LINGUA E CORNA
Nella periodica ricerca di ricorrenze mi capita di imbattermi in qualche notizia inaspettata e, talvolta, curiosa.
È il caso di un matrimonio ... riparatore -avvenuto come oggi nel milleottocentoventisei- di due maturi sposi che riconoscono come propri tre figli nati prima del matrimonio e registrati con il cognome della madre. La prima curiosità sta proprio in questo cognome, Scornagenchi, dove "genchi" altro non è che la versione italianizzata del meridionale jenchi, ossia giovenchi, vitelli. Il cognome derivava dalla pratica di un progenitore, consistente nella decornazione delle giovani vitelle destinate alla produzione del latte, per evitare che potessero ferirsi fra di loro o ferire le persone addette alla custodia e alla mungitura. Come per alcuni toponimi, anche per i cognomi dialettali nasceva il problema di registrarli in lingua italiana, cosa non semplice in alcuni casi, sia perché non vi erano riferimenti scritti e sia perchè la lingua nazionale del tempo era quella del Regno di Napoli o delle due Sicilie, che conteneva spesso voci dialettali. Scornajenchi ne è un chiaro esempio. Nelle varie registrazioni troveremo il cognome trasformato in Scornaienchi, Scornagenchi e finanche Scornavitella! E a proposito di corna segate c'è un altro cognome che è la trasformazione di una voce dialettale: il capretto privo di corna è chiamato nel dialetto calabrese guddru. Da questa voce, usata scherzosamente per indicare una persona pacifica, non aggressiva, scaturirono i cognomi Lo Gullo (u guddru) e Gullo, analogamente per quanto accadde con il cognome Manzo, derivato dalla voce dialettale manzu che conserva ancora il significato originale di mansueto. Certo partire da un matrimonio per affrontare problemi di ... corna, può far sorridere, ma è difficile mettere un freno alla lingua, che colta o popolare che sia, è lo specchio di una società. Le persone erano innanzitutto quello che erano in fatto di difetti, provenienza, mestieri ecc. E per restare in tema ecco un altro cognome davvero interessante: Ceravolo, con le varianti Ceraudo, Ciraudo e simili. Anche in questo caso c'entrano le corna, ma quelle ben peggiori del principe del male, il quale raffigurato nell'iconografia cristiana come un serpente, era visto come un vero pericolo per uomini e animali. C'erano persone che approfittando dell'ingenuità altrui si presentavano come eliminatori di questo ... flagello. Investiti da una grazia divina, emanata direttamente da San Paolo, si definivano sampaulari e giravano da paese in paese, soprattutto attraversando le campagne, facendo pagare il loro intervento in danaro o in natura. In Calabria era chiamati ciravulari, un misto del greco keras (corno, con allusione al diavolo) e sampaulari. Per restare in tema, nel nostro dialetto cifaru è la contrazione di Lucifero, il principe dei diavoli, che ci siamo ben guardati da trasformare in cognome. Ci hanno pensato i napoletani, riducendone un po' le corna per renderlo meno pericoloso e dando così vita al cognome Cifariello. La foto in alto, tratta dal sito www.tvsvizzera.it, riguarda un signore svizzero che si batte contro della decornazione degli animali San Marco Argentano 29 gennaio 2021 Paolo Chiaselotti Vedi anche Cognomi e storie nell'Ottocento |
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