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L'ANTISTORIA



ROBERTO IL GUISCARDO E LE DONNE
SICHELGAITA


Sichelgaita come Atena La protagonista della seconda puntata delle donne del Guiscardo è Sichelgaita o Sikelgaita o Sigelgayta o Gaita, come viene chiamata dai vari biografi dell'epoca o di poco posteriori. L'unione con Roberto avvenne dopo l'annullamento del primo matrimonio con Alberada. Il suo nome, al contrario di quello della prima moglie, compare più frequentemente, ma non sempre i racconti su di lei sono verosimili.

Orderico Vitale la rappresenta come una sorta di Lucrezia Borgia, Anna Comnena come una virago che esorta pavidi guerrieri a dimostrarsi uomini! Ma prima di addentrarmi nella biografia di questa donna che rubò la scena alla prima moglie del Guiscardo, voglio ricordare per l'ennesima volta che le notizie sono ricavate direttamente dai testi dei cronisti Goffredo Malaterra, Amato di Montecassino, Guglielmo di Puglia, ai quali si aggiungono in questo caso Orderico Vitale e Anna Comnena.

Chi era Sichelgaita? era una principessa longobarda. E qui mi corre l'obbligo di riportare due curiosità che riguardano l'origine e i caratteri di questa stirpe, giunta in Italia vari secoli prima e, per quanto ci riguarda, stabilitasi nel territorio che prese il nome di Principato di Salerno.
Un documento del settimo secolo, Origo Gentis Longobardorum, riporta la leggenda del nome di questo popolo, che, guarda caso, pur riferito alla lunga barba degli uomini, parla di fatto del protagonismo delle donne!
Un bell'inizio per raccontare le vicende della nostra virago. Voglio raccontarvela perché voi stessi possiate valutare quanto le sue ascendenze siano presaghe del futuro successo di questa donna.

Non vi racconto per filo e per segno la leggenda, ma dirò semplicemente che le lunghe barbe che apparvero a colui che per primo diede il nome a questo popolo altro non erano che i lunghi capelli sciolti e ricadenti sotto il mento di donne in controluce! "Qui sunt isti longibarbae?" chiese un tale Godan alla moglie Frea che aveva ordito l'inganno ottico, consentendo a me, a distanza di secoli, di trarre spunto da esso per l'introduzione all'antistoria di oggi.

La seconda curiosità riguarda un passo di Anna Comnena, figlia dell'imperatore bizantino Alessio, la quale nell'Alexiade (libro IV capitolo XIX, traduzione di G.Rossi, 1849) ci parla di Gaita (Sichelgaita) come di una figura mitologica, paragonandola nell'aspetto e nell'azione alla dea Pallade Athena. Munita di lancia esorta le truppe del Guiscardo, gettatesi a mare per sfuggire al nemico, a comportarsi da uomini! Anna Comnena, all'epoca dei fatti narrati, era appena nata e l'immagine di una moglie che combatte a fianco del marito è lontana dalla realtà: nessun cronista del tempo ne parla in questi termini. Perché lo fa Anna Comnena?
Cerco di dare una risposta accostando l'episodio narrato all'immagine della Marianne francese che guida il popolo alla rivoluzione, stringendo la bandiera in una mano e un fucile con la baionetta innestata nell'altra, e ancora all'immagine della donna che, armata di un figlio da poco nato, affianca un contadino e un operaio in testa ad una schiera di proletari nel famoso quadro di Pellizza da Volpedo, intitolato il Quarto Stato. Sono figure simboliche, ovviamente, così come Sichelgaita, con la differenza che, mentre le predette donne annunciano una vittoria, la Sichelgaita Pallade preannuncia la sconfitta del disegno egemonico di Roberto e dei suoi normanni, Boemondo compreso, sull'impero bizantino.
Sichelgaita, che corre armata di lancia sulla spiaggia deserta, cercando di recuperare un esercito di codardi buttatisi a mare per consegnarsi alle navi nemiche, gridando a squarciagola nella sua lingua (diversa da quella dei fuggitivi) è un'immagine davvero inedita e alquanto tragicomica di Atena!

