'Agnese Montepulciano Il quadro attualmente si trova nella chiesa di Sant'Antonio di Padova, a San Marco Argentano, catalogato dalla Soprintendenza alle belle arti con il titolo di "Madonna con Bambino tra Sant'Agnese da Praga e Santa Rosa da Lima", dipinto di autore ignoto del XVIII secolo.

Dirò subito che si tratta di un dipinto carico di misteri, a cominciare dal nome delle due sante, per proseguire nella figura di un santo abbigliato con un pastrano militare settecentesco, un'altra in ombra alle spalle della Madonna e per finire in alcune lettere residuali di una scritta in basso.
La catalogazione della Soprintendenza alle Belle Arti di Cosenza è chiara: si tratta di due sante 'straniere', una di Praga, in Boemia, l'altra di Lima, in Perù. L'attribuzione mi aveva sviato, facendomi riempire un'intera pagina di ardite motivazioni sulla presenza delle due raffigurazioni femminili e solo ... per miracolo non mi sono lasciato andare ad interpretazioni che mettevano assieme il cristianesimo protestante del centro Europa con la strenua difesa del cattolicesimo nell'America latina!
Il miracolo è di quelli popolari, direi terra terra, in quanto le due Sante mi sono apparse nella raffigurazione della prima che lava e dell'altra che beve, ovvero nelle protagoniste del detto popolare Sciacqua Rosa e biva Agnesa, facendomi riflettere sul motivo per cui fossero stati usati i nomi di due sante e giungendo alla conclusione che le identità date dalla Soprintendenza erano errate.
Ho preferito dare ascolto alla voce popolare piuttosto che a quella della Cultura Superiore è ho ritenuto, a torto o a ragione, che si trattasse di Santa Rosa da Viterbo e Sant'Agnese da Montepulciano, non fosse altro perché compatibili con una comunità monastica ispirata alla regola di Francesco e Chiara.
Debbo dire che l'accoppiamento delle due Sante nell'arte non è affatto frequente: da una ricerca su Internet ho trovato solo un dipinto ad olio localizzato ad Altamura, Bari, attribuito dalla Soprintendenza ad Andrea Miglionico (1663-1735).
Chiarito uno dei misteri principali, rimangono gli altri. Ovvero chi è quella misteriora figura in ombra, orante, col capo coperto, quasi fuggente, alle spalle della Madonna. L'iconografia cristiana vuole che alle spalle della Vergine fosse raffigurata la madre, Sant'Anna, ma l'aspetto e l'assenza del nimbo, mi fa credere che debba trattarsi di una devota, defunta, posta in alto, a stretto contatto coll'angelico consesso per motivi che autore e committente si sono portati nella tomba.
Il terzo mistero è l'identità del giovane con l'abito di foggia militare, una 'sciamberga' si sarebbe detto un tempo, sul lato destro del dipinto, estraneo all'azione aspersoria del Bambino e all'adorazione delle due Sante. È tuttavia un santo e non un devoto, per la presenza evidente dell'aureola, e per di più un martire della fede, per la palma che tiene in mano e per il mantello rosso. La presenza di due cani al guinzaglio, secondo l'iconografia classica, mi fa ritenere che debba trattarsi di San Vito, che l'autore -o il committente- ha voluto trasferire dall'epoca romana del martirio in quella più attuale della sua epoca.

L'ultimo e più intrigante mistero è rappresentato da una scritta in basso, al centro del quadro, la quale appare quasi graffiata, e comunque resa illegibile volutamente.

