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L'ANTISTORIA

MARCO BOEMONDO ALLA CROCIATA - TREDICESIMO E ULTIMO EPISODIO.

L'assedio di Gerusalemme di anonimo 14° secolo. da Wikipedia

L'assedio di Gerusalemme. Autore anonimo, 14° secolo. Da 'De.Wikipedia'

QUEL CHE ACCADDE DOPO ESSERE GIUNTI A GERUSALEMME.

GESTA FRANCORUM - LIBRO X, cap.XXXVII - XXXIX.

I 'nostri' hanno raggiunto la meta tanto ambita: Gerusalemme e il suo Santo Sepolcro, obiettivo ufficiale della fanatica missione, conosciuta nei secoli a venire come prima Crociata.
Il capitolo XXXVII che introduce questa mia tredicesima e ultima puntata inizia con le seguenti parole:
"Remansit ipse illic cum gaudio, nos autem letantes et exultantes, usque ad ciuitatem Hierusalem peruenimus feria tertia, VIII idus Iunii,"
Chi rimase con gioia là dove lo avevano lasciato era un tale appena nominato vescovo di una città abbandonata. Il resto dell'esercito e dei pellegrini giunse a Gerusalemme. Era il sei giugno del 1099, un martedì. Il giorno successivo sarebbe iniziato l'assedio.
Il cronista ci spiega dove si posizionarono i vari comandanti con i rispettivi eserciti. Ovviamente tra costoro non c'era più il nostro concittadino, Marco Boemondo, il quale come abbiamo appreso dal precedente episodio, aveva fatto rientro nella sua Antiochia, fregandosene del cammino gerosolimitano, del santo sepolcro e delle belle promese fatte al momento della partenza per la Terra Santa.
Arrivati a questo punto, mi verrebbe da chiudere ogni altro riferimento alla Crociata, venendo a mancare il protagonista principale, ma mi sembrerebbe una grande scortesia verso l'anonimo compilatore delle 'Gesta', e soprattutto verso i pochissimi lettori che hanno avuto la curiosità di conoscere nei dettagli l'antistoria della prima Crociata.