Se Anna Comnena abbia voluto infierire sui Normanni attraverso di lei, o viceversa, non saprei dirlo, viste le mie scarse competenze nell'analisi degli eventi storici, ma devo dire che tutti i traduttori del testo originale greco, riportano nelle varie lingue l'episodio con parole pressocché uguali e, tuttavia, la gran parte di noi ritiene verosimile la figura di questa donna che combatte armata a fianco del marito.

Ritorniamo in Italia negli anni che precedettero la sconfitta e la morte del Guiscardo. avvenuta a Cefalonia, e vediamo come ci viene presentata Sichelgaita dagli altri cronisti. Iniziamo dal biografo ufficiale, Goffredo Malaterra, che io giudico il più attendibile, anche se di parte. Comunque, il meno pettegolo!
I capitoli XXX e XXXI del De Rebus Gestis, in poche righe, racchiudono la storia delle due unioni del Guiscardo, dal ripudio di Alberada al matrimonio con Sichelgaita.
La maggior parte delle informazioni riguarda la prima moglie Alberada, una conterranea onesta e di illustre casato, genitrice di Marco altrimenti detto Boamondo, ma consanguinea. Il marito, per rispetto delle recentissime norme emanate da Niccolo II, decide di sciogliere il vincolo coniugale e di prendere in moglie la figlia di Gaimari (sic) principe salernitano, di nome Sigelgayta (sic).
Dal resoconto così sintetico sembra che tra Roberto e Sichelgaita ci sia stato il classico colpo di fulmine, tanto che nel capitolo successivo si parla del fidanzamento, avvenuto a Salerno nel 1058, e del solenne matrimonio celebrato a Melfi. Peccato che in mezzo a queste due celebrazioni il Malaterra ci abbia infilato in rapida successione tre nomi e alcune precisazioni che tolgono ogni nostra illusione sulla reciproca corrispondenza di amorosi sensi (a noi sammarchesi sarebbe bastata anche univoca). Per farla breve -come fa il Malaterra- la presenza dei rispettivi fratelli dei promessi sposi, Guglielmo da parte maschile, e Gisulfo da parte femminile, mettono seriamente in crisi le future nozze del Guiscardo, come un castello di carte spazzate via dalle reciproche ostilità. Non sto a raccontare il come e il perchè a lettori che sanno meglio di me non esser questi i tempi dell'amor cortese, di là a venire, dirò solo che il Guiscardo non aveva scelto a caso la sua futura consorte.

Guglielmo di Puglia, l'altro cronista delle gesta del nostro ... agente turistico (suvvia, sto scherzando), ci dà un quadro dettagliato del disegno di Roberto di cambiar moglie e degli ostacoli che incontra. Questa volta le contrarietà non vengono, come nel caso di Alberada, dall'ambito della sua cerchia familiare, bensì dal fratello della sposa, Gisulfo, entrambi figli di Guaimaro principe longobardo di Salerno, defunto da alcuni anni, del quale ne aveva preso titolo e posto.

Roberto, ripudiata Alberada, si rivolge a lui per chiedere la mano della altrettanto nobile sorella. Nel suo resoconto Guglielmo inserisce anche il frutto della copulazione tra consanguinei, Boemondo strenua proles, insignis nimia virtute potensque futurus, quasi a voler sottolinare quale dei figli del Guiscardo sarà l'erede morale delle virtù paterne. Tanto precisato, il cronista ci dice che cosa ne pensasse Gisulfo dei normanni, e quindi di Roberto: gente efferata, barbara, crudele, di indole animalesca. Un giudizio del tutto personale e occasionale, visto che sua cugina Maria aveva sposato il fratello minore di Roberto, Guglielmo d'Altavilla.

Alla fine Gisulfo acconsente alle nozze e da quel momento grazie al nobile lignaggio della sposa cresce la notorietà del Guiscardo: coloro che lo servivano per paura, ora lo fanno in ossequio al prestigio di cui gode la sua nuova moglie, discendente da quell'illustre progenie a cui l'Italia era stata soggetta.

Guglielmo anticipa la futura progenie della coppia, tre maschi e cinque femmine, quasi a voler porre l'accento sul forte vincolo coniugale che aveva cambiato la stessa natura dell'avventuriero normanno e il ruolo politico a cui era assurto, tale da destare l'invidia e la preoccupazione dei suoi stretti parenti, i figli di Umfredo.

