DE CHIARA
Il diciannove agosto del 1810, una domenica come oggi, nacque alle ore sei del mattino,
nel palazzo sito nel quartiere Piazza di sopra, Maria Rosa Peppina De Chiara. Il
padre, don Diego, era dottore in legge, la madre, donna Mariantonia Giunti, una
gentildonna. La casa di proprietà dei suddetti signori è quell'edificio
posto tra via Roberto il Guiscardo e via Nelson Iacovini, al limite della piazza
Umberto I e l'inizio di via Vittorio Emanuele III, oggi dei signori Piraino e Iacovini.
All'epoca della nascita esisteva l'antico ospedale dei poveri, attaccato al palazzo
da un lato e alla casa di fronte, già della famiglia Aloia e oggi dei citati
Piraino, ma all'epoca della famiglia Ajello. Due archi sottostanti l'ospedale immettevano
al quartiere di San Francesco di Paola, formato da due strade corrispondenti
alle attuali via San Francesco e via Vittorio Emanuele. Quest'ultima era poco più
che un sentiero attraverso il quale si raggiungevano i cosiddetti Castagni di San
Francesco, mentre l'altra via, anch'essa una stradella, portava alla chiesa e al
convento dei Minimi. La zona era anche chiamata
cave della torre.
Casa De Chiara e l'ospedale ad essa attaccato erano il limite meridionale della
piazza, dalla quale un altro percorso, passando per la Giudeca, conduceva alla cosiddetta
Portavecchia dove, circa all'altezza dell'attuale hotel Don Carlo, una porta di
accesso sovrastata dall'emblema araldico dei marchesi Spinelli rappresentava
il limite orientale del borgo medievale. Il quartiere di Santomarco con la chiesa
del Santo Evangelista era "fuori le mura".
Ho voluto descrivere i luoghi in cui si sviluppa la storia di oggi perchè
nel corso dell'Ottocento, anche per le richieste della famiglia De Chiara, esse
subiranno quelle modifiche che faranno assumere al vecchio impianto medievale
l'aspetto attuale, con l'abbattimento dell'ospedale e della Portavecchia. Ma anche
perchè la famiglia in questione rappresenta, al pari dei luoghi, il passaggio
da una societè ancora feudale ad una di stampo liberale.
Maria Rosa nacque quando il regno di Napoli, con esclusione della Sicilia, era in
mano ai francesi di re Gioacchino Murat, cognato di Napoleone, entrati in forze
nella nostra città al comando del generale Massena.
Chi era questa famiglia?
Circa la sua origine non abbiamo trovato documenti che ne attestino la provenienza,
ma sappiamo dal catasto onciario che essa era già presente nel 1754 nelle
persone di don Diego, vedovo, e dei figli, Emmanuele, Saverio, Chiara, Gennaro, che
abitavano nel palazzo suddetto
con un giardino di quattro stoppellate posto quasi a ridosso della torre.
Il cognome pare che sia di origine campana e ciò che mi ha colpito è
la presenza a San Marco di varie famiglie di Positano (Ajello, Attanasio, Parlati,
Talamo, Romita) in maggior parte concentrate nel quartiere piazza della torre. Don
Diego era dottore in legge, non sappiamo quale fosse la professione dei progenitori,
ma gli altri erano per lo più "mercadanti". Possiamo supporre
che la loro presenza fosse legata ai commerci della seta di cui San Marco poteva
vantare una delle migliori qualità. La coltivazione dei gelsi -i cui
pampani
sono l'alimento dei bachi da seta- era diffusa fin dal Seicento come documentato
nella Platea del Monastero di Santa Chiara, e la professione femminile più
comune era quella di filatrice. Si può dire che non ci fosse casa in cui
non si allevassero bachi per la produzione dei bozzoli.
