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L'ANTISTORIA

MARCO BOEMONDO ALLA CROCIATA- SETTIMO EPISODIO
Miniatura con scena di battaglia tra Turchi e Cristiani
Miniatura con scena di battaglia tra Turchi e Cristiani (da https://carnet-dhistoire.fr)

I CROCIATI SONO ACCAMPATI INTORNO AD ANTIOCHIA. TRA BATTAGLIE, SCORAMENTO, FUGHE E SPERANZE ...

GESTA FRANCORUM - LIBRO VI Cap.XIV
Nel capitolo XIV l'anonimo autore delle Gesta Francorum narra le sortite dei Turchi e gli scontri con i Crociati, accampati in prossimità del fiume Oronte. In uno di questi perde la vita il senescalco e vessilifero del Vescovo di Le Puy. Il morale dei Crociati sta lentamente declinando e molti di loro cercano da soli o a gruppi di abbandonare il campo.
Boemondo al rientro da una spedizione sul territorio al fine di procurare il cibo per la sua gente, ne incontra alcuni che apostrofa con parole di profondo disprezzo, prospettando loro una fine certa e ingloriosa.
Il risultato della spedizione non è confortante. A tirar su il morale a suon di quattrini ci pensano Armeni e Siriani, che esperti del territorio riescono a procurarsi alimenti e grano, venduti alla modica cifra di otto porporati per ciascuna soma d'asino, l'equivalente di centoventi denari. Chi non aveva nulla si tolse per sempre ogni ... peso dallo stomaco.

Guglielmo Carpentario, chi era costui? La persona il cui cognome ho estratto dalla forma latina Carpentarius (altri traducono il Carpentiere, ma sarebbe più corretto dire il Carrozziere, dato che carpentum era il carro) era visconte di Melun, oggi capoluogo del dipartimento di Senna e Marna nella regione dell'Île-de-France. Diceva di lui l'abate Guibert che Guglielmo finanziò le spese per la crociata con direptis contiguorum pauperum substiantolis, ovvero derubando i poveri vicini delle poche cose che avevano ("Storia delle Crociate" di G. Michaud, ed. Antonio Fontana, 1831, vol.I, lib.II, pag.143 - digitalizzato da Google). E con ciò abbiamo capito chi fosse Guglielmo il Carpentiere. Tuttavia, mi sorge il dubbio che l'appellativo possa essere una errata trascrizione dell'aggettivo 'capétienne' ovvero appartenente al ceppo Capet, di cui Ugo Capeto è il maggior rappresentante. Leggo, infatti, da un sito che si occupa di genealogie (https://www.geni.com/projects/Maison-de-Melun-House-of-Melun-France/16386) che il monaco Roberto autore di una Histoire de la terre Sante cita Guglielmo in quanto legato da parentela con detto Ugo.
Nel capitolo successivo apprendiamo che a Boemondo si era unito Pietro l'Eremita assieme ad un tal Guglielmo Carpentario. I due se la squagliarono nottetempo, ma Tancredi li riacciuffò e li riportò con grande disonore al campo dei Cristiani. Il racconto del cronista si sofferma minuziosamente sul pentimento e sul giuramento solenne fatto a Boemondo da parte di Guglielmo di continuare il cammino fino a Gerusalemme. Sta di fatto che passato qualche giorno se ne andò alla chetichella. L'autore cerca di dare una spiegazione: che cavaliere sei se non hai un cavallo? E, infatti, in tutto l'esercito di Boemondo sì e no se ce n'erano in tutto mille. Tutti gli altri si arrangiavano con cavalcature di fortuna.
Non sappiamo se Guglielmo Carpentario fuggì a piedi.

La situazione precipita e il tempo che si protrae senza alcun esito peggiora le cose. Tra gli alleati c'è chi ce la mette tutta per risolvere la situazione. Un generale bizantino di nome Tetigus, sapendo dell'approssimarsi di un grosso contingente di turchi, si offre per far arrivare dall'imperatore navi cariche di frumento, vino, orzo, carne, farina e formaggi, oltre a cavalli e alla promessa di impiantare nel campo un grosso mercato. Lascia in pegno il padiglione con tutte le sue cose inclusi i domestici. E parte. Inutile dire che essendo bizantino era "perfido e spergiuro" e non fece più ritorno.

I Turchi avanzano, Boemondo manda i suoi esploratori, i quali riferiscono che non c'è tempo da perdere: l'esercito nemico è vicinissimo. Boemondo affida a ciascun cavaliere comandante del proprio reparto il compito predisporre uomini e azioni per la difesa e l'attacco. "Fa' tutto tu, saggio e valoroso, tu grande e magnifico, tu arbitro delle guerre e giudice di battaglie. Tutto faccia capo a te. Fa' tutto ciò che ti sembra giusto e noi saremo con te" è la loro risposta. Boemondo non ci casca e ordina che ciascuno dei principi diriga per proprio conto la sua schiera. Se ne formano sei, di cui cinque predisposte per l'attacco e Boemondo nella retroguardia pronto ad intervenire.

Lo scontro è violentissimo, un clangore infernale, nugoli di dardi che oscurano il cielo, i Turchi che sembrano prevalere e i Crociati che arretrano. Boemondo, allora, disperato, chiama Roberto, figlio di Gerardo (Roberto II conte di Fiandra), e gli monta rapidamente la testa, spiegandogli succintamente il fine spirituale della guerra santa, quindi lo spinge nelle schiere nemiche convincendolo di essere un leone in un gregge di pecore. Risultato: il vessillo avanza sulle teste dei nemici come se avesse preso il volo. Gli altri Turchi vedendo il vessillo così profondamente all'interno delle proprie fila, temono il peggio, che puntualmente arriva alle loro spalle, prima di rendersi conto che si trattava di un incosciente convinto di essere un leone. Un fuggi fuggi generale verso la propria fortezza che, non ritenuta più un luogo sicuro, viene spogliata e quindi incendiata.

Armeni e Siriani, certi ormai della sconfitta dei Turchi, si buttano alle calcagna dei fuggitivi. Li inseguono per sentieri impervi, li stanano e ne uccidono quanti più possono.
Ovviamente a giudizio del cronista la cosa riuscì grazie al "nostro Signore Gesù Cristo, che con il padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli", mentre i cavalieri Crociati furono premiati con il recupero di molti cavalli e altre cose utili, che portarono con sé al campo assieme a cento teste di nemici. Queste ultime furono collocate ordinatamente dinanzi alla porta della città dove erano accampati gli emiri delegati di Babilonia.

Il cronista mette la data alla sua "corrispondenza" da Antiochia: era il giorno dedicato al dio della guerra, il martedì prima delle ceneri, ovvero il 10 febbraio del 1098.

Alla prossima puntata!


Continua la pubblicazione del testo integrale delle GESTA FRANCORUM, (sempre con traduzione in italiano a perdere), da cui ho tratto le notizie per l'episodio sopra riportato. Eventuali errori di traduzione o interpretazione vanno imputati sia alla mia età avanzata ma, soprattutto al fatto dche non sono né uno storico e né un latinista.
Il testo latino è reperibile ai seguenti indirizzi:
https://www.thelatinlibrary.com/medieval.html
https://www.documentacatholicaomnia.eu


San Marco Argentano, 21 luglio 2023

Paolo Chiaselotti


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