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MELAZ E MARCO BOEMONDO (2° episodio)
Nell'episodio precedente Melaz aveva convinto le guardie a liberare e armare Boemondo e gli altri cavalieri cristiani per mandarli in aiuto del padre.
Immediatamente liberò i prigionieri, li fece uscire dal carcere e, armati, li mandò a combattere.Trovarono gli altri già impegnati nel combattimento, e con fiducia lanciarono il segnale di guerra dei Normani: Deus, adjuva! Di fronte al furore delle grida e dei colpi sferrati le schiere di Solimano vacillarono. Alcuni dell'esercito nemico erano Cristiani e avendo saputo che il condottiero era il famoso Boemondo, abbandonarono Solimano e si unirono con gioia ai Cattolici. Il figlio di Solimano, Marciban1, un giovane vigoroso, saputo che c'era Boemondo, lo chiamò a gran voce tra i guerrieri, dicendo che desiderava sfidarlo a singolar tenzone. Quando si ritrovarono, finalmente, al cospetto di Dalimanno, si scontrarono violentemente, ma il guerriero normanno atterrò il Turco ed, estratta la spada, gli troncò di netto la testa, mentre Dalimano gridava: «Risparmialo, è mio nipote!» Appena il guerriero cristiano udì tali parole, alla gioia subentrò un'espressione di dolore. Scusandosi rispose: «Perdonami, o signore, per ciò che ho fatto non sapevo che fosse tuo nipote. Colui al quale tolsi la vita per compiacerti credevo che fosse un nemico.» Compiute stragi da entrambe le parti, gli uomini di Solimano vengono sopraffatti, e per l'intera giornata l'esercito nemico li incalza nella fuga. I Cristiani, però, come concordato, tornarono immediatamente indietro, e trovarono davanti alla torre la loro signora che li aspettava con i suoi tesorieri. Subito disse ai custodi: «I Franchi sono senza dubbio leali e hanno mantenuto egregiamente la parola data. Andate da loro, disarmateli e riportateli nel luogo dov'erano. Mio padre al suo ritorno li ricompenserà del servizio prestato». In effetti i Turchi, allontanandosi, vollero assecondare gli ordini della ragazza, ma i Franchi entrarono assieme a loro e per precauzione chiusero i battenti con catenacci. Raggiunti senza alcun rumore tutti gli interni della torre se ne impadroniscono senza spargimento di sangue. La città era priva di uomini in armi, essendo tutti usciti per combattere e nelle case c'erano solo donne impaurite e bambini. La prigione era su un'altura fortificata, dove era conservata una gran quantità di tesori, suppellettili e risorse e il palazzo regale era unito alla stessa torre. La notte seguente, Melaz introdusse i Cristiani dalla rocca nella sala, mostrando loro le camere e le stanze segrete e suggerendo loro come comportarsi all'arrivo del padre. Questi, l'indomani, rientrò vittorioso con i suoi satrapi, tribuni e ottimati. La figlia gli corse incontro esultante assieme alle altre spose. «Ave» disse «glorioso trionfatore!» il quale, invece, le si rivolse furibondo: «Taci, sgualdrina da quattro soldi2. Non mi interessano i tuoi finti saluti e me ne frego3 delle tue ipocrite adulazioni. Sul sacro simbolo di Maometto, che mi volle vittorioso, domani ti farò rinchiudere assieme ai tuoi amanti. Sostituendoti a me hai consegnato le armi ai miei avversari, assieme ai quali, perfida traditrice, sarai divorata dalle fiamme. Finora ignoravo che i Franchi avessero rinchiuso i custodi nell'oscurità del loro carcere, e che saliti ai piani superiori, si vantassero di essere liberi e pronti, con l'aiuto di Cristo, ad insorgere». La fanciulla tremante e pallida fuggì via di corsa. Impaurita, si rifugiò nell'oscurità della sua tetra stanza. Dopo alcune ore, ancora furibondo, il principe Dalemanno convocò la corte: con lui c'era solo l'aristocrazia. Il resto della popolazione, le guardie e i rimanenti sudditi erano sparsi nelle diverse residenze, impegnati a sistemare armi, cavalli e quanto a ciascuno competeva. Dalemanno ordinò a tutti di guardare in ogni stanza e di portargli colei che aveva osato tradirlo. Mentre Melaz, portata al cospetto del tiranno fremente d'ira, ascoltava le terribili minacce miste ad improperii, sola e senza aiuto alcuno, Boemondo nell'interno della torre guardò dalla finestra e si dolse nel vedere la sua liberatrice sottoposta disperata ad un giudizio. «Guardate,» disse «la nostra soccorritrice è in una situazione disperata. Bisogna che usciamo da qui e andiamo ad aiutarla con tutte le nostre forze». Subito dopo, scendendo con precauzione per i gradini della torre, entrarono nella sala. Circondarono Dalimanno con tutti i suoi tribuni e i colleghi armati, chiusero le porte, impossessandosi di tutte le armi. Tutti, però, erano inquieti e indecisi sul da farsi. I turchi infatti, preclusa ogni uscita, non potevano andare da nessuna parte: inermi e in numero inferiore agli assalitori non potevano opporre resistenza. I Cristiani, invece, che avrebbero potuto uccidere tutti i pagani, per il giuramento fatto alla ragazza, non osarono ferire o far del male ad alcuno di loro, senza un ordine di lei. Tutti, pertanto, rivolsero lo sguardo sulla donna, in attesa di una sua parola, non volendo nessuno tradirne la fiducia. Nella prossima puntata sapremo come andò a finire !! San Marco Argentano, 7 maggio 2023 Paolo Chiaselotti
1Il suo nome non è documentato e non era, comunque, nipote di Dalimanno
2Orderico Vitale usa le espressioni pessima meretrix e 3 floccipendo ovvero dò scarso peso, da me interpretate nei modi sopradetti. Nell'immagine in alto un particolare (girato verso destra) di Perseo che pietrifica Phineas e i suoi seguaci di Luca Giordano (Wikipedia; Commons; Luca giordano, Perseo pietrifica phineas e i suoi seguaci, 1680-84 ca. 01.jpg) Testo consultato: "Patrologiae cursus completus: sive biblioteca universalis ...", Volume 188, di Jacques-Paul Migne 1853, "Historia ecclesiastica", Ordericus Vitalis, Tomus CLXXXVIII, pars III liber X cap. XXI, XXII, XXIII, pag.774 e seguenti (digitalizzato da Google) |
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