Don Carlo ... fuori le mura
Il trenta gennaio del milleottocentosettantatre moriva, all'età di quarantaquattro anni, il dottor fisico
Carlo Cristofaro. Era nato il quindici luglio del milleottocentoventinove, nel palazzo di famiglia, nel quartiere di
Santomarco. Era il tredicesimo dei quattordici figli che Pasqualina Campanile e Domenico Cristofaro ebbero nel corso
del loro matrimonio, ad iniziare da Luigi nato nel milleottocentonove fino al milleottocentotrentuno, anno di nascita
di Fiorina. Quando nacque Carlo ben cinque tra fratelli e sorelle erano deceduti prematuramente. Una serie di circostanze,
anche drammatiche, volle che don Carlo diventasse il principale responsabile del patrimonio familiare.
Nel patrimonio c'era anche la casa di abitazione, un grande edificio in parte all'interno del perimetro urbano del tempo e in parte fuori le mura della città. Questa insolita posizione era dovuta al fatto che al fabbricato, sul prospetto principale della casa, era attaccato l'arco di ingresso della città, chiamato Porta San Marco o anche Porta Vecchia, essendo l'entrata più antica. La parte del fabbricato che si trovava al di qua della porta era ubicata nel vecchio quartiere ebraico o della Judeca o Giudeca, la parte al di là della porta era nel quartiere Santomarco, detto fuori le mura. Non sappiamo a che epoca risalisse la costruzione, ma essa esisteva già nel milleseicentotrentadue, come è attestato nella cosiddetta "Platea delle Clarisse" abitata all'epoca da un tal Grandonio de Christopharo e confinante con via pubblica, le mura della città nel luogo detto la Portavecchia. La casa Cristofaro, insomma, sorgeva da più di due secoli in una posizione che potremmo definire interessante da un punto di vista storico. Innanzitutto per la vicinanza a questa porta, definita già "vecchia" nel milleseicentotrentadue, poi per la sua parziale ubicazione nel vecchio quartiere ebraico, e ancora per essere prossima alla chiesa di Santomarco, stranamente fuori le mura, probabile rifacimento di un battistero bizantino, il tutto posto sotto la gran mole della torre e di fronte alle costruzioni formanti il cosiddetto Casaletto o Casalicchio. L'edificio si affacciava su quella che era chiamata la via consolare che, oltrepassata la Porta, passando per il Sacramento congiungeva la città a Val di Crati. Dalla parte retrostante l'edificio segnava il limite dell'edificazione urbana e fino ad alcuni decenni addietro aveva magazzini interrati ad uso di stalle, cellari, depositi, cantine e frantoio con presenza stabile di un trappitaro. Alla data predetta del milleseicentotrentadue, oltre a Grandonio Cristofaro, risulta confinante un tal Giovanni Guarniero, entrambi censuari nei confronti del proprietario, il Signor Gisimundo S.Sosti. È molto probabile, quindi, che l'edificio sia sorto su un'originaria masseria, composta da edifici rurali, porcilaie ecc. vista la sua collocazione su un terreno in forte pendio, in cui fino agli Anni Cinquanta del secolo scorso non vi fu alcuna edificazione. Perchè? Il primo e principale motivo è risiede proprio nell'esser "fuori le mura", cioè separato dalla città. Quella separazione era significativamente contigua al quartiere ebraico, che oggi è identificato da una targa posta sull'edificio di cui stiamo parlando, ma di cui non conosciamo l'esatta consistenza e posizione. Dov'erano queste mura oggi scomparse? Dovevano trovarsi proprio sul lato opposto al quartiere detto il Casalicchio e unite ad esso dalla Porta Vecchia. Al di là di esse, quindi fuori dal borgo feudale, stava il contado. Bene, partendo da questa situazione, possiamo ben comprendere -non dico giustificare- quale fu lo spirito con cui don Carlo Cristofaro chiese nel 1862 al Comune di San Marco di poter abbattere un arco di fabbrica esistente nel principio di questo abitato un po' attaccato da un lato con la casa di sua proprietà e dall'altro estremo con casa appartenente a Gennaro Carnevale e ciò onde rendere più comoda e più bella sia la strada che la prospettiva di sua casa che va a ricostruire.La giunta municipale accolse la richiesta dando anche una motivazione socio-culturale ed estetica alla propria decisione: La giunta considerando che un tale arco non dà niun abbellimento all'abbitato (sic!) che anzi risveglia l'idea dell'antica feudalità mentre vi è lo stemma tuttavia esistente dell'antico marchese ..... autorizza ad abbattere .... restando a beneficio del Comune tutto il materiale che dallo stesso si otterrà.Letta in chiave sociologica (perdonatemi la presunzione) la richiesta di don Carlo Cristofaro esprime la volontà di poter pubblicamente esibire il nuovo status sociale della famiglia, eliminando quelle tracce di feudalesimo, ingombranti e antistoriche, che contrassegnavano la società del tempo. Nessuno allora si chiese se quell'arco rappresentasse un bene storico artistico culturale, anche perchè un monumento era qualcosa che doveva esaltare le origini più antiche di un popolo o di una città, ben anteriori all'arrivo dei Normanni. Tuttavia, qualche decennio prima, intorno al milleottocentotrenta il sindaco Domenico La Regina pensò di restaurare quell'arco, talmente antico da essere malridotto. Sulla parete opposta al palazzo Cristofaro c'è una piccola iscrizione che ricorda questo evento. Un'altra traccia dell'antico monumento è un bassorilievo sulla vicina fontana di Santomarco, con il simbolo dell'Evangelista Marco, una leonessa con penna e libro, sotto il quale scorre un ruscello. Lo testimonia l'autore della Cronistoria della città Salvatore Cristofaro, che fa riferimento ad analogo bassorilievo posto sulla porta all'ingresso del paese, ma può darsi che si trattasse dello stesso bassorilievo trasferito dall'arco alla fontana. Qualche anno dopo l'abbattimento dell'arco, completato il rifacimento dell'antico edificio, don Carlo Cristofaro si sposò con una gentildonna di Sant'Agata d'Esaro, donna Rachele Giordanelli. Oggi il palazzo è un hotel che a ricordo degli eventi raccontati porta il nome del protagonista della nostra storia. San Marco Argentano 30 gennaio 2021 Paolo Chiaselotti Vedi anche La famiglia Cristofaro e Abbattimento dell'arco di Santomarco |
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