ERA IL 24 LUGLIO 1820 Entrando a San Marco da piazza Duomo il primo edificio a due piani che si trova sulla destra all'imbocco di via Roma era un tempo un seminario. Fu fatto costruire nel 1580 dal vescovo del tempo monsignor Giovanni Antonio Grignetta. Dopo circa due secoli e mezzo le condizioni dell'edificio erano molto precarie, per cui il vescovo Pasquale Mazzei pensò di trasferire il seminario in altri locali. Esisteva a San Marco, oltre al convento dei frati minori alla Riforma, il convento dei minimi, chiamati anche Paolotti dal fondatore dell'ordine Francesco da Paola, ubicato assieme alla chiesa nell'attuale omonima piazza. La proprietà o la disponibilità dei beni dei Paolotti si estendeva ben oltre l'attuale perimetro giungendo fino ai piedi della torre e fino all'attuale fontana monumentale. Con l'arrivo dei Francesi tali beni, esclusa la chiesa, passarono di proprietà del comune. Non saprei dire se il comune cedette parte di tali aree o se esse furono acquistate, sottratte o altro, fatto sta che nel 1820 i frati di San Francesco di Paola (se ancora c'erano) avevano una chiesa in cui pregare e, ritengo, alcuni locali con adiacente terreno da coltivare; niente di più. Il vescovo pensò di chiedere al comune il convento con il chiostro per trasferirvi il seminario, lasciando in cambio al comune l'edificio di cui abbiamo parlato all'inizio. La richiesta fu esaminata dal decurionato (il consiglio dell'epoca) e gli amministratori si divisero non sulla sostanza della questione, perché tutti ritenevano utile l'esistenza di un seminario, bensì sul valore dei beni e sul vantaggio che ne avrebbe ricavato l'una e l'altra parte. Era il 24 luglio 1820. Sindaco era don Giovanni Selvaggi. Dalla discussione emerge che gli amministratori avevano fatto valutare i due beni da un perito e che il locale di proprietà comunale (già dei monaci) valeva cinquecentoventi ducati di più del fabbricato anzidetto. Michele Valentoni, Giuseppe Fera, e Filippo Tallarico ritennero che i vantaggi di continuare ad avere un seminario valessero bene la rinuncia al maggior valore del bene comunale. Giuseppe Candela, Nicola Campagna, e Gaetano Fazzari ritennero, invece, che la somma dovesse esser pagata per consentire al Comune di riparare e riattare il vecchio edificio. Antonio Seta e Gaetano Rinaldi proposero che la somma che il vescovo avrebbe dovuto pagare fosse ridotta a soli duecento ducati, sufficienti per una modesta riparazione. Non c'è scritto quale delle tre proposte fu adottata, ma sapendo che il seminario fu trasferito dove attualmente si trova, anche se con mutate funzioni, è chiaro che il cambio avvenne. Come e quando l'antico edificio del seminario divenne proprietà privata non saprei dirlo, ma credo che il Comune abbia dovuto rinunciare ai lavori di recupero perchè troppo onerosi e di conseguenza fu costretto a venderlo o, più probabilmente, a svenderlo. Nel Novecento l'edificio era chiamato comunemente palazzo Talarico, lo stesso cognome di quel decurione di nome Filippo (vedi ceppo n.3 Talarico) che aveva proposto il semplice baratto dei due beni. E i Paolotti? Beh, i Paolotti in tutta questa storia furono gli unici a non guadagnarci niente. San Marco Argentano, 24 luglio 2017 Paolo Chiaselotti |
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