Oggi, 11 giugno 2020,è la ricorrenza della nascita di due gemelli: Domenico e Anna Maria Matta. Perché ho scelto tra le tante ricorrenze proprio questa? Perché si tratta di un cognome ormai scomparso a San Marco Argentano e rarissimo in tutta la provincia. La ricorrenza di queste due nascite è datata di oltre un secolo e mezzo. Chi era questa famiglia? Proveniva dal Casaletto di Guardia e la sua presenza è documentata fin dal 1831. Domenico Matta e la moglie Marianna Solillo, braccianti agricoli, si stabilirono in contrada San Pietro con i due figli nati nel comune di provenienza. Dove abitassero esattamente è impossibile saperlo, perché in quegli anni le dimore erano tuguri di terra impastata con residui vegetali o capanne di fruste intrecciate ricoperte di fango. Se mi chiedete il motivo del mio interesse per delle persone ormai scomparse senza aver lasciato alcuna traccia significativa della loro presenza, vi dirò che proprio questa loro condizione mi spinge a rivoltarne l'esistenza, cercando di far conoscere una storia da tutti ignorata. Chi erano? Lui, il capofamiglia, si chiamava Domenico Matta, era morto nel 1847 a San Marco, proveniente, in base alla documentazione anagrafica, dal comune di Casaletto di Guardia, lei, la moglie si chiamava Marianna Bianco Solillo e, stante al certificato di morte avvenuta a San Marco nel 1845, era nata nel Casaletto di Acquappesa. Innanzitutto stabiliamo l'esatto luogo di nascita che per entrambi era Acquappesa. Il motivo della differente denominazione deriva dal fatto che Casaletto era in origine un rione di Cetraro, passato in seguito a far parte del Comune di Guardia e, dopo il 1836, diventato comune autonomo con il nome di Acquappesa. Dalle zone costiere provenivano la maggior parte dei lavoratori, dapprima stagionali, e poi in misura sempre maggiore stabili, al servizio dei vari proprietari terrieri, incluse le istituzioni religiose. Dopo l'Unità d'Italia alcuni ebbero assegnate quote demaniali, che il più delle volte, per difficoltà economiche, venivano cedute ad altri quotisti o addirittura a proprietari di terreni. Quali fossero le condizioni di vita di queste famiglie è ricavabile dalle morti premature dei componenti, e nel caso di Domenico Matta scopriamo che solo Antonio, uno dei sette figli, riuscì a metter su famiglia. Forse l'espressione è poco felice, dato che il matrimonio di Antonio con Maria Serafina Guaglianone durò meno di quattro anni. Andarono ad abitare in contrada Falcicchia, nella casa in cui era nata la sposa, come si usava e continuerà ad usarsi nella suddivisione dei beni e dei ruoli. Il primo figlio, Pietro Maria Giuseppe, nacque nel 1841, e il fatto che fosse un maschio dovette essere motivo di speranza per una situazione economica migliore, visto che l'avviamento al lavoro avveniva fin dall'adolescenza, e a volte anche prima. La coppia ebbe una seconda figlia quattro anni più tardi, cosa insolita dato che la frequenza delle nascite era in genere di uno, massimo due anni. Purtroppo, -ne ignoriamo i motivi- alla nascita della bambina seguí dopo pochi mesi la morte della madre. Le cause, di solito, erano collegate alle condizioni di vita, per cui non è escluso che all'origine della morte della giovane madre ci fossero problemi di salute aggravati dalla situazione economica. Certo, si tratta d'ipotesi, ma il fatto che Antonio Matta, vedovo con un figlio di quattro anni e una bambina di pochi mesi, si fosse risposato appena tre mesi dopo la morte della moglie, fa supporre che le rispettive famiglie della coppia non potevano o non vollero farsi carico di ulteriori pesi. Non è un caso che i vedovi venissero chiamati "cattivi", con riferimento all'etimologia latina, quasi prigionieri di una condizione insostenibile. Fa riflettere il fatto che Antonio non avesse dato ai suoi figli, un maschio e una femmina, i nomi dei propri genitori, come nella tradizione Sono andato a verificare quale fosse la situazione familiare della moglie defunta, Serafina Guaglianone: i genitori entrambi morti e le sorelle troppo giovani per accollarsi la crescita di due orfani. Viene da pensare alla parola defunto, che contiene in sé la fine di una funzione, quella di moglie e di madre, in questo caso svolta dalla nuova sposa di Antonio, Maddalena Di Rosa, una ragazza di diciotto anni, ma già matura per accasarsi e assumere il suo nuovo ruolo. Si trasferì in casa del marito, a Falcicchia, e qui l'anno successivo nacque la prima figlia. Questa volta Antonio volle ricordare la propria madre, morta appena due giorni prima del matrimonio con Maddalena Di Rosa, e le diede il nome Marianna. Fu la prima di una lunga serie di figli, dodici in tutto, tra cui due coppie di gemelli. La nuova coppia non ebbe vita facile, almeno per quanto riguarda gli affetti familiari, ad iniziare dalla secondogenita Filomena, nata nel 1848 e morta dopo qualche settimana. Dopo pochi giorni, nello stesso mese, morì anche la figlia del primo matrimonio di Antonio, Maria Maddalena. Il ripetersi degli stessi nomi tra i figli, anche senza consultare i registri anagrafici, è indicativo della precoce morte dei bambini, tanto che di quella numerosa prole, alla data dell'ultima nata, Angela, nel 1866, ben otto figli, compreso il primogenito Pietro, erano deceduti. La famiglia durante questi anni si spostò da Falcicchio a Santo Iorio, una contrada più prossima all'abitato, e successivamente a monte del paese nella zona denominata Cupogne, dove l'unico figlio maschio sopravvissuto, Giuseppe Salvatore continuerà a vivere con la moglie Maria Clarice Martino e i figli Francesco Antonio, Vincenzo, Emilia e Angiolina. Sono gli ultimi nomi che conosciamo con questo insolito cognome, Matta, presente a San Marco nell'Ottocento. In alto l'albero genealogico della famiglia con i nomi e le date che hanno segnato il percorso di vita. San Marco Argentano, 11 giugno 2020 Paolo Chiaselotti |
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