INDICE ANTISTORIE |
MARCUM ...
Gabriele Barrio (1506-1577): Vi è la città Marco, sede episcopale soggetta a Temesa, o ad essa unita, un tempo detta Argentanum, che Tito Livio dice essersi arresa ai Romani con Verge e taluni altri popoli. Nella chiesa episcopale riposano i corpi dei Santi Martiri Senatore, Viatore, Cassiodoro e della loro madre Dominata, i quali furono cittadini di questa città. L'Usuardo li nomina nel suo martirologio. Maurolico Siculo (di Messina) fa della insipida ironia dicendo che la sede episcopale fu un tempo soggetta all'arcivescovo Messenio. Il fiume Folonum attraversa questa città e poco distante vi scorre altro fiume, il Malosa, che si unisce al Folonio. Annotazioni di Tommaso Aceti (1687-1749) Variamente chiamata, Argentano, Sibari, fondata da Sibariti dopo la distruzione della loro città, Mandonia, Marcopoli, Fano di San Marco, per la predicazione dell'Evangelista in questa città, come vuole la tradizione, ecc. (vedi Carlo Jovene 1 nella Storia dei Tarantini). La città fu molto oppressa dai Normanni, ma fu restituita al primitivo splendore da Roberto il Guiscardo. C'è ancora oggi l'antica rocca -che io ho visto- alta 130 piedi, costruita dai Normanni, come dicono, intorno all'anno 1048. Osservazioni di Sertorio Quattromani (1541-1603) La città di Marco, un tempo Argentanum e così il resto. San Marco Argentano, 15 giugno 2023 Paolo Chiaselotti
1 Il nome era Giovanni Giovane (Joanne Juvene).
2 Credo che Sertorio Quattromani abbia voluto ironizzare sull'origine di San Marco scritta dal Barrio, giocando sul suffisso di Argentanum e Rogianum, quest'ultima scherzosamente trasformata da Vergis in un inesistente, e forse allusivo, Vergiarum Nota: Il testo soprariportato è la traduzione integrale del testo latino De Antiquitate & Situ Calabriae di Gabriele Barrio con le Osservazioni di Sertorio Quattromani e Introduzione, aggiunte e annotazioni di Tommaso Aceti. Tipografia San Michele ad Ripam, Roma, 1737. Viene da pensare che la riproposizione del Barrio sulle origini di San Marco scritte da Giovanni Giovane non fosse farina del suo sacco e che egli stesso si rendesse conto che c'era qualcosa di poco convincente, direi fantasioso, nella storia di questa città. Mi chiedo, infatti, a quale scopo uno storico scrupoloso e attento, oltretutto colto, avrebbe dovuto inserire la facezia detta da Maurolico Siculo (1494 -1575) sulle origini messinesi della diocesi? E perché immediatamente dopo la premessa di un martirio che doveva essere il fondamento stesso della sede episcopale? Forse è opportuno che il lettore più attento vada a leggersi chi era Maurolico Siculo, quando visse e perché possa aver fatto dell'ironia. C'è ancora un altro interrogativo che mi pongo: come faceva il Barrio a dire che i corpi dei Martiri erano custoditi nella cattedrale se essi furono miracolosamente ritrovati a Venosa nel 1689? Avrebbe dovuto sapere che essi erano stati trafugati e portati in quella città ai tempi del Guiscardo, come fu scritto nella Relazione di Ignazio Gonzaga del 1692. Sorge il dubbio, almeno a me, che l'unica arma che avevano in mano gli scrittori di ... storie, era un messaggio subliminale, inserito al posto e al momento giusto, sperando che chi leggeva capisse come fosse duro guadagnarsi il pane. Così fece Giovanni Giovane, dichiarando che la 'storiella' della venuta a San Marco, la Sibari montana, dell'Evangelista gliela aveva raccontata Consalvo Gonzaga a cui l'aveva raccontata il cardinale Sirleto, entrambi morti. |
LA STORIA LE STORIE
|
info@lastorialestorie.it
|