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ROBERTO E SICHELGAITA VISTI DAGLI INGLESI ...
Mi è venuta la curiosità di andarmi a leggere che cosa pensassero gli stranieri delle nostre vicende nostrane, ovvero, visto che stiamo parlando di antistoria, che cosa un cronista dell'epoca del Guiscardo, o di poco posteriore, potesse aver scritto sul nostro eroe e ho trovato che in Inghilterra, un secolo dopo la sua morte, furono diffuse notizie incredibili che non ho trovato in nessun altro storico. Che gli Inglesi ignorassero quanto avveniva nel Mediterraneo o, per meglio dire, quanto fosse avvenuto nel Mediterraneo a distanza di un secolo dalla morte del Guiscardo, è una cosa che non avrei mai immaginato e ho pensato alla meraviglia che un turista anglosassone proverebbe nell'apprendere tutt'altra versione della vita del condottiero normanno e della moglie. A chi credere? alle fonti dei propri cronisti o a quelle franco-latine di cui noi ci sentiamo depositari, pur se in parte adattate ad interessi locali? Anche Orderico Vitale era di origini inglesi e alcuni fatti da lui narrati riguardanti Roberto il Guiscardo non sono condivisi da altri storici, ma quello di cui vi parlerò mi pare che sia di gran lunga più 'originale'. Il cronista inglese, di tutto rispetto, che scrisse intorno al 1200 alcune notizie riguardanti il Guiscardo e la seconda moglie (la prima è completamente ignorata) si chiamava Ruggero di Howeden o Rogerius de Hoveden, autore di una Chronica. Vediamo subito come egli presenta il Guiscardo: Bisogna sapere che Roberto il Guiscardo nacque in Normandia e prima di diventare cavaliere apparteneva alla famiglia di Enrico re d'Inghilterra, figlio di Guglielmo il Bastardo. Egli, si dice, che fosse un valido guerriero, ma non gli riuscì di fare fortuna alla corte del re, fatto sta che con sua moglie, i figli e suo fratello lasciò la Normandia e se ne andò a Roma. Qui, accolto l'invito e il permesso del papa di sottomettere le popolazioni barbare si mise a radunare intorno a sé un considerevole numero di uomini. Quindi partito da lí entrò in Puglia e resosi conto che era una terra buona e fertile e i suoi abitanti imbelli, li attaccò spesso con la violenza delle armi, sopraffacendoli e togliendo loro la terra. Sottomise in tal modo tutta la Puglia, la Calabria e il principato di Capua, togliendoli all'imperatore dei Romani e dandoli al proprio figlio Tancredi.Avreste mai immaginato che uno storico britannico avesse potuto narrare simili cose? Mi riferisco, non tanto alla discendenza del Guiscardo e alle palesi contraddizioni, quanto alla sua morte per avvelenamento da parte di Sichelgaita e alla sepoltura nel luogo in cui avvenne il delitto, per non parlare del patto scellerato tra lei e l'imperatore bizantino, del matrimonio tra i due e della condanna al rogo. La butto sul ridicolo, come al solito. Immaginate il turista anglosassone nel leggere sulla fontana, intitolata a Sikelgaita, l'avvertenza "Acqua non potabile"! secondo me, conoscendo la versione del suo conterraneo Ruggero di Howeden sulla vita di Roberto e di Sichelgaita, l'avvelenatrice, si sbellicherebbe dalle risate. Dopo essersi fatto due risate nelle vesti di un anglosassone, anche all'antistorico come me potrebbe venire la curiosità di capire come e perché egli sia stato male informato da Ruggero di Howeden, ma, non essendo uno storico, è più facile che egli faccia propria questa 'novella', riproponendola a suo nome assieme alle tante che arricchiscono il nostro patrimonio culturale. La firma, in calce a questa pagina, attesta che fui io a raccontarvela. San Marco Argentano, 9 settembre 2023 Paolo Chiaselotti
Note:
Il testo latino è tratto dal libro "Rerum Britannicarum Medii Aevi Scriptores - Chronica Magistri Rogeri de Houedene" Edited by William Stubbs, M.A., London, Longman & Co. and Trübner & Co., PaterNoster Row also by Parker &Co, Oxford and McMillan &, Co,, Cambridge, 1870, digitalizzato da Google. L'immagine in alto, estratta da Wikipedia Commons, riguarda ben altro rogo, precisamente quello del Riformatore Jan Hus, raffigurato da Diebold Schilling il vecchio, nella sua Cronaca medievale svizzera intorno al 1485. La nota di chiusura è un invito a riflettere sull'attendibilità delle fonti e, quindi, sulla veridicità dei fatti, cose complicatissime, ma necessarie. |
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