Ma quale fu l'atteggiamento di Sichelgaita nei confronti dei precedenti legami del marito? Non sappiamo quali rapporti ci fossero tra Alberada e Sichelgaita poichè nessun cronista ne parla, mentre un altro storico dell'epoca, Orderico Vitale, narra che la seconda moglie mal tollerasse le fortune politiche del figlio di primo letto di suo marito, l'onnipresente Marco Boemondo, una vera minaccia alle legittime aspirazioni dei figli Ruggero Borsa e Roberto Scalio.

Orderico ci presenta una Sichelgaita inedita, a metà tra una donna colta ed emancipata e una assassina capace di pianificare un delitto perfetto. Al di là della veridicità dei fatti narrati, mi chiedo da quali fonti attingessero le notizie i cronisti medievali. Se dovessimo dar credito al suo racconto, Orderico Vitale avrebbe avuto accesso a informazioni della scuola medica salernitana, che la nostra Sichelgaita avrebbe frequentato acquisendo una vera e propria specializzazione nella preparazione e nell'uso dei farmaci. È vero? È senz'altro molto probabile per una principessa a cui tutto apparteneva e a cui tutti rispondevano e obbedivano.

Ciò che fece questa potentissima donna merita di essere raccontato nei minimi particolari. Voi immaginate di assistere ad un film, con tanto di primi piani, dettagli e colonna sonora del tipo In taberna quando sumus per restituire quel tanto di serietà che anche un'antistoria merita.
Orderico riferisce nel Libro IV della sua Historia Ecclesiastica che Sichelgaita aveva appreso alla scuola salernitana le arti mediche e in particolare quelle della preparazione dei veleni. Saputo che il figliastro Marco Boemondo, ferito dai Bizantini, era stato mandato dal padre a Salerno per essere curato, inviò ai cosiddetti archiatri (i primari di allora) una pozione letale da lei stessa preparata perchè gliela somministrassero. Il cronista aggiunge che allo stesso modo avvelenò il marito. Entrambe le notizie non trovano conferme da altri biografi.

Vediamo, invece, come viene presentata da Amato di Montecassino la storia del doppio matrimonio del Guiscardo. Lo spiega l'anonimo volgarizzatore francese ad iniziare dal capitolo XVIII del Libro IV dell'Hystoire de li Normant All'origine della questione c'è lo stato di peccato mortale in cui il duca normanno si trovava: avere in moglie una parente. Il suo proposito di lasciarla per un'altra moglie, il cui nome non compare mai nell'opera, è introdotto da una lunga attenzione che lo storico pone sulla "conversione" del Guiscardo, quasi a voler giustificare nella maniera più ampia possibile il suo secondo matrimonio. La verità, quella vera, viene a galla dopo qualche capitolo: Gisulfo ha dei grattacapi con il fratellastro di Roberto, Guglielmo, il quale ha sposato la cugina di Gisulfo, senza contare che anche Roberto deve far i conti con le discordie in atto con suo fratello Guglielmo.
Vogliamo chiuderla qui? Ebbene diciamo che Roberto corrucciato per tante mancate promesse, mena seco in Calabria la moglie longobarda, che lo dota di terre e castelli e figli. Fu vero amore?
Pare di sì. Guglielmo di Puglia, il cronista poeta, ci dice che cosa fece Sichelgaita alla morte del marito. Finalmente scopriamo che Sichelgaita amava pazzamente Roberto! La rivelazione avviene in piena estate su una spiaggia di Cefalonia, dove Roberto e il figlio Boemondo avevano piantato le tende. Roberto, febbricitante, è prossimo a morire in una di quelle tende. Sichelgaita accorre discinta e con i capelli scarmigliati, piange, affonda le unghie nelle guance, e urla tutto il suo dolore. Ventidue versi, in cui sono condensati il dolore di lei, le virtù del marito e l'inesorabilità della morte, che smentiscono in maniera categorica che Sichelgaita possa averlo avvelenato. O no?

Voglio chiudere qui la puntata di oggi, con due avvertenze.
La morte di Roberto il Guiscardo sarà oggetto di una prossima puntata. L'immagine che introduce l'antistoria è un quadro di Gustav Klimt raffigurante la dea Pallade Atena.


Alla prossima puntata dell'antistoria.

San Marco Argentano, 16 febbraio 2019

Paolo Chiaselotti



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