La tradizione vuole che l'anno bisesto sia anche anno funesto, ovvero che il ventinove febbraio porti iella.
Immaginiamo che cosa dovrebbe accadere se febbraio avesse trenta giorni!
Cosa impossibile, direte voi. Eppure se fate una piccola ricerca su Internet scoprirete che il calendario
di due Paesi ebbe trenta giorni a febbraio, e precisamente nel 1712 in Svezia e negli anni 1930 e 1931
nell'Unione Sovietica.
Il caso di San Marco, se realmente ebbe luogo, fu completamente ignorato dagli storici, eppure aprendo
il libro dei matrimoni dell'anno 1851 possiamo leggere che non una, ma addirittura due coppie si sposarono
il trentesimo giorno di febbraio!
C'è un detto in Calabria che premia intraprendenza e volontà con l'espressione:
"
dove abbiamo fatto trenta facciamo trentuno", che a me ricorda i giorni mensili,
ma non ho mai sentito dire qualcosa di simile riguardo agli anni bisestili,
che pure sarebbero stati degni di maggior attenzione.
Fatto sta, per ritornare al caso citato, che Raffaele Angelico e Isabella Patitucci e, a seguire, Vincenzo de
Cola e Clementina Arcuri si presentarono dinanzi al sindaco Giuseppe Candela per essere uniti in matrimonio
il trenta febbraio dell'anno 1851. Siccome la data è scritta con chiarezza su un documento ufficiale,
non una, bensì due volte, non possiamo dubitare che a San Marco ci fu un febbraio di trenta
giorni.
Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di uno, o per essere pignoli di due errori commessi da chi
ha compilato gli atti. E sia! ma il fatto che essi siano stati firmati dalla massima autorità del paese,
il sindaco, conferisce a quell'errore una ufficialità che travalica ogni convenzione in fatto di
scansione dei cicli solari e stagionali. Infatti, alla domanda posta agli sposi da qualunque cittadino o autorità
sulla data delle loro nozze, costoro non avrebbero potuto dire altro che si sposarono il trenta
febbraio, a meno che l'atto non fosse stato successivamente corretto o integrato, cosa che non avvenne.
C'è, inoltre, un aspetto della vicenda che non va sottovalutato. Il 1851 non era un anno bisestile,
per cui la data del 30 febbraio aumentava di ben quarantotto ore il ciclo solare, ponendo una piccola
cittadina della Calabria Citra, ovvero San Marco, al di fuori da ogni convenzione internazionale nella
misurazione del tempo.
Mettiamoci per un attimo nei panni di queste povere coppie, che pur essendo analfabete, avranno avuto
modo di riferire a qualcuno il giorno del loro matrimonio, ed essendo a conoscenza senza alcun dubbio che
gli anni bisestili erano portatori di sventura io immagino quale sarà stato il loro terrore nell'apprendere
che essa, la sventura, si fosse estesa ancora di più.
È facile dire: tutte sciocchezze. Vincenzo de Cola dopo un anno rimase vedovo di Clementina,
appena diciottenne. Non andò meglio all'altro sposo, Raffaele Angelico, morto dopo quattro
mesi dalle nozze.
L'aspetto più intricato di tutta questa vicenda non sta nella iella, ma nella validità dell'atto:
se il giorno trenta di febbraio non esiste è come dire che nessun evento può essere
avvenuto, né può tantomeno dichiararsi avvenuto in quella data, motivo per cui gli sposi
non erano tali. Si sarebbe salvato solo il matrimonio religioso di Vincenzo de Cola e Clementina Arcuri,
l'attestazione del quale, scritta in fondo allo stesso atto a firma del parroco Polignani, porta la data del
due marzo.
Agli effetti pratici quella insolita data rimase priva di importanza e non ebbe neppure bisogno di essere
corretta, in quanto gli effetti del matrimonio si interruppero per la morte di uno dei contraenti in ciascuna
coppia e per la mancanza di figli.
Da un punto di vista storico-aneddottico, visto che gli sposi superstiti si risposarono, i loro discendenti
potrebbero raccontare questa curiosa circostanza avvenuta nel lontano 1851, quando a San Marco
ci fu un trenta febbraio -unico al mondo- di cui un loro avo fu diretto protagonista.
S.Marco Argentano, 6 febbraio 2024
Paolo Chiaselotti