ERA IL 12 GIUGNO 1817 ...
In questa rubrica abbiamo già parlato del 1817 a proposito della morte di
una puerpera e dei suoi due gemelli. Fu un anno davvero infausto. Dire infausto
è poco, le persone morivano di fame, non per modo di dire, ma alla lettera:
la mancanza di cibo le uccideva.
Oggi è assolutamente impensabile una cosa simile, ma se il lettore ha la
pazienza e la voglia di sapere che cosa accadde duecento anni fa in varie zone del
pianeta e anche a San Marco, gli farò conoscere un pezzo di storia nostrana
che forse, anzi senz'altro, ignorava.
La morte di un singolo individuo per fame può avvenire per motivi diversi,
ma quando a morire così tragicamente sono decine e decine di persone, le
cause vanno ricercate in una qualche calamità: una guerra, un evento tellurico
che impedisce ogni soccorso, un'epidemia che contamina cibi e bevande. Potremmo
continuare così, immaginando che cosa uccise per fame tanti sammarchesi nel
milleottocentodiciassette, e chiederci se essi o altri avessero qualche colpa che
fu all'origine della propria morte.
Dante Alighieri, nella Divina Commedia, ci mostra la fine spaventosa del conte Ugolino
e dei suoi figli, che addirittura qualcuno vorrebbe consumati come pasto da un padre
snaturato stremato dalla fame. Non fu così, ma questa scena potrebbe essere
una possibile raffigurazione dell'orribile morte che riguardò forse anche
qualche nostro antenato.
La rappresentazione medievale di uno scheletro a cavallo con una lunga falce mentre
attraversa un territorio ricoperto di cadaveri non è la morte, è un
flagello che si abbatteva, e tuttora si abbatte, su popolazioni prive di alcun'arma
di difesa: è la Carestia.
Ne parlano testi sacri e antichi documenti storici, ma che a noi, oggi, nell'era
degli smartphone, appare come una primordiale creatura, forse anche un po' comica,
di un film horror del cinema muto.
Diciamo subito che la data del dodici giugno non è stata scelta a caso: è
la vigilia di Sant'Antonio, il santo che un tempo veniva portato in processione
per invocare la pioggia e abbondanti raccolti di grano, il santo dei panicelli che
nutrivano, il santo dei miracoli. Nella preghiera i fedeli lo invocano per intercedere
verso il Padreterno per le necessità:
Sant'Antoniu miu binignu di priga' non
simu digni, prega tu lu Santu Padre pi 'li nostri necessitati, e quale necessità
maggiore del pane per il sostentamento quotidiano?
Sant'Antonio è il protettore degli affamati; non a caso la porta del convento
di San Marco era da sempre chiamata "
A porta da vattula" perchè
ogni mendico potesse bussarvi e chiedere un pezzo di pane per sfamarsi.
Questo è il motivo principale per cui ho scelto la vigilia della festività
per parlare della terribile carestia del 1817, anche se, proprio il 12 giugno di
quell'anno, fu registrato un evento luttuoso che porto come esempio della tragedia
corale che colpì la nostra città.
Quel giorno, come oggi, morirono due bambini, uno di meno di un anno e una di tre.
Quest'ultima aveva già visto morire la sorella di tre anni maggiore e fortunatamente,
se possiamo dire, non assiterà alla morte del padre avvenuta alcuni giorni
dopo. Avremmo potuto scegliere anche un altro giorno e la situazione non sarebbe
cambiata: due o tre decessi al giorno di adulti o bambini.
Il primo segnale della tragedia che si abbattè su Sammarco fu la morte in
carcere di due sanmarchesei detenuti a Cosenza, entrambi morti allo scoccare del
nuovo anno 1817. Anch'essi morti di inedia? E' molto probabile, anche se non ne
abbiamo le prove, perchè se cominciò a mancare il cibo i primi a subirne
le conseguenze saranno stati senz'altro i più reietti, e i galeotti erano
tra questi. Altri quattro carcerati si spensero nella segreta della torre.
