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ACCADDE OGGI - RICORRENZE DI EVENTI ACCADUTI


IL SUO NOME ERA CERRUTI ADAMO ...



Pinna Nobilis - foto di Attlio Cerruti Non avrei mai immaginato che la registrazione dell'atto di un matrimonio avvenuto centocinquant'anni fa nel nostro Comune sarebbe stata fonte di una serie di fatti, luoghi e persone collegati da circuiti assolutamente casuali, ma estremamente intriganti.
Sono tanti e tali i sottili fili che legano tra loro le innumerevoli storie che mi riesce difficile scegliere da quale capo iniziare. L'idea di un filo sottile mi suggerisce di partire dal bisso, che probabilmente molti dei lettori neppure sanno che cosa sia, e di seguirne il percorso dalle sabbie marine fino alle colline di Maiolungo, in un percorso a ritroso che la mia mente pone sul confine tra una razionale casualità e un disegno preordinato.
L'immagine di apertura è la chiusura della storia, eppure anch'essa apre la mia mente a ricordi personali che se volessi narrarli mi porterebbero lontanissimo dal punto di arrivo, come un treno che si ferma in tutte le stazioni senza mai giungere a destinazione.
È proprio il caso che io scenda dal treno per una sosta e mi immerga nelle tiepide acque marine di un centro costiero.
Quell'enorme mollusco che l'uomo della foto regge con entrambe le mani è una cozza gigante, una pinna nobilis, che era ancorata con i suoi filamenti sui fondali sabbiosi del mare di Taranto. La foto fu scattata da un professore che aveva la passione per il mare e le sue creature, in un periodo in cui le cozze, grandi e piccole, rappresentavano una risorsa inestimabile.
I sottili filamenti che fuoriuscivano dalle valve erano fili preziosi, utilizzati per ricami: il bisso, dai riflessi dorati. Chi era il professore? Si chiamava Attilio Cerruti e a lui era affidata la 'cura' dei due mari della città di Taranto, svolta attraverso l'istituto talassografico che egli dirigeva in quella città.
Oltre ai preziosi fili del bisso c'era uno studio approfondito di quella che oggi chiameremmo la 'biodiversità' marina di quelle acque rispetto ad altri centri costieri. Fin dal Cinquecento era nota e descritta dagli storici la pescosità di quel tratto di mare, ad iniziare da Giovanni Giovine che scrisse la storia dei Tarentini e delle grandi risorse ittiche stagionali. Il caso vuole che quel Giovine scrisse in quel trattato anche della nostra città, in un passaggio unico e fugace, che ci vide inspiegabilmente immersi in una storia che non ci apparteneva affatto. Questo per dirvi come i fili di cui ho parlato all'inizio possano condurci ognuno ad una storia che ci riguarda.
A questo punto vi chiederete che cosa ci lega ad una cozza gigante e al bisso? Lui, il Cerruti. Difficile da capire e da credere, con quel cognome piemontese che ricorda una canzone di Giorgio Gaber. A meno che non fosse nato a San Marco ...
Macché, era nato a Picerno in provincia di Potenza, dove il padre Adamo, ingegnere, lavorava alla costruzione della ferrovia che doveva collegarsi a Metaponto.
Immagino che ora nella vostra mente si stia aprendo uno spiraglio di luce, come all'uscita da una galleria, quando scorgiamo luoghi a noi noti, colline, corsi d'acqua, monti in lontananza.
Questa volta siete sul ... binario giusto. Ci stiamo avvicinando, infatti, nel nostro 'backstage', a quel tratto di ferrovia che da Metaponto raggiunge San Marco Argentano, e precisamente a Maiolungo, dove Adamo Abramo Cerruti aveva diretto i lavori di costruzione della linea ferroviaria alcuni anni prima.
Il papà di quel bambino, che diventerà un famoso biologo, non solo visse per un certo periodo nel nostro comune, ma si sposò ed ebbe a San Marco il suo primo figlio.
