Un secolo e mezzo fa, precisamente il 30 maggio dell'anno 1870, l'autore della Cronistoria di San Marco Argentano, il teologo
Salvatore Cristofaro, fece formale richiesta al Comune per ottenere l'uso del Convento degli ex Riformati che, in seguito
alle leggi di eversione degli ordini religiosi e del patrimonio ecclesiastico emanate dallo Stato Italiano nel 1866 e nel 1867,
era entrato a far parte del demanio dello Stato.
La domanda era motivata dalla volontà di istituire un istituto privato con finalità educative per l'anno scolastico
1870/1871.
Oltre al fabbricato il sacerdote chiedeva di poter acquistare il giardino attiguo al fabbricato.
L'amministrazione acconsentí che il bene confiscato passasse nelle mani del Cristofaro a condizione che fosse destinato a convitto, rinunciando nell'atto di concessione a ingerenze o sorveglianze di qualsiasi natura, dichiarandone unico responsabile
dell'attività da svolgervi il concessionario ed esentando il Comune da qualsiasi spesa.
Sappiamo che tre mesi dopo l'emanazione della legge sulla soppressione degli ordini religiosi il Comune aveva prodotto domanda
per la cessione del convento e del giardino per destinarlo ad opera di pubblica utilità e propriamente per sussidiare
un convitto, che l'anno successivo, il 1868, venne di fatto istituito come convitto ginnasiale, prevedendo l'organico e gli
stipendi per il personale insegnante e inserviente. Il consiglio scolastico provinciale approvò la scelta fatta dal
Comune richiamandolo al rispetto delle norme sulle nomine del censore e di altro personale.
La storia di questo convitto non giunse a buon fine. Infatti in una delibera del 1879 leggiamo che l'Intendenza di Finanza chiese
al Comune la risoluzione del contratto di cessione dell'ex Convento dei Riformati.
Nel corpo del documento si capisce che la questione riguardava un presunto diritto di godimento con obbligo di miglioramento
del bene concesso. Il Comune affermava, invece, che l'assegnazione dell'ex convento, maturata negli anni 1868 e 1869 per istituirvi
un convitto, era avvenuta dietro pagamento anticipato di tremila lire, corrispondente ad una rendita pluriennale e che successivamente
l'Ente fu costretto a chiudere il convitto per insufficienza di rendite e per le deplorevoli condizioni in cui si erano ridotti i
locali. Da qui maturò la conseguente decisione di cedere parte del convento alla Pubblica Sicurezza per ricavarne quel reddito utile al mantenimento dell'immobile, col proposito di ridestinarlo un giorno alla Pubblica Istruzione.
Insomma il convitto ebbe una vita breve e l'amarezza degli amministratori del tempo è contenuta tutta nella conclusione
dell'atto deliberativo: san Marco Argentano sarebbe l'unico comune d'Italia a veder rescisso un contratto concordato
con lo Stato.
San Marco Argentano, 30 maggio 2020
Paolo Chiaselotti