IL BRIGANTACCIO .... Detto così dà l'impressione di un povero diavolo, incapace di fare del male, e dobbiamo ringraziare l'estensore di una sofferta decisione, presa a San Marco un giorno come oggi, per averci presentato così bonariamente uno dei fenomeni più drammatici del suo tempo, assimilabile al terrorismo o al crimine organizzato dei nostri giorni. Anche alla sua ignoranza, però, non tanto del fenomeno, quanto della lingua italiana. Eh, sì, perchè quando il consiglio comunale decise di "fare un'offerta per concorrere alla distruzione del Brigantaccio", aderendo ad una Circolare del Prefetto, lo mise nero su bianco nel corpo di una deliberazione. Al di là dell'errore, che io giustifico nella sostanza della decisione presa, tanto sofferta da indurre ad un lapsus così marchiano, è testimoniato che i nostri amministratori avessero subíto a livello municipale -e alcuni, segretario comunale incluso, anche a livello personale- il peso dei sequestri e quello delle misure per contrastarli. In tutto ho contato dieci deliberazioni riguardanti i briganti, misure repressive o atti conseguenti, ad iniziare dalla fine del milleottocentocinquantanove -quindi ancora sotto il governo borbonico- quando gli amministratori dovettero fornire il casermaggio a quaranta gendarmi e al loro comandante, impegnati nella cattura di fuorilegge, già da allora definiti briganti. Dopo la fine del regno dei Borboni e l'unificazione dei territori sotto il regno di Vittorio Emanuele II, le azioni di brigantaggio si manifesteranno anche a San Marco -in forme diverse rispetto al banditismo precedente- tanto che il trenta marzo del milleottocentosessantadue il maggiore Fumel, incaricato con pieni poteri della repressione del brigantaggio invia al sindaco il testo di un avviso pubblico da divulgare tra la popolazione. Vale la pena di soffermarci su questo documento conservato nell'archivio comunale di San Marco Argentano, eccezionale testimonianza delle misure repressive adottate, citato da vari autori di saggi sul brigantaggio meridionale. Il trentuno marzo Luigi Conti, sindaco facente funzioni, convoca il consiglio comunale per informarlo dell'ordine pervenutogli il giorno precedente dal maggiore Pietro Fumel. I consiglieri presenti sono Francesco Amodei, Antonio Cristofaro, Vincenzo Cristofaro, Saverio Manfredi, Raffaele Misuraca, Antonio Mungo, Gaetano Perri, Antonio Pisani, Raffaele Roberti, Eugenio Romita, Francesco Sarpi, Carlo Selvaggi, Vincenzo Talarico, Virgilio Talarico e Annibale Tarantino. Questo è il testo integrale: Nella deliberazione conseguente all'editto sono epresse le preoccupazioni per i danni che l'applicazione del quarto comma avrebbe provocato a proprietari terrieri e coloni, ma nulla si dice sull'equiparazione degli "indifferenti" ai briganti. Non vi sono ulteriori proteste, pur nelle forme reverenziali usate nella citata deliberazione, e ciò perchè certamente casini, torri e pagliari non furono toccati, mentre alcuni mesi più tardi sappiamo che furono rapiti a scopo di riscatto il farmacista, il segretario comunale, e fu ucciso un giovane in contrada Serramadamma. Negli atti d'archivio di Cosenza, riguardanti i processi d'Assise, compaiono i nomi di Luigi Campagna e di frate Antonio da San Martino (probabilmente frate Antonio da Sersale) accusati di appartenere ad una banda di malfattori, accusa gravissima, meglio esplicitata nel ricorso prodotto dagli stessi conservato tra gli atti della Gran Corte Criminale dell'Archivio di Napoli: "complicità in banda armata organizzata per cambiare e distruggere la forma di governo e per portare strage, devastazione e saccheggio in uno o più comuni, di sciente e volontaria somministrazione di viveri alloggio e ricovero al capobanda Carmine Franzese."Nello stesso archivio sono conservati gli atti del Tribunale Militare Straordinario per la lotta contro il brigantaggio riguardanti un altro membro della famiglia, Giuseppe, accusato assieme al sindaco di Mongrassano, Luigi Barci, e altri, di connivenza con la banda Bellusci. All'origine delle accuse vi erano, con molta probabilità, motivazioni politiche, come attesterebbe una memoria inedita conservata dai discendenti, oltre alla notoria fedeltà della famiglia alla casa regnante di Napoli 3 . Il consiglio non si dimostrò affatto ostile nei confronti del maggiore, poi promosso colonnello, ma ne elogiò la condotta efferata conferendogli per i suoi meriti la cittadinanza onoraria. La deliberazione n.85 del 31 gennaio 1863 con cui il colonnello Fumel viene eletto cittadino onorario di San Marco Argentano è un altro documento importante, non per la verità dei fatti riguardanti le azioni repressive, ma per le espressioni di devozione, che rasentano il servilismo, contenute nell'atto. Ad esempio, Fumel non sarebbe mai ricorso alla tortura per estorcere informazioni, ma alla sua innata capacità logica trascendentale di procurarsi la evidenza delle pruove dell'altrui malfatto, traendo a spontanea confessione i delinquenti istessi, non senza le meraviglie degli assistenti! Il colonnello, per i nostri amministratori dell'epoca, feceva parte di quei "Geni tutelari della pubblica salute spediti da Dio e della schiera di "angeli sterminatori nel