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DA CASTRUM A CIVITAS - SANT'ANTONIO ABATE
Continuando la nostra 'visita' nel centro storico, sia sul campo, che attraverso i documenti di cui
disponiamo, troviamo un altro antico quartiere: Sant'Antonio Abate localmente detto Sant'Antuonu.
Esso è, al pari di Santa Maria, l'altra estrema propagine del paese sul versante occidentale, ma possiamo considerarla un'estensione della soprastante Motta, a cui è di fatto unita, mentre Santa Maria e 'Sant'Antuono' erano due quartieri distinti e separati da un profondo vallone naturale. Anche Sant'Antuono poggia su un solido sperone roccioso. Al contrario di Santa Maria, esso non aveva strade che lo collegassero con la sottostante zona a valle e, pertanto era un quartiere estremo, tanto da essere anche definito 'costa'. Il documento più antico in cui troviamo notizie di quest'area è la cosiddetta Platea delle Clarisse del 1632, che in due occasioni cita il quartiere, con i nomi dei proprietari, i confini e la presenza di antichi manufatti 1. Il documento è importante in quanto spiega dettagliatamente lo stato dei luoghi partendo da una proprietà lasciata al monastero da una tale signora Ippolita Ferrara. "Detta proprietà si trova in un luogo detto di Sant'Antuono, confina da un lato con proprietà del fu Iaccino de Santo e dall'altro con mura o muraglie della città e nella parte inferiore con il Vallone detto del Macchione. Nella proprietà non ci sono strade, ma soltanto un ingresso in essa attraverso la torre o torretta della città nello stesso luogo di Sant'Antuono". Attualmente il quartiere comprende una serie di edifici, inclusa la chiesetta omonima, che all'epoca non esistevano, mentre dalla Platea si evince chiaramente che le muraglie della città che delimitavano il quartiere si trovavano più a monte e che nella proprietà, di cui ignoriamo l'esatta ubicazione, si accedeva attraverso una torre. Localmente la zona era detta costa di Fazzari, dal nome dell'ultimo proprietario del maggior edificio che sorge nel quartiere di Sant'Antonio. La definizione costa è appropriata sotto l'aspetto geomorfologico, in quanto si tratta di un costone roccioso che si affaccia su un'area fortemente scoscesa. Il fatto che vi fossero delle mura e una torretta e non vi fosse alcuna strada fa supporre che all'epoca della descrizione il quartiere fosse scarsamente abitato e tuttavia ancora provvisto di strutture difensive. Se poniamo mente ai luoghi compresi nel quartiere predetto, e meglio ancora se li andiamo a vedere sul posto, ci accorgiamo che il quartiere è delimitato da un forte declivio, che partendo dall'attuale piazzetta Garibaldi 'precipita' verso il vallone che lo separa da Santa Maria. Il fatto che il quartiere fosse collegato alla Motta, fosse circondato da mura, che al suo interno vi fosse una torretta, e fosse sorto su un declivio che non offriva ulteriori spazi di edificazione, fanno propendere per un abitato originariamente destinato a presidio o prossimo ad esso. L'edificio di maggiore ampiezza, posto in posizione strategica, è quello comunemente chiamato palazzo Fazzari, ma in origine appartenuto alla famiglia Sanseverino1, come risulta dai documenti successivi al 1632, allegati alla predetta Platea. Allo stesso quartiere apparteneva un altro grosso edificio a monte, contiguo alla torretta e alla Motta: il palazzo Amodei. E` difficile stabilire 'ad occhio' la data di origine dei due edifici, anche perché l'occupazione da parte di quest'ultima famiglia di una porzione della Motta demaniale risale all'Ottocento. In entrambi i casi, comunque, è certo che gli edifici esistevano agli inizi del Seicento per cui la loro costruzione è databile almeno nel secolo precedente. Sant'Antuono non era un casale o casalino ma, con molta probabilità, nacque come area di acquartieramento del presidio denominato Motta, anche per la presenza di opere di consolidamento, come