Perchè proprio il quartiere della Torre ospitava queste famiglie giunte da
Positano? Esso era unito alla Giudeca, l'antico enclave
che ospitava commercianti e artigiani ebrei, i quali "
erano in San Marco assai
potenti: avevano un quartiere segregato che anche oggi si chiama la Giudeca, una
piccola Sinagoga, il traffico della seta e dei grani, il monopolio della piazza
e dei mercati, speciose tintorie" (A. La Valle, Il convento dei frati
minori, Nicastro, O.T. Gigliotti, 1906). Come sappiamo gli Ebrei furono espulsi alla
fine del XV secolo, ma dobbiamo ritenere che molti di essi si convertirono al cristianesimo
e il quartiere continuò ad essere fulcro di attività e commerci, tramandati
nelle generazioni successive.
C'è un altro aspetto che va tenuto in considerazione: alcune potenti famiglie
come Campolongo, Valentoni, Selvaggi erano proprietarie di vaste aree in detto quartiere
e di terreni circostanti, in grado quindi di consentire nuovi insediamenti abitativi
e commerciali.
Anche la presenza dell'ospedale e dei conventi dei Minimi e delle Clarisse era motivo
di interesse per la fornitura di beni e servizi di ogni sorta.
Quanto la loro presenza sia rappresentativa di nuovi e corposi interessi lo si rileva
da una deliberazione del consiglio dell'agosto del 1831 riguardante la nomina di
sindaco ed eletti per il biennio successivo. Una coalizione formata dai consiglieri
Michele Cristofaro, Antonio Seta, Alessandro Amodei, Luigi Aiello, Gaspare Valentoni,
Gaetano Fazzari, Diego de Chiara, Domenico Sacchini vuole eleggere alla carica di
sindaco Generoso Campolongo e alla carica di assessori Francesco La Regina, Giuseppe
Fera, Salvatore D'Ajello. Chi si oppone è il signor Gaetano Campagna per
una lite che Campolongo avrebbe avuto con il Comune e per la stretta consanguineità
degli assessori Gaspare Valentoni e Alessandro Amodei con il predetto sindaco. A
detta di Campagna i voti sono stati frutto di complotti e raggiri. Insomma a leggere
i nomi degli interessati sembra evidente una disputa tra i due quartieri più
importanti: la piazza di basso e quella di sopra, dove vivevano o avevano interessi
la maggior parte dei consiglieri.
Questo era il contesto socio-economico di cui questa agiata famiglia era parte importante.
Che cosa sappiamo ancora di essa? Sappiamo che un membro era sacerdote, che vi furono
apparentamenti con le famiglie Petrone, Giunti e De Carolis di Sangineto, attraverso
i quali scopriamo un'affinità con una famiglia Tiesi di cui un membro, Saverio,
risulta all'epoca eremita, probabilmente frate laico nel vicino convento e
operoso nell'ospizio dei poveri.
La storia della famiglia è legata alla fine dell'ospedale, nel senso che
fu proprio don Diego, il padre di Maria Rosa, che provvide alla rimozione degli
ultimi ruderi del secolare edificio per procedere al restauro della facciata del
proprio palazzo.
Da questo momento possiamo dire che la storia della famiglia passa la mano ad un
nuovo venuto, Francescantonio Perri, un proprietario di San Giovanni in Fiore, che
di fatto diventerà il nuovo amministratore dei beni De Chiara. Nel 1831 sposa
Maria Rosa e tre anni dopo nascerà il loro unico figlio: Gaetano Perri.
Il cambio di regime, da quello borbonico a quello unitario, vedrà Gaetano
protagonista della vita politica sammarchese e soprattutto nell'uso disinvolto del
mandato amministrativo per fini personali.
Gli interessi si sono spostati dai ristretti limiti del borgo medievale al vasto
territorio comunale, e in particolare ai beni demaniali, quotizzati per andare incontro
alle difficoltà economiche di tanti diseredati. Il nome di Gaetano Perri
compare in oltre quaranta delberazioni, dal 1861 al 1878, alcune riguardanti la
concessione o la permuta di quote a Maiolungo, Amendolara, Corso, Iotta. La sua
carriera politica si chiuderà con un processo per malversazione
in qualità di tesoriere del Comune e un addebito di oltre novemila lire, saldato con
la vendita giudiziaria di vari beni tra cui una proprietà in contrada Manca
Castagna e la casa della piazza.
San Marco Argentano, 19 agosto 2018
Paolo Chiaselotti