Furono registrati, inoltre, i decessi di quattro persone senza alcun cognome, con
la sola indicazione del nome: si trattava in un caso di un soldato, per gli altri
di donne, forse mendicanti, forse serve o contadine senza famiglia.
Davvero si moriva per fame?! Certo, per fame, solo e semplicemente per mancanza di
cibo. Di pane, innanzitutto, che quando si poteva veniva sostituito con ogni sorta
di cereale, e non solo, ridotto in polvere e impastato con erbe di qualsiasi specie,
cotto o divorato crudo! Ci si nutriva di ciò che si aveva la fortuna o la
forza di procurarsi, anche con violenza sugli altri. Forze permettendolo. Tutte
le cronache su carestie, assedi, guerre e prigionie ci restituiscono l'immagine
di uomini che regrediscono a livello primordiale.
A cosa fu dovuto questo flagello? Basta fare una ricerca sulla rete e scopriamo
che nel 1816 le condizioni meteorologiche furono da apocalisse: non ci fu estate,
ma solo freddo, neve, pioggia e inondazioni. Pare che l'origine di questo improvviso
cataclisma fosse dovuta alla diffusione delle polveri prodotte da una spaventosa
eruzione vulcanica, ma lascio ai lettori, soprattutto agli studenti, la possibilità
di accertare queste sommarie indicazioni.
Fatto sta che l'anno successivo, quello di cui ci stiamo occupando, una spaventosa
carestia colpì varie parti del nostro e di altri continenti, e poichè
Sammarco, come si chiamava allora, non era fuori dal mondo e dalla storia, così
come siamo abituati a pensare, la carestia entrò, senza bussare, anche nelle
nostre case.
Nel 1817 il numero dei morti fu di circa un centinaio superiore a quello di altri
anni, molto vicino a quelli in cui si verificarono epidemie, tanto che nelle curiosità
storiche riguardanti il nostro Comune ritenni che tali morti fossero da attribuire
ad una pestilenza non documentata.
Insomma se uno qualsiasi di voi avesse l'opportunità di leggere il registro
delle morti avvenute a San Marco esattamente due secoli addietro, potrebbe vedere
con i propri occhi quanti decessi di membri di una stessa famiglia si verificarono,
nello stesso giorno o a distanza di pochi giorni. E magari scoprire che tra i cognomi
delle persone decedute in quell'anno tragico compare anche il proprio: potrebbe
trattarsi di un antenato o un lontano parente.
Avendo ricostruito gli alberi genealogici delle famiglie sammarchesi, potrei anche
indirizzarvi nelle vostre ricerche, ma resterebbe sempre il dubbio che non tutti
siano morti di inedia, ma per cattive abitudini di vita, e questo non vi aiuterebbe
certo ad essere generosi verso chi ha bisogno, cosa alla quale terrei molto, ma,
perdonatemi l'ardire, involontariamente, potrei far sì che qualcuno non metta
mano alla tasca, ma a qualcosa di più intimo e personale. Alla vigilia della
morte di un Santo, simbolo della purezza e della
pietas cristiana, sarebbe
il peggior antidoto al ripetersi del dramma di cui vi ho parlato.
Proprio con questo spirito è preferibile rivolgere un pensiero a quattro
forestieri di cui tutto ignoriamo, tranne i nomi Biagio, Brigida, Stefana e Teresa,
e ad un Antonio morto in carcere in giovane età prima del suo onomastico.
Non saprei dire se Sant'Antonio facesse davvero miracoli, o se più semplicemente
i suoi seguaci fossero animati da umana pietà, comunque il 13 giugno del
1817 a Sammarco non fu registrata alcuna morte. Certamente quel giorno la Porta
della Battola, alla Riforma, rimase sempre aperta.
San Marco Argentano, 12 giugno 2017
Paolo Chiaselotti
L'immagine sopra riprodotta, di autore ignoto, tratta dal sito http://imparareconlastoria.blogspot.it/2015/,
rappresenta la carestia abbattutasi sull'Irlanda nello stesso periodo e dà
un'idea molto prossima alla realtà che vissero i nostri concittadini nel
1817.