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MARTINO DI CIANNI ANGELINA
nel ricordo di un suo alunno di scuola elementare

Testimonianza del prof. Franco Ammenda in occasione del Memorial promosso dalla sezione del Centro Italiano Femminile di San Marco Argentano
4 novembre 2012


Angelina Di Cianni Martino La signora Angelina è stata mia maestra nella scuola elementare di Iotta per due anni scolastici: 1952/53 (alunno di seconda) e 1953/54 (alunno di terza). Allora ero un bambino di sette e otto anni. Le classi erano miste e si trattava di un gruppo pluriclasse: in tutto il plesso c'erano due aule e due insegnanti. I locali erano in mattoni di creta e paglia, casolari «sgarrupati» direbbe oggi il maestro napoletano Marcello D'Orta, autore di «Io speriamo che me la cavo».

Questa situazione precaria sotto diversi aspetti (la seconda guerra mondiale era finita da pochissimi anni) non impediva lo svolgimento delle attività didattiche e l'apprendimento di quanto prescritto dai Programmi Ministeriali del 1945, vigenti in quel periodo: si parlava di "scuole nuove" e di pragmatismo.

Ricordo benissimo la figura di una giovane maestra, esile e attiva, gentile e garbata; riservata, ma in rapporto cordiale con la gente del luogo, un ambiente di contadini, con l'animo buono ed il cuore aperto. Cortese e dolce nel porgersi con noi bambini: perfetta educatrice, simile ad una mamma con i suoi figli. Ricordo che ci chiamava vicino a sé in caso di difficoltà; nelle giornate fredde ci invitava a scaldarci le mani all'unico braciere, del quale non era padrona egoista e gelosa.

Mai usati mezzi coercitivi o punizioni corporali con gli alunni; i suoi erano sani metodi psico-pedagogici: ciò prova che lei era a conoscenza delle più moderne metodologie, sia in campo didattico, che relazionale. Eppure a quei tempi (e non soltanto allora) c'erano maestri particolarmente incompetenti nel campo pedagogico e soprattutto nel rapporto con gli alunni. A Iotta, in quegli anni, c'era un maestro siciliano, poco umano e molto rozzo nei suoi comportamenti (non credo avesse mai letto una pagina del galateo pedagogico). Metodi violenti e allucinanti erano i suoi: staffilate, sbattute di testa contro il muro o la lavagna, calci, sollevamento da terra, per le orecchie, fin sul banco, sosta sotto la pioggia a bagnarsi e prendere freddo ... Terrore e tanta paura.

L'aula della signora Martino, invece, era un'oasi nel deserto, un angolo di Paradiso, dove restare tranquilli e sereni, in compagnia di altri bambini «fortunati» per avere come maestra una persona fine e gentile; il tempo scolastico un momento di pace dopo un viaggio a piedi tra il fango, sotto la pioggia, con il freddo e il vento, senza giacca anti-vento o scarponi all'ultima moda.

Pagella della classe seconda 1953 La signora Angelina, in compagnia della sua inseparabile Elvira, era sempre presente in classe, non ci lasciava mai soli. Non andava per le case a scaldarsi al caminetto, a fare taglio e cucito, a preparare maccheroni e polpette (qualcuno andava a caccia di uccelli e donzelle, dopo aver lasciato i compiti sulla lavagna). Non si tratta di barzellette, ma di storia della scuola di alcuni plessi del nostro territorio.

La maestra Martino, invece, era educatrice di piccoli-grandi gesti. Azioni che qualificano le persone e che lasciano un lieto e grato ricordo nella memoria di chi è vissuto con loro. Quanto detto è ben stampato nella mia memoria come prova di quegli anni di scuola elementare.

Ora da adulto, come accennato in precedenza, mi sento in dovere di fare una riflessione. Se la maestra si comportava così, era soltanto dovuto al suo carattere e alla sua gentilezza d'animo? Credo di no. Penso vi siano anche ragioni culturali e formative. Angelina, oltre ad essere una maestra buona, era professionalmente preparata, conosceva quelle che oggi chiamiamo «scienze umane» e cioè la didattica, la metodologia, la pedagogia, la psicologia, fondamento dell'azione di ogni operatore scolastico.

Con la mia maestra non ci siamo mai persi di vista. Lei non si è mai dimenticata di me. Ha continuato a seguirmi lungo l'iter formativo-professionale e nei percorsi della vita. Sempre contenta: quando ha saputo del mio diploma (diceva: «Ora siamo colleghi»), del concorso superato, della laurea, del matrimonio, dei figli e di altri obiettivi raggiunti.

Professionalmente preparata, persona dal volto sereno e dal cuore buono, maestra di profonde doti umane. Questo in sintesi il mio disinteressato ricordo di un'insegnante del mio corso di scuola elementare.

 
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