Era il 1874, centocinquant'anni fa, esattamente il ventitre gennaio, quando lui e Maria Adelaide Catrano, entrambi piemontesi, lui di Borgo Ticino lei di Baio Dora, si unirono in matrimonio nel nostro municipio. Nello stesso anno, il ventisette dicembre, nacque Pietro Giovanni, a Maiolungo, dove l'ingegnere e sua moglie, abitavano per esigenze di lavoro.
Attilio, il biologo, il cui nome troverete assieme a tutte le informazioni sui siti enciclopedici della Treccani e di Wikipedia, fu il secondo figlio o, per essere poetici, il secondo frutto di quell'unione siglata nella nostra città, o meglio in quella 'landa' che l'ingegnere Adamo assieme a decine di operai venuti da ogni parte stava provvedendo a dotare di futuristiche infrastrutture per conto della Banca di Costruzione di Milano. Durante l'esecuzione di quell'opera straordinaria vide morire vari operai a causa della malaria che infestava quell'area: tutti provenienti da altre regioni, la maggior parte del nord.
Anche queste morti sono collegate a quei sottili fili che si diramano nei meandri della nostra storia. Non ve ne parlo perché la storia delle tragiche morti di cui l'ingegnere Cerruti fu testimone è ampiamente riportata in una pagina riguardante quei fatti specifci che potete leggere a parte attraverso questo link.
Vi chiederete, quali altri fili oltre quelli materiali, come il bisso dei mitili, e immateriali, come le fortuite coincidenze a cui ho accennato, si intreccino ancora tra loro per narrare altri eventi, inclusi quelli che, come ho detto sopra, mi riguarderebbero.
Sarebbe lungo narrarli tutti, visto che sono più di uno e spesso incredibili, come un percorso familiare che mi spingerebbe a narrarvi una storia che parte da San Marco giunge in Etiopia e da lì si riallaccia ad antichi preziosi fili della pinna nobilis. Diventerei noioso, ma uno voglio accennarlo, perché, essendo stato un educatore, credo che la mia esperienza possa servire perché altri non commettano errori come quelli che io commisi in gioventù.
Oggi vivo a San Marco Argentano, un tempo vivevo a Trieste e frequentemente, nonostante la giovane età, mi spostavo dalla città in cui ero nato nel luogo ove ora vivo, viaggiando sui treni per oltre mille chilometri e per una giornata intera. Là, nel mare di Trieste, oggi riserva marina, estrassi dal fondale un'enorme pinna nobilis di quasi un metro di altezza, e il giorno seguente un'altra ancora e poi una terza e forse una quarta. Non saprei dirlo, ma a casa aprivo queste 'vittime' per ammirarne la lucente superficie madreperlacea e quella mostruosa massa carnosa che non osavo toccare. Oggi sono specie protette e rare. Nei lontani anni di cui sto parlando presumevo di aver compiuto un atto straordinario estraendo a fatica quel tenace mollusco di cui solo una ficcola fessura emergeva dalla sabbia. Il racconto di quella 'bravura' qui a San Marco non trovava ammiratori per il semplice motivo che nel sentir parlare di cozze di un metro si mettevano tutti a ridere!
È facile intuire come i Cerruti, padre e figlio, mi abbiano fatto ricordare per motivi diversi quegli anni di spensierata incoscienza, tuttavia spero che l'aver portato all'attenzione dei lettori la temporanea, e apparentemente banale, presenza di questa famiglia a San Marco Argentano possa indurre ad una riflessione sui percorsi di crescita e di progresso che hanno riguardato San Marco e il territorio con la nascita delle prime infrastrutture. Senza di esse, infatti, San Marco avrebbe continuato ad essere un piccolo borgo feudale arroccato su una collina in attesa della sua naturale estinzione.

La foto è tratta dal libro Frammenti di mare. Taranto e l'antica molluschicultura


San Marco Argentano 3.1.2024

Paolo Chiaselotti



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