QUANDO IL NOTAIO SI ACCIONCÒ ....
La storia che mi accingo a raccontare oggi accadde quasi quattrocento anni fa. La fonte è
un documento patrimoniale e contabile del Monastero di Santa Chiara.
Il signor Pompeo Valentoni, uno dei fondatori del suddetto monastero, aveva promesso un contributo di cinquecento
ducati, a patto che il convento fosse costruito nell'edificio in cui sorgeva la chiesa di San Giovanni, oggi sede
del Museo Diocesano. Quando, però, tutto era pronto per dar esecuzione ai lavori sorse un grosso problema.
Sottostante all'edificio c'era una piccola abitazione di proprietà dello stesso
Valentoni, che si dichiarò disposto a cederla al prezzo di cinquecento ducati, l'equivalente della sua
donazione, anche se il locale ne valeva, a giudizio dei periti, solo venti. Non avendo raggiunto un
accordo i promotori del monastero decisero di acquistare le case dei signori Frassia dove fu edificato.
Alla morte di Pompeo gli subentrarono i figli Mutio, Genua, Antonia e Beatrice Valentoni. Nel suo testamento volle
che mille ducati fossero destinati al Monastero. Anche Mutio morì pochi anni dopo lasciando alle
sorelle averi e obblighi. Ad Antonia spettarono i terreni fuori porta Santomarco fino al convento dei Riformati,
a Genua spettò l'obbligo di elargire i mille ducati.
Le monache con tale somma acquistarono i terreni di Antonia.
Alle monache andarono altri duecento ducati frutto di un intreccio complicatissimo di volontà,
omissioni e ... divine punizioni.
Vediamo di cosa si tratta.
Mutio, alla morte del padre, promise di voler dare il doppio di quanto il padre aveva destinato alle
sorelle di Santa Chiara, cioè duemila ducati. Si rivolse al notaio per fare testamento, ma questi
per dolo o per errore mise uno zero di meno e la somma destinata diventò di soli duecento ducati,
che alla morte di Mutio sborsò di nuovo Genua.
L'estensore del documento si sofferma sulla punizione divina che colpì di lí a poco il
notaio: rimase cionco prima di una, poi di entrambe le mani per un anno, dopo di che rese l'anima a Dio!
La storia è questa. Rimane solo il dubbio se, visti i precedenti di don Pompeo, tutte queste
operazioni siano state davvero elargizioni spontanee o dietro di esse si celino altri interessi. Per dirla
con le parole di un noto politico del secolo scorso, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina!
Fatto sta che, al momento dell'estensione del bilancio patrimoniale delle Clarisse, era ancora in corso
una causa civile sulla mancata erogazione di cinquecento ducati da parte degli eredi di Pompeo Valentoni.
In alto "Notaio nel suo studio" di J. Berckheyde, pittore olandese del XVII secolo,
San Marco Argentano 27.5.2021
Paolo Chiaselotti