NUOVA DI PASQUA.
Spero vivamente che la mia frenesia di portare alla luce eventi nascosti entro gusci di storia di secolare spessore
non mi arrechi un giorno qualche amara e inaspettata sorpresa. Mi riferisco ad un atto di comparizione dinanzi
alla magistratura per aver profanato la "privacy" di qualche protagonista dei miei periodici racconti.
Non voglio neppure pensarci e confido nella benevolenza di quella parte della corte familiare che riguarda la
giovane protagonista della storia odierna, sapendo che si tratta di persone intelligenti, lungimiranti e per
nulla rancorose.
Concetta Credidio il giorno di Pasqua del 1825 si sposò ed ebbe una figlia. Tu guarda la concidenza: quasi
lo stesso giorno in cui ricorre oggi la stessa festività, allora era il tre e oggi è il quattro!
Ma come il lettore attento avrà notato, non è questa la coincidenza che desta meraviglia, bensì
quella della nascita di una figlia a poche ore dal matrimonio dei genitori.
Immaginate. Il giorno di Pasqua di allora, quando le campane suonavano a festa in pieno giorno, vedere una sposa
uscire dalla chiesa con il suo bel pancione pronto a dare un senso alla vita e il marito premuroso al suo fianco
che la invita a fare la massima attenzione. E poi, ovviamente in altro luogo, ecco levarsi l'annuncio festoso
È NATO, È NATO.
La sorpresa, che oggigiorno è stata anticipata dalla possibilità di conoscere anzitempo cosa contenga
l'uovo, era contenuta allora nel seguito dell'annuncio, che in questo caso fu un laconico: È FIMMINA!
Eh, già, perché in quegli anni non si usava neppure anteporre un articolo, pesava solo il genere.
Voi lettrici e lettori più grandicelli, che avete avuto esperienze dirette o indirette di creature messe al mondo,
penso che stiate riflettendo su come quest'ultimo -il mondo- sia cambiato, nelle attese e negli eventi. In fondo,
però, la sostanza non cambia, oggi come allora c'è sempre la curiosità di sapere cosa ci sia dentro
l'uovo.
Devo dire che il marito di Concetta ce la mise tutta per ridurre i tempi canonici dell'attesa. In un solo giorno,
Pasqua per giunta, fu coniuge e padre. Ma chi era e da dove veniva quest'uomo? Credo di poter dire che non lo
conosceva nessuno, o pochi, anzi pochissimi, visto che era nato a Piano di Sorrento. Sapete che cosa faceva?
Il falegname e, cosa di non poco conto a quei tempi, sapeva anche leggere e scrivere, in quanto firmò
entrambi gli atti che lo videro sposo e padre nel giro di poche ore: Michele Paturzo.
Gli sposi erano appena maggiorenni, lei Concetta diciotto anni appena compiuti, lui Michele di un solo anno più
grande. Il padre di Concetta, Filippo Credidio, uno speziale manuale e anche caffettiere-cioccolataio, era morto
quando Concetta aveva appena dieci anni. Della madre tranne nome e casato non sappiamo nulla, nè troveremo
alcun seguito della sua vita, mentre sappiamo che il figlio Giuseppe darà origine al ramo dei vari discendenti
Credidio presenti a San Marco fino ai tempi nostri.
A fimmina partorita il tre aprile del 1825 fu chiamata Maria Carolina, con l'aggiunta di Pasqualina a ricordo
del giorno della nascita. Perché fu scelto proprio questo nome? Il nome Carolina era abbastanza diffuso
nel corso dell'Ottocento perchè traeva origine dai nomi di ben due regine di Napoli, Carolina d'Austria moglie
di Ferdinando IV di Borbone e Carolina Bonaparte moglie di Gioacchino Murat. Certamente a scegliere il nome fu il
padre, Michele Paturzo, detentore del "diritto di nomina", e la sua vicinanza alla Capitale poteva essere
motivo di maggior devozione per i membri della corona, senza tener conto delle contese politiche. Nell'atto di morte
del padre di Michele, Agostino Paturzo, avvenuta a San Marco nel 1829, risulta che anch'egli era falegname come
il figlio ed era nato a Napoli.
Non sappiamo perché una famiglia completamente di provenienza campana -la madre di Michele si chiamava
Fortunata Gargiulo- si fosse trasferita a San Marco, visto che non abbiamo mai incontrato altro cognome Paturzo o
simile. Troviamo, invece, registrato a San Marco il cognome materno, nella persona di Rosa Gargiulo, moglie di
Giuseppe Valentoni, e madre di Ignazio Valentoni nato intorno al 1758. Ancora oggi i cognomi Paturzo e Gargiulo
sono presenti nel comune di Piano di Sorrento, per cui non possiamo escludere che gli sposi
anzidetti possano essere giunti a San Marco per qualche lontano legame di parentela con Rosa Gargiulo Valentoni.
Concetta Credidio e Michele Paturzo avranno un'altra figlia, Maria Giuseppa, l'anno successivo alla nascita della
prima figlia, dopo di che i loro nomi scompariranno dai registri anagrafici e dello stato civile, lasciandoci
l'interrogativo sul perché l'intera famiglia abbandonò San Marco e dove andò a finire.
Se fosse vero che la loro presenza a San Marco fosse dovuta alla famiglia Valentoni e in particolare a Rosa Gargiulo,
non è escluso che la cosa possa aver destato più di una perplessità nella San Marco "bene"
dell'epoca. Del resto una supplica di Giuseppe Valentoni alla Real Casa per l'ammissione del proprio figlio Michele
al Regio Collegio fu oggetto di un'indagine accurata su origini, nobiltà e beni del richiedente,
come testimoniato da documentazione di Amedeo Miceli di Serradileo*. Il cognome della madre di Michele fu
modificato in Gargivoli, difficilmente collegabile al più popolare Gargiulo, il che fa supporre che quel
matrimonio aveva sollevato seri dubbi sulle origini nobiliari di donna Rosa Gargiulo e di conseguenza sulla
affidabilità della famiglia di don Giuseppe Valentoni. A conferma di ciò il documento
citato riferisce che i fratelli di Giuseppe, Luigi e Cesare, erano già ufficiali di Sua Maestà, il secondo
addirittura con funzioni di Guardia del Corpo Reale.
Se la causa dell'allontanamento di Michele Paturzo e dei suoi familiari fosse collegata a dissapori insorti dopo
la morte delle due Gargiulo non è certo, ma possibile, considerato che San Marco e le sue famiglie
menavano vanto secolare di origini illustri. E doveva essere proprio intollerabile che un Michele qualsiasi
figlio di una Gargiulo si mettesse alla pari di un blasonatissimo Michele con lo stesso cognome materno, raggiungendo
l'impudenza di dare lo stesso nome della defunta Regina alla propria figlia!
*
Settecento Calabrese di Franz von Lobstein
L'immagine di apertura è un ritratto di Maria Carolina d'Asburgo-Lorena eseguito da
Jean-Étienne Liotard (nell'autoritratto)
San Marco Argentano 3.4.2021
Paolo Chiaselotti