Un'opera molto utile al Comune ...
L'ultimo giorno di febbraio del milleottocentocinquantotto, era domenica, il consiglio comunale,
che allora si chiamava decurionato, si riunì per affrontare tre argomenti riguardanti la comunità sammarchese:
1. Il ricorso in appello alla sentenza con cui venivano sottratte alcune quote del fondo demaniale Fraccicco a favore
degli eredi della principessa di Luzzi.
2. I lavori di rifacimento della strada consolare Riforma "
impraticabile a cittadini e vetture".
3. Contributo per l'esecuzione di un monumento al "
non mai lodato e benedetto fondatore della Borbonica Dinastia
Carlo III ".
L'argomento di cui mi occuperò in questa pagina è quello che lo stesso decurionato considerò
"
Opera molto utile al Comune".
Vediamo di scoprire perché l'opera citata attirò l'attenzione e l'interesse del consiglio, presieduto
dal sindaco Francesco Selvaggi e formato dai decurioni Francesco Perri, Giuseppe Ruffo, Vincenzo Candela, Vincenzo Cristofaro,
Luigi Valentoni, Vincenzo De Pietro e altri. Non saprei dire se tutti i suddetti fossero presenti al momento della
assunzione di responsabilità, ma voglio solo ricordare i nomi di alcuni amministratori dell'epoca.
L'idea di costruire un monumento al fondatore della dinastia Borbonica che governò il Regno delle due Sicilie
e di proporla alle pubbliche amministrazioni fu di Salvatore Irdi, professore onorario presso il Reale Istituto di
Belle Arti di Napoli. Ovviamente egli stesso sarebbe stato il realizzatore materiale della scultura in marmo.
Queste sono le notizie che troviamo nella deliberazione assunta dal decurionato conservata negli archivi comunali,
ma indagando sulla vita di questo pressocché sconosciuto artista sono riuscito a trovare alcune notizie
che ci danno un quadro più completo della sua figura e della sua attività.
Salvatore Irdi era uno scultore di media caratura, di formazione classica, ammiratore del Canova e di Thorvaldsen.
Qualche anno prima della proposta approdata sui tavoli dei comuni per essere finanziata, aveva realizzato un altorilievo,
dal titolo La Restaurazione delle Somme Chiavi, scolpito nella ghimberga centrale della ricostruita chiesa gotica di
San Francesco di Assisi a Gaeta.
Le informazioni maggiori sulla vita e sulle opere dello scultore sono contenute nel dizionario biografico dell'Enciclopedia
Treccani on line, alla voce Irdi Salvatore.
Da esso apprendiamo che già nel milleottocentocinquantatre Salvatore Irdi "stimato professore onorario dell'Accademia"
stava lavorando ad un monumento equestre di re Carlo di Borbone. La biografia della Treccani riporta le motivazioni dell'opera,
la sua collocazione e lo studio con relativi modelli dell'opera, desumendo tali notizie dalle relazioni dello stesso autore
una del milleottocentocinquantacinque e una seconda di due anni dopo, riportate da Quattromani in un suo scritto.
L'opera monumentale doveva sorgere nell'allora foro Carolino al Largo Mercatello, oggi piazza Dante, a Napoli. Un modello
con relazione fu presentato all'Accademia di belle arti.
Non sappiamo se qualcuno degli amministratori dell'epoca abbia sollecitato il contributo sammarchese alla scultura, ma è
certo il progetto fu divulgato da Gabriele Quattromani con la pubblicazione "Del monumento a re Carlo Borbone inventato e
proposto da Salvatore Irdi" edita nel milleottocentocinquantasette.
Gabriele Quattromani, appartenente a famiglia cosentina, era funzionario nel municipio di Napoli e quindi fedelissimo dei
Borbone. Era senz'altro conosciuto nelle varie province del Regno non solo per questa pubblicazione, ma per la
notorietà della sua famiglia, i conti Quattromani di Cosenza, e anche per alcune sue opere divulgative sul Regno delle
due Sicilie.
Fatto sta che quel progetto non fu mai realizzato. Gli unici monumenti, almeno quelli più noti, che furono realizzati
sul primo re dei Borbone Farnese (la madre del re era una Farnese) sorsero a Messina e a Napoli, ma nessuno dei due appartiene
a Salvatore Irdi. Quello di Messina, nella foto in alto, fu realizzato nel milleottocentocinquantanove, giusto un anno prima
dello sbarco sull'isola delle truppe garibaldine, dallo scultore messinese Saro Zagari. Il monumento equestre
di Napoli, in piazza Plebiscito, fu realizzato trent'anni prima, sfruttando un cavallo ... napoleonico, su cui avrebbe
dovuto sorgere la statua di Napoleone Bonaparte, la cui sconfitta a Lipsia permise al re Borbone di prenderne il posto.
San Marco non potè quindi vedere realizzata l'opera "molto utile al Comune". Peccato! Se Garibaldi non
fosse sbarcato in Sicilia, se non avesse raggiunto anche i nostri territori, a quest'ora avremmo potuto ammirare in piazza Dante
a Napoli un grandioso monumento eretto al "
non mai lodato e benedetto fondatore della Borbonica Dinastia",
orgogliosi di poter dire che anche San Marco aveva i suoi meriti. Invece, visto che la storia non si fa con i "se"
e con i "ma" oggi ci chiediamo: che fine fecero i nostri soldi?
Il colmo dei colmi è che due anni dopo contribuimmo con trecento chili di pane e un quintale di prosciutto al vettovagliamento
dei garibaldini diretti a Napoli e Gaeta per rovesciare la Borbonica Dinastia.
San Marco Argentano, 28 febbraio 2021
Paolo Chiaselotti