l'enorme barbacane o contrafforte alla base della cosiddetta torre dei Fazzari, non giustificabili sotto il profilo puramente residenziale-abitativo. Di casalini si parla in un atto di compravendita del 1209 relativamente all'area antistante la chiesa di San Giovanni, quindi a monte dello stesso palazzo Amodei, area che in base alla documentazione dobbiamo ritenere urbanizzata in periodo antecedente a quello dei citati edifici di Sant'Antonio Abate, che all'epoca doveva essere ancora un presidio militare. Osservando la planimetria della Motta si vede che gli edifici esistenti sono addossati al perimetro di essa, ad iniziare dall'antico seminario per concludersi con il citato palazzo Amodei. Un'interessante comparazione tra la nostra Motta e analoga area a monte di San Marco d'Alunzio è stata fatta dai dottori Osvaldo Gaudio ed Enrico Tassone, tramite la quale si può vedere l'utilizzo in chiave civile di luoghi entrambi nati per fini di difesa territoriale. Il nome del quartiere di cui sopra, Sant'Antuono, ovvero il Santo del porcellino, con tutto il retroterra pseudo-scientifico e fideistico legato all'uso del grasso per le guarigioni dell'Herpes Zoster, o fuoco di Sant'Antonio, non mi offre un appiglio valido ai fini di una datazione del quartiere, mentre un documento del 1097, facente parte delle Carte Latine pubblicate da Alessandro Pratesi, ci dice che ai confini del castello di San Marco esisteva la chiesa di San Nicola, ma non viene citato alcun casale, nè tanto meno troviamo un qualsiasi riferimento al predetto Santo o casale ad esso collegato. Un fatto è certo: nel 1632 la chiesa di Sant'Antuono non esisteva, tuttavia esisteva un quartiere con tale nome. Una spiegazione potrebbe essere la seguente: frequentemente nelle zone scoscese ai margini delle città e delle fortezze medievali, vi erano le porcilaie, dove venivano gettati gli avanzi e rifiuti di ogni genere. La presenza di maiali può aver dato luogo all'affidamento di essi ad un santo protettore. Potrebbe essere questa l'origine del quartiere? Nei secoli successivi al Seicento la parte alta del rione, quella a ridosso della Motta, prese il nome di quartiere Sir Andreace (probabilmente Gonzaga, o un Arduino), che si estendeva fino a Santa Caterina e dall'attuale piazzetta Garibaldi fino alla via Poerio, mentre la zona sottostante continuò a chiamarsi Sant'Antuono. Negli anni Sant'Antuono, compreso Ser Andreace 2, si unì al ben più popoloso quartiere del Critè, che includeva Capo delle Rose o le Rose. L'unione avvenne dapprima a monte tramite una strada detta Occidentale, oggi via Mirabello, quindi anche a valle, con la via del Fullone, dando luogo a quella estesa area che consideriamo oggi il centro storico più antico. In una prossima puntata vedremo di scoprire se i citati quartieri nacquero a seguito dell'abbandono degli abitanti dei territori a valle e, in particolare, se poteva esistere un'antica città. San Marco Argentano, 24 giugno 2023 Paolo Chiaselotti
1
"... in territorio eiusdem Civitatis loco dicto sotto Sant'Antuoni; finis est ab uno latere possessio
quae fuit D. Jaccini de Santo, ab alio latere menia sive muraglia Civ[ita]tis, a parte inferiori il Vallone
detto di Macchione, non adest via ex quacumque parte, sed solum introitum in ea per turrim seu torretta
Civi[ta]tis in ip[s]o loco de S.ti Antuoni"
2 Dalla platea delle Clarisse risulta che i Sanseverino possedevano la gran parte dello stabile, "... Brigadiere di Gendarmeria D.Giuseppe Sanseverino e Vincenzo de Pascale marito della sorella di Carolina (suor Chiara Maria Sanseverino al secolo Carolina), donna Raffaela Sanseverino, con ipoteca sopra di loro casa in S.Antonio Abbate, due camere, arcovo, mezzanile, cortile e giardino, confinante con stanza di Gaetano Fazzari" "La Platea delle Clarisse" (https://www.sanmarcoargentano.it/ottocento/seicento/platea_int.htm) |
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