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PER FORTUNA CHE C'È IL GUISCARDO ... L'abbazia si Saint Évreul sur Ouche, dove furono Ugo di Grandmesnil, Goffredo Malaterra, Orderico Vitale
Ispirandomi alla canzone di Giorgio Gaber "il Riccardo", mi verrebbe da dire a proposito di San Marco
Argentano: Per fortuna che c'è il Guiscardo.
In effetti, a distanza di quasi dieci secoli, la sua figura continua ad essere ricordata, discussa e ammirata qui più che altrove e più di chiunque altro. Non è un caso che la sua testa stilizzata abbia soppiantato il vecchio e pacifico leone di San Marco e che a Sichelgaita, sua seconda moglie, sia spettato il nome della fontana, in precedenza dedicata Santo. Del resto, aver appurato che il fondatore della città non fu Marco, ma Roberto, restituisce giustamente meriti e virtù all'unico artefice di questa operazione, anche se non tutti gli epigoni di quest'ultimo sono concordi nell'attribuirgli la maggior opera muraria, la torre, considerata la 'prima pietra' del castrum di San Marco. Oggi quasi tutti sono convinti che fu il Guiscardo a dare il nome San Marco alla città, dopo che per secoli si era creduto che fosse stato l'evangelista Marco con il suo passaggio e la predicazione in questi luoghi, a ciò delegato dal principe degli apostoli, Pietro, o secondo alcuni, al suo seguito. Mettendo da parte questioni oramai acclarate e corrette, soprattutto da storici di indubbia fede religiosa, e ritornando al Guiscardo, mi sono chiesto a chi possa aver lasciato la sua città e ciò che vi aveva realizzato, inclusa -stando agli epigoni più radicali- la sua torre. Tranne, infatti, il periodo che va dalla fondazione del castrum alla nascita del suo primo figlio Marco Boemondo, avvenuta intorno alla metà del secolo, e alla dedicazione di Santa Maria della Matina nel 1065, non abbiamo altre notizie della sua presenza a San Marco. Sappiamo che, dopo la sua morte avvenuta a Cefalonia a fine luglio 1085, la città apparteneva a Guglielmo di Gradmesnil, che aveva sposato Mabilia, figlia di Roberto e Sichelgaita. Nel 1094, però, la città fu presa dal fratello di Mabilia, Ruggero Borsa, a cui Guglielmo aveva tentato di sottrarre città e territori, quando si era sparsa la voce infondata che Ruggero fosse moribondo o addirittura già morto. Quest'azione basterebbe da sola a qualificare la figura del genero del Guiscardo, ma che cos'altro sappiamo di lui e, soprattutto, quale fu il rapporto con la famiglia Altavilla? Le notizie sul suo conto sono piuttosto scarse, ma il suo nome ricorre, oltre che nelle vicende appena riferite, in almeno due occasioni: nell'impresa di Roberto il Guiscardo in Oriente contro l'imperatore Alessio e nella prima crociata assieme al cognato Boemondo. Bisogna dire che Roberto il Guiscardo aveva fatto tesoro dei consigli impartiti a suo tempo dal fratello Umfredo in fatto di matrimoni e aveva saputo applicarli oltre che su se stesso, sui figli e anche sui parenti più prossimi. Nel caso di Mabilia, la consegnò, assieme alla città che aveva fondato, nelle mani di un esponente di rilievo nell'aristocrazia religiosa-militare normanna: i Grandmesnil (o Grantmesnil) originari del Calvados. Il fratello Roberto, già abate di Saint-Evroul sur-Ouche, Sant'Eufemia e Venosa, concluderà la sua carriera come vescovo di Troina, grazie a Ruggero I d'Altavilla che aveva sposato la sua sorellastra Giuditta d'Evreux. Roberto portò con sè il genero nella spedizione in Oriente, motivando quella che fu una vera e propria occupazione col pretesto di rimettere sul trono Michele Ducas 'Parapinace', che si era rivolto a lui per ottenere giustizia, e in aggiunta a ciò con l'intento di vendicare l'onta di un matrimonio tra il figlio di Michele, Costantino, erede quindi della corona imperiale, e la propria figlia Irene, barbaramente mandato in frantumi. Guglielmo di Grandmesnil fu costantemente a fianco del suocero fino alla morte di questi a Cefalonia. Rientrato in Italia, però, dopo alcuni anni, entrò in conflitto con il cognato Ruggero Borsa e costretto alla resa, andò a rifugiarsi presso quell'imperatore Alessio I che, ironia della sorte o misteri della vita, era stato il suo nemico. Tornò nuovamente in Italia, con il perdono di Ruggero Borsa e con un carico di ricchezze avute in dono dall'imperatore. Passato qualche anno Boemondo lo riportò con sè in Oriente nella crociata. Guglielmo anche in questa occasione non passerà inosservato sia nel conflitto contro i Selgiuchidi impegnato a difendere Antiochia da poco conquistata e sia nella storia della sua carriera. Narrano le fonti che, terrorizzato dalla veemenza dell'attacco nemico, si fosse calato nottetempo, assieme al fratello Alberico, a un tal Guido Trursello e un tal altro Lamberto detto il Povero, dalle mura, dandosi a precipitosa fuga verso il porto di San Simeone, dove erano ancorate le navi cristiane. La rapidità della fuga fu tale che i palmi delle mani e le piante dei piedi si scarnificarono, dice una fonte bene informata, benché anonima. Giunto al porto disse, mentendo, che tutti i cristiani all'interno di Antiochia erano stati massacrati e che loro erano miracolosamente scampati, esortando gli uomini lasciati a custodia delle navi a salpare immediatamente con loro a bordo. La storia ci informa che una volta rientrato in patria fu scomunicato dal papa. Insomma Guglielmo di Grandmesnil, a cui il nostro fondatore aveva affidato la mano della figlia e la nostra città, ha tradito le speranze del suocero e di conseguenza ha in qualche modo 'macchiato' l'immagine di San Marco, ma ... per fortuna c'è il Guiscardo! che continua a rappresentarci degnamente. San Marco Argentano, 25 novembre 2023 Paolo Chiaselotti |
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