Ecco lo schieramento con cui i Crociati assediarono la città santa: Roberto il Normanno a nord, sul lato dove fu lapidato Santo Stefano, ad est il conte di Fiandra, ad ovest Goffredo di Buglione e Tancredi, a sud il conte di Sant'Egidio vicino al luogo dove si tenne l'Ultima Cena.
L'inizio sembra promettere bene: il venerdì uno scontro all'esterno si risolve con la cattura di trenta cavalli, il martedì le mura vengono prese d'assalto, ma l'assedio si dimostra più difficile del previsto. Come al solito sete e fame sono i peggiori nemici. Sembrava uno scherzo, ma dopo dieci giorni le uniche fonti per dissetarsi sono le vene dei cavalli flebotomizzati o la liberalizzazione delle opere di Misericordia e in particolare quella 'dar da bere agli assetati' a prezzi di mercato! Nel porto di Giaffa le navi con i rifornimenti sono messe sotto stretto controllo, segno che qualcuno aveva mal interpretato il Deus Vult, vendendo le provviste a caro prezzo.
L'operazione controllo navi e derrate fu affidata a Raimondo Pileto, Accardo di Mammelou e Guglielmo di Sabra con cento uomini. Trenta di loro si staccano dal gruppo e, tu guarda la jella, si imbattono in settecento arabi-turco-saraceni e ci lascia la pelle il Mommelou con dei poveri fanti. A cose fatte arriva, avvertito da un messaggero, il resto del plotoncino che con la raccomandazione del Signore mette in fuga quella turba di nemici. Come al solito gli effetti si misurano in numero di cavalli sottratti all'avversario: in questa occasione sono la bellezza di centotre cavalli. Voglio ricordare al lettore che stiamo parlando di una guerra e non di una partita a scacchi.
Si ripresenta la sete, la brutta bestia che, assieme al nemico in agguato presso ogni sorgente, è quella che può decidere le sorti di una battaglia. Grandi otri di pelle cucite per l'occorrenza e riempite d'acqua, che in breve diventa fetida e puzzolente, erano la riserva che i Crociati si portavano dietro per sopravvivere.
Intanto nei cantieri aperti sotto le mura di Gerusalemme si preparano le macchine da guerra, tra cui due grandi torri di assalto e altre micidiali attrezzature. Coloro che sono appassionati di definizioni, aggiungano al proprio dizionarietto dei termini medievali castra lignea termine con con cui venivano chiamate le predette torri. Non ci crederete ma come sempre spunta la sete e come per incanto un cristiano che la spegne alla modica cifra di un soldo a bevuta. Io non lo so come la prendevano gli altri crociati intenti a tirar su macchine, ma in aggiunta all'acquaiolo si presentavano vescovi e sacerdoti a ricordar loro con predicozzi e rimproveri di fare la processione intorno alle mura, di pregare, digiunare e fare l'elemosina. Non saprei dire se esistesse già un'epressione latina del tipo Ite ad in culo faciendum o se nacque per l'occasione, visto che i sacri riti venivano proposti ogni qualvolta carpentieri e soldati erano intenti a spostare le pesanti macchine da guerra per assalire la città. Son cose inenarrabili, che si possono solo immaginare.
Ciò che fu, a detta del cronista, decisivo per la presa di Gerusalemme fu la scelta dell'ora X, ovvero quella della morte sul patibolo di Nostro Signore. Il primo a scavalcare le mura -segnatevi il nome- fu un tal Letoldo (Laetholdus) al seguito dei fratelli Goffredo ed Eustachio di Buglione, che doveva essere a dir poco mostruoso, visto che al suo solo apparire tutti i difensori scapparono dalle mura nella città, inseguiti dai Crociati buglionesi fino al Tempio di Salomone. La strage che ne seguì fu tale che il sangue versato sciabordava sulle caviglie dei macellatori.
Il conte Raimondo di Sant'Egidio sul lato sud, quello prospiciente il luogo dove si tenne l'Ultima Cena, incontrava qualche difficoltà a causa del profondo fossato sotto le mura che gli impediva di accostare le torri. Un soldo ogni tre pietre, di quelle grosse, gettate nel fosso, risolse la situazione. Avendo saputo che altri erano già entrati in città prima di lui, se la prese con i poveri portapietre, quando d'un tratto un emiro che stava sulla torre di David, o attratto dai soldi che vedeva scambiati uno a tre con delle pietre, o per infamia, fatto sta che fece in modo che anche Raimondo potesse fare la sua bella carneficina assieme ai bravi pellegrini, aprendo loro la porta della sua torre. I pagani, donne e uomini, si erano andati a rifugiare nei piani superiori del Tempio di Salomone. Tancredi, anch'egli entrato in città pensò di affidare loro i propri stendardi a dimostrazione che quel tempio era suo, ma la turba di scalmanati non ne volle sapere, occupati a prendere quanto potesse servire a soddisfare gli appetiti della bisaccia, ovvero oro, argento e altri preziosi. Saliti in cima al tempio, gli ossessi si trasformarono in boia senza misericordia. Tancredi ci restò parecchio male (hoc videns Tancredus iratus est nimis). Rimorso? Macché, solo risentimento perché altri avevano invaso la sua riserva.

Una riunione dei capi, un acconto da parte di ciasuno di loro all'erario Sacro, la scelta di un re per la città conquistata, l'accatastamento dei cadaveri dei Saraceni fuori le mura in enormi pire, grandi quanto una casa: questi i principali passaggi nell'immediato post-bellum.
In merito al secondo punto, otto giorni dopo la presa di Gerusalemme, avvenuta venerdì 15 luglio, Goffredo di Buglione fu eletto principe di Gerusalemme (il titolo di re gli parve un'usurpazione sacrilega). Fu eletto pure un patriarca nella persona di Arnolfo, uomo di tutto rispetto e di sconfinata cultura. Era il 1° agosto, giorno di San Pietro in Vincoli.
Il sultano che con i suoi fedelissimi era stato scortato sano e salvo fino a Scalona, non seppe comprendere l'implicito invito a farsene una ragione, ma si mise in testa di riprendere le ostilità. È ovvio che la sua iniziativa non sarebbe mai potuta riuscire, non fosse altro perché ce lo dice la storia, dalla quale neppure gli antistorici possono prescindere!
Si tratta dell'ultimo tentativo dei fatimidi di riprendersi Gerusalemme e l'epilogo dell'impresa che sancirà il dominio delle potenze occidentali sul medio-oriente. Vale la pensa leggere qualcosa in merito, anche perché, purtroppo, noi sammarchesi con l'assenza di Boemondo mancammo all'appuntamento con la storia, mentre il vescovo di Marturano fu lì presente, pur se con avversa fortuna.