scritta OPE VERUM


Non ho assolutamente le competenze per poter interpretare le poche tracce residue, ma poiché vi intravedo un OPE seguito da RVM e sotto ad esse un insieme di lettere e numeri, I 82, seguito da un trattino inclinato che potrebbe essere un 4, mettendo assieme questi pochi elementi mi pare di leggervi una ricostruzione di questo genere: "OPE [VE]RUM    I 82[4]".
Il fatto che oggi si possa scoprire, tramite un motore di ricerca, se 'OPE VERUM' risulti scritto da qualche parte è una di quelle opportunità un tempo riservata solo a bibliofili davvero 'consumati'. Ma soprattutto fortunati.
La ricerca mi ha portato su una strada che ignoro quanto possa essere esatta ma, comunque, affascinante e misteriosa.
Se la mia interpretazione fosse esatta, la incompleta e dubbia scrittura farebbe parte di questo testo: "illa non minus a Deo est, quam Scriptura, nobisque indita tanquam lux, cujus ope verum a falso discernere possimus".
Lasciando ad altri il piacere di tradurre il testo latino, a noi, cioè a voi e a me, basta sapere che esso è parte di una disputa telogica che ha per protagonista un tal "Jacobus Arminius (Jakob Hermandszoon), chiamato comunemente Arminio (1560-1609), teologo e ministro della Chiesa riformata olandese (1588)" (da Wikipedia).
Arrivati a questo punto a chi volesse addentrarsi nella disputa teologica voglio ricordare solamente che il mio assunto è solo un'intuizione e, tuttavia, errata che fosse, sarà sempre utile ad approfondire una delle grandi questioni che da sempre hanno interessato le religioni: l'intervento divino e il libero arbitrio, ovvero il rapporto tra Dio e l'uomo, il che è come dire, dedicare la vostra vita a scoprire il motivo della vostra esistenza!

I misteri (e le sollecitazioni) del quadro non finiscono qui. Nell'angolo sinistro in basso si intravede la metà di uno stemma araldico attribuibile alla famiglia Sansosti, lo stesso visibile sulla tela dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, in cui si legge blasone, data e cognome.
Accertata, dunque, la committenza, resta da stabilire il motivo della presenza e dedicazione del quadro a due sante, eccezionalmente accostate, ovvero Santa Rosa da Viterbo, destinataria della vistosa profusione di rose sparse dal Gesù Bambino, e Sant'Agnese da Montepulciano, seminascosta dalla prima. Chi erano e per che cosa sono note al punto da essere state scelte come protagoniste della fede dal committente?
Leggendo la vita di Santa Rosa ho trovato che era una terziaria francescana e che ancora oggi il suo processo di canonizzazione non è stato portato a termine, ma fin dalla sua morte avvenuta in giovanissima età, nel 1251 era considerata santa. Tra le sue aspirazioni c'era quella di entrare nelle Chiariste e tra le azioni religiose la predicazione contro i Catari.
Sant'Agnese di Montepulciano, vissuta a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, fu monaca priora, in età ancora molto giovane, dell'ordine domenicano e canonizzata nel 1726.
Il quadro poteva, quindi, appartenere in origine al convento di Santa Chiara, per poi essere trasferito nella chiesa della Riforma francescana verso la fine dell'Ottocento, quando il monastero fu chiuso.
L'altro Santo, con funzione di patrocinatore di una causa piuttosto che di protagonista, considerato che la Vergine e il Bambino rivolgono la loro attenzione alle predette Sante, è San Vito, tradizionalmente raffigurato con due cani. È un santo cosiddetto ausiliatore, cioè invocato in caso di particolari malattie e tra quelle che il santo 'curava' vi era anche quella comunemente detta il "Ballo di San Vito", una malattia di carattere ereditario, che si manifestava con tremori, convulsioni e paralisi delle articolazioni.
Lo stesso santo, assieme ai due cani, ma con abbigliamento riferibile all'epoca del suo martirio, compare anche in un altro quadro presente nella chiesa, quello dedicato a San Pietro d'Alcantara.
Non escluderei che la presenza di questo Santo possa essere frutto di una devozione legata a situazioni particolari e personali in seno alla famiglia stessa del committente. Nel caso dei Sansosti, che diedero all'ordine delle Clarisse almeno quattro monache, Von Lobstein, autore di un libro sul Settecento calabrese, li annovera tra la nobiltà sammarchese. Lo stesso autore ci informa, anche, che la nobile famiglia "si estinse in un povero uomo dedito al bere, marito improle, caduto in bassa fortuna".
"Sic transit ...!" conclude Von Lobstein.

San Marco Argentano, 28 aprile 2023

Paolo Chiaselotti





"ANTISTORIA", "ARTE", "GENEALOGIE" e "ACCADDE OGGI" sono rubriche curate da Paolo Chiaselotti
Up
LA STORIA LE STORIE

info@lastorialestorie.it