ERA IL 3 giugno 1817 ...
Esattamente duecento anni fa, il 3 giugno 1817, moriva una bambina di soli otto
giorni. Il suo nome era Angela Maria.
Perché abbiamo scelto di parlare di lei? Perchè la sua morte rappresenta
uno spaccato della vita di molte famiglie giunte a San Marco agli inizi dell'Ottocento
in cerca di lavoro.
Il padre, Vincenzo Maddalena, e la madre, Carmina Martilotta, erano due bracciali
di Paola entrambi quarantenni, che avevano trovato dimora in una contrada chiamata
Pie' la Silica, sotto la gran roccia su cui si erge la cattedrale, chiamata ancor
oggi dalle persone più anziane
Ped'a silica.
Già la presenza di un grande sperone litico su una zona scoscesa sottostante
dà un'immagine plastica della sottomissione dei poveri diavoli che vivevano
in quella zona. L'intero borgo sovrastante era sede quasi esclusiva di nobili, chierici,
artigiani. Insomma un'immagine medievale che neppure la breve incursione dell'aquila
franco-murattiana era riuscita a spazzar via.
Ai piedi del borgo, nella macchia, il cui antico nome era
Trivulisi, quasi
luogo di tribolo, coronato di spine come un cristo capovolto, i bracciali erano
costretti ad arrampicarsi lungo quel pendio scosceso con i pesi del raccolto da
portare al proprio padrone.
Anche Carmina Martillotta avrà dovuto farlo: quarant'anni, gravida di tre
pesi, due figli in grembo e uno più greve in testa.
Partorí due gemelli: Angela e Giuseppe, il 25 maggio 1817. Non ce la faranno
a superare la tribolazione del parto, nessuno dei tre. A turno, un giorno dopo l'altro,
Angela, Giuseppe e la madre Carmela, scompariranno dalla faccia della terra.
A Vincenzo Maddalena, rimasto solo senza moglie e senza figli, restavano due soluzioni:
fare ritorno a Paola o risposarsi. L'amore non arriva a comando, ma le occasioni
in quei tempi di sventure erano più frequenti di quanto si possa immaginare.
La fortuna arrise al povero Vincenzo dalla cella di un carcere.
Nel culo dell'antica torre, che allora era adibita a carcere, aveva finito di tribolare,
o forse di far tribolare altri, Antonio Ajeta, un giovane di Sant'Angelo, lasciando
una moglie senza figli. Maria Rosaria, questo il suo nome, neppure dopo un anno
dalla morte del marito sposò Vincenzo.
Vincenzo e Rosaria ebbero tre figli maschi, e una prima femmina alla quale Vincenzo
volle dare lo stesso nome della bambina con cui abbiamo iniziato il nostro racconto,
Angela. Non le portò fortuna, ma Vincenzo era testardo: per la seconda volta
si riprese quel nome dalla morte dandolo alla sua terza bambina.
Il seguito delle vicende non si discosta troppo dalle premesse: Vincenzo lasciò
per sempre l'ultimo nato di soli cinque anni e due ragazzi di 11 e 13 anni, che
a quel tempo erano già adatti a lavori da adulti, e ovviamente la moglie,
Maria Rosaria, che aveva all'epoca quarantacinque anni.
Nonostante l'età, Rosaria si sposò, per la terza volta. Il marito
era un anziano vedovo, un forese originario di Tessano, il quale aveva un figlio,
Nicola, ultimo protagonista dell'ultimo atto della storia che vi stiamo narrando.
Nella famiglia allargata di cui egli e gli altri superstiti facevano parte Nicola
cominciò a guardare con occhi diversi quella ragazza con cui condivideva
genitori e fratelli. Angela non era sua sorella, era soltanto la figlia della moglie
di suo padre.
Si sposarono chiudendo un ciclo di sventure che da Pie' la Silica
giunge fino alla Riforma, passando per Paola, Cetraro, Tessano, Dipignano e Cervicati,
luoghi di origine dei protagonisti di questa intricata storia.
San Marco Argentano 3 giugno 2017
Paolo Chiaselotti