Si tratta di una delle battaglie più famose anche perchè con essa si conclude la prima Crociata. Vediamo come ce la racconta il 'nostro inviato speciale', ovvero l'autore delle 'Gesta Francorum'.
Durante una sortita nel territorio circostante con lo scopo di occupare anche un'altra città che si era arresa, Tancredi ed Eustachio, raggiungendo città vicine si imbattono in molti arabi armati, avanguardie di un esercito che il sultano di Babilonia, relegato a Scalona, stava preparando per riconquistare i propri territori. Vengono avvisati del disegno Goffredo e il patriarca che si trovavano a Gerusalemme, affinché accorressero a dare man forte contro l'incombente minaccia. Roberto di Fiandra e il vescovo di Marturano si accompagneranno a loro. Dubitando del presunto pericolo, il conte di Sant'Egidio e Roberto il normanno non si mossero in un primo tempo da Gerusalemme, ma alla fine uscirono anche loro. Il vescovo di Marturano, mandato a Gerusalemme per un ulteriore reclutamento di uomini, fu catturato dai Saraceni. Pietro l'Eremita, in città, convinse chierici greci e latini a prendere le armi. Inutile dire che prima di queste, ci furono processioni, preghiere, messe ed elemosine. L'appuntamento di tutte le forze cristiane fu stabilito sulle sponde di un fiume presso Scalona, dalle cui porte inspiegabilmente uscirono animali di ogni specie e razza. I Crociati provvidero immediatamente a farli propri, scoprendo troppo tardi che dietro gli animali c'erano Arabi pronti ad assalirli. Il patriarca di Gerusalemme, capì la strategia e ordinò che in futuro nessuno osasse razziare qualsiasi bottino prima della battaglia, rassicurando tutti che sarebbero ritornati vincitori, felici e ricchi, con la benedizione di Dio.
Ognuno dei comandanti diede ordini e istruzioni ai propri uomini e concordemente predisposero gli schieramenti per lo scontro. I pagani sul fronte opposto erano preparati ad ogni evenienza, forniti anche di una borraccetta appesa al collo per dissetarsi in caso di prolungato inseguimento.
Il cronista si sofferma su particolari che altri trascurano, come la palla aurea in cima alla lancia argentea tenuta dal sultano. Il conte di Normandia la adocchia e si scaglia contro di lui per prendersi il prezioso trofeo. Riesce nell'intento, ferendo gravemente il sultano. Il cronista non dice quanti fossero i nemici, lasciando il loro numero all'Unico in grado di contarli. L'esito dei ripetuti scontri, degli assalti all'accampamento e della battaglia finale vede i pagani darsi alla fuga, arrampicandosi finanche sugli alberi e il sultano, di fronte alla disfatta, in lacrime davanti alla città, non darsi pace al pensiero che le sue truppe gloriose e storiche siano state sconfitte da gente con addosso la bisaccia dei mendicanti. Conclude, sconsolato, che il disonore lo marchierà in eterno.
E i nostri? Siamo nel pieno della valutazione del bottino più prezioso: venti marchi d'argento vale lo stendardo conquistato dal conte di Normandia, donato al patriarca per il Santo Sepolcro, sessanta bisanzi la spada. Mentre il nemico fugge a vele spiegate i cristiani infilano nelle loro bisacce oro, argento e altre ricchezze, comprese le armi sottratte ai nemici, il tutto sistemato sulle some degli animali catturati. Il resto veniva dato alle fiamme.
Era il 12 agosto 1099 e la storia si chiude con il ringraziamento al Signore e la sua glorificazione. Ognuno dica Amen, conclude il cronista.

In appendice alla storia c'è una descrizione di Gerusalemme e dei luoghi santi all'interno e all'esterno della città, che evito di inserire, considerato che ognuno può andare a leggerli nella trascrizione integrale e traduzione sotto indicate.

QUI FINISCE LA STORIA DI 'BOEMONDO ALLA PRIMA CROCIATA' CHE HO TRATTO DALLE 'GESTA FRANCORUM' SCRITTE DA UN AUTORE ANONIMO INTORNO AL 1100.


Note:

Attraverso il link sottostante troverete, come sempre, il testo integrale di questo episodio con la traduzione a lato. Nel caso il lettore notasse eventuali errori di traduzione o interpretazione sappia che con la fine della storia si estinguono le colpe di ogni genere.
GESTA FRANCORUM - LIBRO X

Il testo latino è reperibile al seguente indirizzo:
https://www.thelatinlibrary.com/medieval.html


San Marco Argentano, 11 settembre 2023

Paolo Chiaselotti


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