LA CHIESA DI SANTO STEFANO.
Dov'è?
Non esiste. Esistono con tale nome una piccola strada senza uscita e
un cognome, abbastanza diffuso. Nient'altro. Fino a poco tempo fa c'era una targa
con l'indicazione via Santo Stefano poi rimossa, ma prima di diventare una semplice via,
Santo Stefano era una contrada, documentata fin dal Seicento nella cosidetta
Platea delle Clarisse. La contrada continuerà ad essere citata
nell'Ottocento e fino agli anni Sessanta del secolo scorso nei registri di nascita e
di morte.
Il toponimo, però, è molto più antico. Esso compare
in un diploma risalente al 1100 in cui Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, conferma
e amplia le donazioni fatte dal padre all'abbazia della Matina.
"
Concedimus ..., et ecclesiam Sancti Stephani
cum hominibus et pertinentiis suis et ecclesiam Sancti Nicolai iuxta civitatem Sancti
Marci."
Poichè il documento contiene un elenco di chiese sparse in vari territori,
potrebbe sorgere il dubbio che solo San Nicola fosse in territorio di San
Marco, ma i nomi delle chiese citate prima di Santo Stefano,cioè
ecclesiam
Sancte Venere et ecclesiam Sancti Benedicti et ecclesiam Sancti Felici et ecclesiam
Sancti Iohannis, sono tutte legate da una congiunzione e comprese nel
territorio
castelli Sancti Donati. La virgola che conclude tale elenco e la congiunzione tra
ecclesiam Sancti Stephani e Sancti Nicolai non lascia dubbi che Santo Stefano si trovasse
a San Marco.
Quattordici anni più tardi il figlio di Ruggero, Guglielmo, conferma con un secondo
diploma le donazioni del padre, tra le quali la chiesa di Santo Stefano a San Marco.
Ma dove sorgeva questa chiesa?
Certamente nella contrada che nei vari secoli continuò a chiamarsi con quell'appellativo.
Se dovessimo ubicarla rispetto ai limiti attuali della contrada Santo Stefano non potremmo che
individuarla in uno dei pochi edifici siti nella omonima strada, il più antico dei quali
è il cosiddetto casino Patitucci, già Curatolo e ancor prima Valentoni.
Ma davvero la zona di Santo Stefano in origine era così ristretta?
Bisognerebbe sapere quali fossero i suoi confini. Oggi sappiamo che l'area confina con la contrada
Santa Venere e con la vasta area di pertinenza della chiesa di San Francesco di Paola che comprende
un seminario, vari edifici, campi da gioco e aree verdi. L'area antistante la chiesa è
una pubblica piazza e sul confine a mezzogiorno si trova la scuola elementare, ma tali aree erano
in origine tutte comprese nella contrada San Francesco, la quale, come si evince da vari documenti,
si estendeva fino a Catuccio, dove oggi sorge la scuola media, e a valle fino all'attuale strada
intitolata a monsignor Ernesto Castrillo, un tempo chiamata
l'orto dei monaci.
Ma prima ancora che nascesse l'ordine fondato da San Francesco di Paola, qual era il nome della contrada?
Salvatore Cristofaro nella Cronistoria della Città di San Marco Argentano afferma che
sull'area dove sorse la chiesa esisteva un ospizio e che i finanziatori del nuovo monastero dei
cosiddetti Paolotti furono le famiglie Gonzaga, Amodei e Valentoni, i quali nei primissimi
anni del Seicento misero a disposizione della comunità religiosa parte dei vasti possedimenti
che avevano in prossimità del paese. Il Cristofaro non fa menzione di alcuna contrada,
perchè molto probabilmente quel territorio faceva parte della zona oggi confinante,
ovvero Santo Stefano.
È lecito supporre, quindi, che quell'antica chiesa di Santo Stefano, citata nei diplomi di
Ruggero e del figlio Guglielmo, sorgesse proprio nell'area in cui nel Seicento fu costruita
la chiesa di San Francesco o il convento. La presenza, infatti, di preesistenti edifici, anche ruderi,
rappresentava a quei tempi un'importante risorsa da utilizzare, sia mediante ampliamenti, che impiego
dei materiali. C'è un altro aspetto da tener presente. Entrambe le costruzioni erano destinate
a fini religiosi, per cui lo sfruttamento di un'area su cui sorgevano i ruderi dell'antica
chiesa di un protomartire cristiano non contrastava con l'edificazione di un nuovo tempio.
Resta da chiederci di chi fosse la chiesa di Santo Stefano donata al monastero di Santa Maria della
Matina dagli eredi del Guiscardo, assieme agli uomini che vi abitavano e alle sue pertinenze, e da chi fu
edificata.
Potrebbe trattarsi di un cenobio bizantino, considerando che un privilegio del 1067 di papa Alessandro
II dava il potere al Guiscardo di trasformare i monasteri dei monaci greci in monasteri latini con la
benedizione dei Santi Pietro e Paolo (
potestatem dedimus praephato duci ut de monasteriis
Grecorum monachorum ædificaret Latina monasteria cum benedictione et cum auctoritate
beatorum apostolorum Petri et Pauli).
Se così fosse dovremmo trovare, anteriormente ai due predetti diplomi, qualche documento che
faccia riferimento ad una chiesa di Santo Stefano in territorio di San Marco.
Quali altri documenti parlano di donazioni fatte all'abbazia della Matina? Sono due,
un Precetto con cui Roberto il Guiscardo e la moglie dedicano alla Vergine la chiesa che
hanno fatto edificare nella stessa abbazia e un diploma con cui dispongono quali sono i beni
territoriali che essi donano al monastero di Santa Maria della Matina. Entrambi datati 1065.
Purtroppo, però, in essi non esiste alcun riferimento alla predetta chiesa di Santo
Stefano, bensì, per quanto riguarda il territorio di San Marco, si parla di un'abbazia
di San Nicola con a capo un tal abate Clemente e di una chiesa di Santa Venere
cum casale,
vineis, terris et silvis, in castello Sancti Marci.
I casi sono due: o la chiesa di Santo Stefano fu costruita tra il 1065 e il 1100, e quindi
non si trattava di un cenobio bizantino, oppure essa era la chiesa di Santa Venere.
Viene da chiedersi perchè, se quest'ultima ipotesi fosse vera, la chiesa a distanza di
mezzo secolo cambiò denominazione? E se fossero state due distinte chiese perchè
la chiesa di Santa Venere non compare nei due diplomi successivi? Che fine aveva fatto?
La spiegazione potrebbe venire dal nome alquanto inverosimile di tale santa, un nome palesemente
pagano, sostituito con quello decisamente più cristiano di Santo Stefano. Comunque sia
andata, a distanza di dieci secoli entrambi i nomi delle predette contrade continuano ad esistere.
I documenti citati fanno parte della raccolta Carte Latine di Abbazie Calabresi
provenienti dall'Archivio Aldobrandini di Alessandro Pratesi, 1958, Biblioteca Apostolica Vaticana
San Marco Argentano 20.5.2021
Paolo Chiaselotti