ERA IL 12 AGOSTO 1835
La ricorrenza odierna mi serve per introdurre un argomento che per molti è
una verità assoluta, dimostrata e dimostrabile, provata e comprovata da mille
circostanze, dal quale credono sia meglio tenersi alla larga: la iettatura.
Chiamiamola sfortuna, malocchio, maledizione, fattura o affascino, per coloro che
ci credono la possibilità di "apotropeinire" (è una parola
di mia invenzione, adattata per la circostanza) il destino è impresa impossibile.
Solo maghi, fattucchiere e indovini sanno trovare intrugli, talismani, invocazioni,
rituali in grado di attenuare o deviare tali influssi malefici.
I lettori più anziani sanno che un tempo l'apprezzamento per la bellezza
e la floridezza di un nato era seguito dalla immancabile locuzione "
Fora affascinu",
e per evitare che qualcuno, volente o nolente, non completasse il complimento, l'infante
era circondato da corni, numeri tredici, sacchetti con contenuti diversi, tutti
con poteri magici.
E i santi? avevano anch'essi il potere di allontanare il male e proteggere vita
e salute dei fruscoli indifesi? Certo, come le anime dei defunti, sempre provvidenzialmente
evocati ed invocati per proteggere i nati dai prodromi che la vita riserva ad ognuno
di noi.
Ora basta con le ciance dell'abracadabra e veniamo al dunque.
Il dodici agosto del 1835 nasceva a San Marco una bambina a cui fu imposto (è
proprio il caso di dirlo) il nome di Michelina. Il padre Pietro Spinelli era un
fabbro ferraio di ventiquattro anni, la madre, Maria Rafela Loffredo, era una filatrice
nata a Tarsia. La coppia, che si era sposata l'ultimo giorno di luglio del 1833,
abitava in quel quartiere posto ai piedi della torre, detto il Casalicchio, che
conserva tuttora la sua struttura medievale.
La bambina visse poco più di quaranta giorni. Nulla di strano visto che allora
la mortalità infantile era frequente: "
a morte sup'i picciriddri"
è un'espressione usata ancora oggi per indicare la costante incombenza di
una morte prematura. La creatura era la seconda nata: la prima era morta il dodici
agosto dell'anno precedente, lo stesso giorno in cui era nata la secondogenita.
Anche la prima bambina visse poco più di quaranta giorni, essendo nata 26
il giugno del 1834.
Entrambe si chiamavano Michelina, o per meglio dire, ad entrambe era stato dato
questo nome.
Pietro e Maria Rafela, come del resto la gran parte delle coppie di allora, non
si arresero alla malasorte e consapevoli che ognuno di noi ha un destino segnato
continuarono la loro vita come se nulla fosse accaduto. E il sedici aprile del 1837
ebbero la loro rivincita: una terza bambina a cui diedero lo stesso nome delle sorelline
defunte, Michelina.
Sono certo che molti di voi avranno pensato che anche la terza morì dopo
poco più di un mese, convinti che non c'è due senza tre. Ebbene a
costoro dico subito che a far di conto con la sorte si perde sempre, e lo voglio
ricordare soprattutto a quanti si affidano a cabale e astrusi conteggi convinti
di dominare i numeri e le loro combinazioni. Avete sbagliato.
La terza Michelina non morì dopo un mese e giorni, ma quasi al compimento
di due anni e sei mesi di età, cioè il tredici ottobre
1 del 1839.
Direte: beh, non c'era da rallegrarsi, e soprattutto vi chiederete, al pari di me,
perchè tanta ostinazione nell'attribuire lo stesso nome ad una serie di bambine
che, crederci o non crederci, mal sopportavano quel nome. Insomma, viene proprio
da chiedersi perchè non ... puntare su un nome diverso.
Ragionando con i criteri del nostro tempo avremmo sperato che la lezione che il
destino aveva loro inflitto potesse aver suggerito a quei poveri genitori vie diverse
e, se non apparisse balzana l'idea di dare un suggerimento a chi è morto
e sepolto, ci verrebbe quasi da dire: "
lassatici perdi!"
Pietro e Maria Rafaele non la pensavano affatto come noi. Ebbero la quarta figlia
il 3 novembre del 1839, venti giorni dopo la morte della terzogenita e, quasi a
tocco con la sorte, ripeterono il fatidico nome al parroco che da lì a poco
l'avrebbe mondata dal peccato: Michelina. L'ebbero vinta.
Il fato, per chi è supertizioso, o la mano di Dio, per chi crede, salvarono
questa quarta vita e l'accompagnarono fino all'altare, dove il ventotto febbraio
1859 Michelina Spinelli, quasi ventenne, sposò Francesco De Santo, un sarto
nato a Belvedere e qui domiciliato.
Non voglio apparire -nè voglio che lo siate voi- come la "morte sup'i
picciriddri", cioè curioso di sapere il seguito della storia della quarta
Michelina, che lasciamo al suo amore e al suo destino. Voglio invece fare un passo
indietro e scoprire il motivo di un atteggiamento che potremmo definire quasi compulsivo.
Una sorella di Pietro, la primogenita, si chiamava Michelina, era nata nel 1802
e si sposò, a diciotto anni, il tredici aprile del 1819. Morirà appena
ventenne, senza prole, il due ottobre dell'anno successivo. Il padre di Pietro e
di quest'ultima, Domenico Spinelli, dopo la morte della figlia ebbe il suo ultimo
nato -era il due febbraio del 1821- che volle chiamare Michele.
Morirà di due mesi.
Pietro, però, oltre ad una sorella e ad un fratello, ispiratori del nome
a lui così caro, doveva avere il ricordo di una qualche devozione di più
antica origine, atteso che anche il nonno si chiamava Michele Spinelli.
Pietro e il padre Domenico non furono i soli a dimostrare un attaccamento al nome
dell'avversario principe del demonio, San Michele Arcangelo; anche il fratello maggiore
Marco volle dare questo nome ad un figlio nato nel 1840 e ad una figlia nata il
trenta ottobre del 1845. Michelina morirà dopo quattro giorni.
"
Frícati!" Perdonatemi l'epressione che può apparire
oltraggiosa e quasi blasfema, ma da cronista delle vicende di un mondo che fu, mi
sembra di sentire i commenti del popolino di allora, anche perchè a San Marco
tutta questa devozione per l'arcangelo Michele non c'era, e per quanto ne sappia
non c'era mai stata.
O perchè saggiamente consigliati o perchè consci che di ulteriori
sfide al destino non se ne avvertiva più alcun bisogno, altri due fratelli
di Pietro, Vincenzo e Giuseppe, si guardarono bene dal fare appello al divino giustiziere
e lo stesso fecero i loro successori, per cui il nome Michelina si estinse definitivamente
nel 1845 e quello del fratello Michele rimase solo nel registro dei nati senza alcun
seguito e storia.
Manifestarono i successori una qualche attenzione per altri nomi? Certamente. Giuseppe
si fissò sul nome Salvatore: una prima e una seconda volta. Perse sempre.
Suo figlio Francesco puntò per due volte su nome Virginia, alla terza corresse
lievemente il tiro con Virgilia, che sopravvisse e si sposò felicemente con
un Andriolo, entrambi immuni da pulsioni ominose.
Credere o non credere, questo è il problema.
Non mi riferisco ai fatti che vi ho narrato, tutti documentati, ma alla iettatura.
1 Per i cabalisti e i cultori dell'occulto: il 13 ottobre, esattamente quarantacinque anni dopo ...
San Marco Argentano, 12 agosto 2018
Paolo Chiaselotti