senso della divina parola che onorano di troppo la umanità". Ma chi stabiliva se un imputato era colpevole o meno? Fumel! il quale "allontanando da sé la qualifica di giudice severo, viene ad assicurarsi dallo universale lo encomio di albero della Vita"! E i cattivi, cioè i briganti e i fiancheggiatori che si macchiarono dei delitti? " Molesti rapinatori che si assidono qual flagello di Dio alla cena delle Eumenidi, ed inferendo fino alla effusione del sangue fraterno, copriron di stragi, di squallore la terra bruttata dalle forme di incessanti nequizie". Tra queste due deliberazioni, cioè tra l'emanazione delle misure antibrigantaggio e la cittadinanza al colonnello "benemerito della patria", accadde qualcosa che coinvolse nostri concittadini oltre alle accuse sopra riportate nei confronti di Luigi e Giuseppe Campagna? Sì. Furono rapiti Eugenio Romita, farmacista, e il segretario comunale Giuseppe Picarelli, rispettivamente da una banda capeggiata da Carmine Franzese di Cerzeto e Angelo Rosacozza il primo, e dallo stesso Franzese in unione con Francesco La valle il secondo. Quando? Sappiamo la data del sequestro del segretario, avvenuto l'11 agosto 1862, mentre tornava dai bagni termali di Guardia con la moglie. Dovette pagare cinquecento ducati per il riscatto, oltre alle spese in generi diversi per il mantenimento suo e dei rapitori per tutto il periodo del sequestro, durato undici giorni. Non sappiamo la data del sequestro del farmacista Romita, ma soltanto che fu rilasciato dopo il pagamento di un riscatto di ottocento ducati oltre al fucile che portava con sé. Inoltre il 13 giugno 1862 fu ucciso in contrada Serramadamma il figlio di un ex usciere del Comune, un tal Gennaro Chimenti. La deliberazione di giunta non fa cenno alle circostanze e alla data dell'omicidio, ma dichiara soltanto che l'omicidio fu opera dei briganti. Per tutti la giunta tra luglio e agosto del 1863 chiede alla Commissione Provinciale l'erogazione di un contributo a sostegno delle famiglie con i fondi raccolti dalla sottoscrizione nazionale per le vittime dei sequestri. Le misure repressive adottate dal colonnello Fumel avevano dato i loro frutti visto che a settembre del 1863 il luogotenente generale delle Calabrie decideva di spostare da San Marco la compagnia di fanteria guidata dal capitano Cavigliotti "che ha dimostrato molto zelo nella distruzione del brigantaggio". Ma ci furono scontri politici, oltre quelli sopraddetti contro i Campagna? Certo, ci furono addirittura tra gli stessi sostenitori del nuovo governo unitario. È il caso del consigliere Carlo Selvaggi, nominato percettore fondiario per vari meriti patriottici tra i quali "l'affiancamento dato ai Carabinieri nella distruzione dei briganti. Questo merito, citato in una deliberazione del consiglio di febbraio del 1864, fece infuriare i colleghi e grazie allo scambio di accuse sappiamo quale fu la posizione del consigliere Selvaggi in occasione della lotta al brigantaggio: "i Carabinieri non furono mai affiancati dal Signor Selvaggi in occasione della distruzione del Brigantaggio, ma che all'opposto se ne stava in casa come gli altri proprietari"! A dirlo furono due paladini della lotta per l'Unità d'Italia, i consiglieri Amodei e Campolongo "per mantener intera la dignità del Consiglio". E il colonnello Fumel che fine fece? Ebbene, proprio grazie ad una citazione della nostra deliberazione contenente il suo editto sono venuto a conoscenza che nel 1865 si trovava a Milano, impegnato a rilasciare un'intervista nientemeno che ad un nostro concittadino, Vincenzo La Regina. Una sua discendente, docente presso l'Università Federale di Bahia, ha pubblicato le memorie del colonnello che potete trovare in rete alla voce LE MEMORIE DEL COLONNELLO PIETRO FUMEL di Silvia La Regina, UFBA. A questo punto potremmo chiederci: e allora il brigantaggio fu definitivamente cancellato? Niente affatto. Passati ben otto anni dall'editto di Fumel, nuovamente si prospettò il pericolo di allontanare la popolazione rurale dalle loro case. Ne fa fede un manifesto del Comando dei Carabinieri, di cui non conosciamo il testo preciso, ma di cui sappiamo il contenuto grazie ad una ulteriore deliberazione del consiglio comunale del cinque novembre milleottocentosettanta, da cui si evince che il brigantaggio non è stato completamente debellato. Gli amministratori, infatti, fanno voti "al Governo perché voglia sospendere le misure restrittive adottate contro il Brigantaggio" considerando che esse colpiscono essenzialmente una "popolazione eminentemente agricola che trae sussistenza dal lavoro dei campi, ove dimora", e costringe i contadini a "sloggiare o pure a mantenere della forza nel luogo ove dimorano. È lo stesso che condannarli alla miseria". San Marco Argentano 19.3.2021 Paolo Chiaselotti
1 Casa colonica
2 Vedi Guardia Civica e Nazionale 3 Dalle memorie del canonico Vincenzo Campagna risultano abusi, violazioni di libertà personali, sottrazione di beni, compiuti contro la famiglia Campagna da autorevoli membri di famiglie locali con la scusa di presunti appoggi alla causa borbonica. Vedi anche Brigantaggio Editto di Fumel Cittadinanza a Fumel |
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