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ROBERTO IL GUISCARDO E LA BALENA Eppure, questa è la grande scoperta che annuncio a tutti i sammarchesi orgogliosi delle loro origini normanne: la nostra stupenda città potrebbe organizzare uno di quegli aventi che attirerebbero migliaia e migliaia di turisti da ogni parte del mondo, soprattutto giapponesi! L'unica cosa che andrebbe cambiata è l'intitolazione della serata: non più baccalà ma balena. SAGRA DELLA BALENA STRASCINATA ALLA GUISCARDA! Immaginate. Una schiera di giovinetti che trascina con le funi fino ai piedi della torre un'enorme pesce, dalla cui bocca illuminata escono decine di dapifer che reggono a due mani altrettante decine di ciotole di coccio smaltato con bastoncini di pesce sistemati in bella vista. Vino, musiche, danze e cori medievali in barese antico. Prima di continuare vi voglio pregare di non togliermi nè l'amicizia, nè la risposta al saluto, chiarendo subito che il mio fare antistoria non vuole essere assolutamente irriguardoso né tantomeno saccente. È solo un modo diverso di narrare la storia, con l'aggiunta, in questo caso di un ritorno economico per le esigue casse comunali. Da dove io abbia tratto questa idea, apparentemente balzana, è la prova che, se alla fantasia non c'è limite, in fatto di appetito oltrepassiamo le colonne d'Ercole. E vediamo perché. Guglielmo di Puglia nel terzo libro del Gesta Roberti Wiscardi parla di un evento sensazionale avvenuto dopo la conquista di Bari da parte del protagonista. Ve lo voglio riportare cercando di tradurre il più fedelmente possibile il testo latino dell'autore. Si dice che un grande pesce dal corpo spaventoso fosse non lontano dalla riva, quale il popolo dell'Italia giammai prima aveva visto, e che la borea invernale aveva costretto a cercare acque temperate. L'accortezza del duce lo catturò attraverso vari espedienti. Fattolo scivolare in una robusta rete, una volta entrato completamente in trappola si inabissò per il peso delle armi di cattura, tuttavia colpito in varie parti del dorso dai marinai, tratto a stento a riva, ecco apparire ai presenti un vero mostro; fu fatto, quindi, a pezzi, per ordine del duca, per esser mangiato subito e in seguito nelle loro case, e dai Calabresi e da chiunque abitasse sulle coste. Anche abitanti di altre zone della Puglia ebbero la loro parte. L'imboccatura della spina centrale sezionata risultò di quattro palmi di circonferenza (forse diametro). Non so se Guglielmo di Puglia si sia lasciato un po' andare nella ricostruzione di un evento di cui non c'è traccia in altri cronisti del tempo o posteriori. Solo il Malaterra riferisce di una pesca ... miracolosa, che vale la pena di raccontare perchè nessuno di noi si sarebbe mai immaginato che il compunto narratore delle vicende del Guiscardo si lasciasse andare ad immagini ... lascive per darci una lezione di pesca. Come al solito mi scuso con i lettori, con gli studiosi, e perchè no, con lo stesso frate Goffredo Malaterra, per le mie impertinenti letture, ma sono certo che il primo a perdonarmi e forse anche a ringraziarmi sarebbe proprio il monaco. Quando nelle celle dei conventi intingevano la penna nel calamaio per mettere nero su bianco i risultati delle loro letture o delle trascrizioni da altri testi, i serafici monaci, gente come noi del resto pur se vocata, si auguravano che i loro scritti finissero nella mani dei più diversi lettori e che qualcuno si soffermasse su quel pensiero lubrico che aveva attraversato la loro mente: la nudità femminile. Ecco perché voglio portarvi a conoscenza di quanto ho letto nel capitolo XXXIII del Libro I del DE REBUS GESTIS, nel quale si parla della espugnazione del castrum Guillimacum governato da un tal Gualtiero da parte di Goffredo con l'aiuto dei suoi fratelli Roberto e Ruggero, i quali ... mentre conducevano il prigioniero in Puglia, gli cavano gli occhi, affinchè in futuro, una volta liberato, non potesse intralciare il cammino di Goffredo. Gualtiero aveva una sorella, fatta prigioniera assieme a lui, la quale dicono che fosse di tanta bellezza, che, se fosse andata al mare per bagnarsi, o se avesse messo le gambe per provar l'acqua in un fiume pescoso, i pesci, attratti dal suo candore, si sarebbero avvicinati tanto da poterli prendere con la mano. Lo so, voi, come me, a quella pulsione lasciva del bravo Goffredo Malaterra, non ci credete. Soprattutto leggendo che il povero fratello Gualtiero era stato accecato da Roberto e da Ruggiero perché non potesse dar fastidio. A chi? Beh, non sono tanto presuntuoso da riscrivere la storia, ma posso sempre pensare che Goffredo Malaterra abbia voluto dire quello che non poteva dire. E Guglielmo di Puglia cos'avrà voluto dire con quel pesce gigantesco con cui Roberto ha sfamato quasi due regioni! Per raccontarci questa ... favola spreca diciassette, dico diciassette, versi. Prima di questo racconto dal sapore quasi biblico, leggiamo in un solo rigo: Hos cum gente sua Reginam ducit ad urbem. Dove Hos sta per cittadini baresi fatti prigionieri, Reginam sta per Reggio Calabria e ducit sta per trasferì. Attaccata a questo c'è la storia del pesce. E dopo? Dopo l'argomento di alleggerimento, ecco che scopriamo che anche Roberto va a Reggio, vi dimora, crea un ponte (leggi banchina), ancor oggi detto il pontile del Guiscardo (nel 1090 circa). I Baresi sotto la sua direzione provvedono di mura la città, allestiscono un ponte di barche sul quale tutti in fila attraverseranno il mar di Sicilia, che per quanto stretto, è pericoloso da attraversare: Scilla e Cariddi, che presentano non indifferenti pericoli, una capovolge le barche e l'una e l'altra le spingono sugli scogli. Questo è tutto per oggi. In una prossima punta dell'antistoria vedremo l'ultimo contatto che il Guiscardo ebbe con il mare. San Marco Argentano, 23 febbraio 2019 Paolo Chiaselotti |
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