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L'ANTISTORIA

GROTTE, CAVERNE E GALLERIE ...


La grotta di San Pietro

La cosiddetta Grotta di San Pietro sottostante la piazza del Duomo a San Marco Argentano (vedi interno a fondo pagina).
L'argomento dell'Antistoria di oggi riguarda le grotte, ovviamente quelle esistenti nel nostro territorio, e la possibilità che alcune di esse avessero ospitato monaci eremiti. Non so se possa essere importante per il lettore conoscere, oltre all'argomento specifico, anche le motivazioni che sono all'origine di questa scelta, ma da parte mia ritengo che esse dovrebbero essere sempre esposte, some si fa per le fonti e i riferimenti bibliografici.
L'argomento potrebbe richiamare alla mente un servizio giornalistico apparso proprio ieri su un quotidiano, riguardante la galleria dell'acquedotto della fontana di Santomarco, ma si tratta di una coincidenza fortuita, che non ha nulla a che vedere con il tema di quell'articolo.
Il perché io mi sia posto, non da ora, l'interrogativo sulla presenza di alcune grotte risiede nel tentativo di dimostrare che l'appellativo San Marco che fu dato al castrum fondato da Roberto il Guiscardo era preesistente al suo arrivo e riconducibile ad una comunità basiliana presente nei nostri luoghi.
La presenza di altri toponimi come Santa Venere con una sua chiesa e un esteso territorio, la chiesa di San Senatore, le terre denominate di Sant'Andrea, l'area detta della Matina, il vico Prato con i suoi abitanti dai nomi greci, il tutto documentato nelle Carte Latine ad iniziare dal 1065, parlano indubbiamente di una presenza religiosa bizantina, che non saprei dire quanto estesa o frazionata.
Rifletto su quest'ultima condizione con riferimento al vasto comprensorio che oggi ricade nel comune di San Marco Argentano: senz'altro tutte le porzioni di territorio citate appartenevano al vescovo di Malvito, dato che gli furono pagati dei diritti da parte del duca Roberto, ma la gestione di esse era affidata a singole e distinte comunità religiose o a singoli proprietari, i cui nomi sono, in alcuni casi, citati nelle predette Carte Latine.
L'ipotesi, già timidamente affacciata in un'altra pagina, che possa esservi stata una versione sammarchese della Passio greca con la storia dei 'nostri' Martiri, in tutto e per tutto gli stessi del Lametino, è affascinante ma, ahimé, priva di un pur minimo appiglio documentale. E, tuttavia, il fatto che là dove fu eretta la chiesa di San Marco Evangelista esistesse una "cappelletta" dedicata all'Epifania, che nel rito greco rappresenta il Battesimo di Gesù, e ancora che Epifanio nella Passio fu colui che ritrovò i corpi dei nostri Martiri, accrescono la possibilità che un luogo denominato San Marco fosse una comunità basiliana. Il fatto, poi, che nelle immediate vicinanze vi fosse una sorgente d'acqua, mi induce a ipotizzare che quella "cappelletta" fosse un battistero. Tuttavia, nonostante io sia convinto pienamente di quanto affermo, non posso affermare che quel luogo era il toponimo bizantino da cui il 'castrum' normanno prese il nome. La mia opinione, per quanto ampiamente argomentata e verosimile, rimane un'opinione, suggestiva, ma priva di riscontri oggettivi.


Veniamo ora alle grotte.
Quella che ancora oggi si conserva con tale nome, completamente visitabile al suo interno, è quella sottostante il Duomo, che porta la targa "Grotta San Pietro". Mi riferiva monsignor Vincenzo Ferraro che, in verità, la grotta era altrove e quell'antro o caverna, essendo prossimo alla casa di abitazione della sua famiglia, era utilizzato come stalla. Monsignor Ferraro mi precisava che l'originaria grotta San Pietro sorgeva in corrispondenza dell'attuale omonima chiesetta.
Al di là dell'intitolazione e del suo utilizzo in tempi recenti, ciò che colpisce entrandovi è la volta, che appare chiaramente opera dell'uomo per la sua forma ogivale, che dà all'insieme un aspetto di maggiori dimensioni, idoneo ad una presenza comunitaria, se pur ridotta, piuttosto che ad un ricovero di animali (vedi foto sottostante). Anche alcune nicchie, rozzamente lavorate, e la loro posizione fanno supporre finalità che denotano un utilizzo umano, non saprei dire quale, ma senz'altro antico.
Ho letto che frequentemente gli eremiti basiliani vivevano isolati o in piccoli gruppi, su luoghi impervi o scoscesi, dove più spesso si trovavano antri naturali difficili da essere raggiunti. Un'altra ampia caverna, forse addirittura una galleria, si trovava di fronte alla facciata del Duomo, dove ora sorge un'esedra in mattoni a vista con un tondo raffigurante la Madonna col Bambino.
Questo antro, che doveva essere di notevole ampiezza, come mi fu riferito da più testimoni di quel tempo, era utilizzato come locale per una o due carrozze di servizi funebri e per ricovero degli animali da tiro.
In una foto di inizi Novecento, antecedente il terremoto del 1905, si scorge, in coincidenza con il luogo descritto, una sorta di facciata, quasi un'edicola, con apertura centrale e due fornici laterali. All'apparenza sembrerebbe l'ingresso di un piccolo tempio, sempre che non si tratti di un effetto fotografico di luci e ombre.

Altre grotte, di cui io ho sentito parlare, si trovano sotto il costone di Santo Iorio, altre sono tuttora visibili in località Prato, un'altra era un tempo esistente in località Santo Stefano-Perizzito, un'altra ancora sotto il costone roccioso dell'episcopio di fronte la cosiddetta Casa di Vienna. Infine la grotticella detta la Benedetta, dove la tradizione vuole che il giovane Francesco di Paola si recasse a pregare, può anch'essa rientrare tra i luoghi isolati e impervi preferiti dai monaci eremiti basiliani.
A quanto ho letto, questi diversi eremi facevano capo alle laure, comunità religiose più ampie e organizzate, la cui esistenza nel caso di San Marco non è documentata, tranne, credo, per un cenobio di San Senatore, tra i fiumi Fullone e Malosa.

La definizione di eremo e di eremita continuò, non solo nella tradizione verbale, ma per indicare luoghi di romitaggio esistenti. Ancora nell'Ottocento, infatti, troviamo persone i cui nomi erano accompagnati dall'appellativo eremita, registrate nell'Ospedale dei poveri, attuale imbocco di via Vittorio Emanuele da piazza Selvaggi, al Luogo Santo e presso il convento dei Minimi nell'attuale piazza San Francesco di Paola.

Mi rendo conto che desumere dalla presenza di una grotta, benchè modificata dalla mano dell'uomo, che possa essere esistita una comunità eremitica basiliana è quanto meno azzardato, tuttavia il fascino del mistero e dell'occulto è di gran lunga superiore all'interesse che si può ricavare da uno studio e da una ricerca approfondita, attraverso documenti cartacei, che purtroppo non esistono.
Secoli fa ci aveva pensato Platone a ricordare agli uomini quanto fosse illusorio affidarsi al 'mito' della caverna. Non posso dargli torto e aggiungo io, a conclusione di questo scritto, figuriamoci di un cunicolo!

La volta all'interno della grotta di San Pietro
La volta all'interno della Grotta di San Pietro


San Marco Argentano, 23 ottobre 2024

Paolo Chiaselotti


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