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L'ANTISTORIA
dalla "Chanson d'Antioche"
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2° Episodio: BOEMONDO: LA SCALATA AL POTERE

Miniatura assedio di Antiochia di Jean Colombe 1474ca

Miniatura con l'assedio di Antiochia di Jean Colombe 1474ca.

La Chanson d'Antioche, uno dei principali poemi epici sulle Crociate, racconta nei minimi dettagli l'ascesa al potere di Boemondo, descrivendo non solo le trattative e gli eventi bellici che portarono alla caduta di Antiochia, ma finanche il mezzo principale attraverso il quale fu possibile accedere a quella città, fino ad allora considerata inespugnabile, cioè la scala su cui si arrampicò Boemondo assieme ad altri cavalieri crociati. Parlare, quindi, di scalata al potere del nostro Marco Boemondo non è solo un'espressione in senso figurato, ma di fatto rappresenta il primo e principale percorso da lui compiuto attraverso il quale potè non solo impadronisrsi della città, ma soprattutto fondare quel principato che gli diede fama, ricchezza e notorietà.

Sappiamo già dalle Gesta Francorum, pubblicate e commentate in questa stessa rubrica, che il merito della conquista della città va attribuito alle capacità diplomatiche e all'astuzia di Boemondo, che seppe conquistare dapprima la fiducia e poi la completa soggezione di un emiro chiamato Firuz. Nella Chanson d'Antioche il personaggio ha un nome diverso, ma in entrambi i casi si tratta di un musulmano apostata che decide di aiutare i Crociati in seguito ad una inaspettata conversione al Cristianesimo, favorita dai frequenti contatti che l'uomo ebbe con Marco Boemondo e da un sogno premonitore.

L'emiro turco, di cui solo in seguito conosceremo il nome, controlla ben sei torri, tutte prossime alla porta principale. Da un po' di tempo sogna Dio che lo invita a battezzarsi e a consegnare ai Cristiani la città. Una notte gli compare in sogno un angelo che per ben due volte gli chiede se dorma o sia sveglio. Una prima volta lo sollecita a far entrare in città i Cristiani che stanno fuori, esposti alle intemperie, e nel sogno successivo gli spiega come fare: dovrà costruire una solida scala con la quale i Cristiani possano raggiungere la sommità della torre da lui controllata.
L'uomo non risce più a chiudere occhio e all'alba si alza per recarsi, di nascosto, in una grotta in cui sono conservate alcune pelli di cervo. Porta con sè due coltelli di acciaio ben affilati, un punteruolo, una lesina e si mette immediatamente al lavoro.
Taglia le pelli a strisce dalla parte del dorso, scartando la parte della pancia meno resistente. Da ciascuna pelle ricava ventotto corregge, con cui forma i gradini, ciascuno alla distanza di tre piedi, e le strisce che li uniscono. Tutte le strisce sono legate tra loro con un doppio nodo. La scala che ne risulta è lunga centoquattordici piedi. Ogni gradino dovrebbe essere in grado di reggere tre guerrieri armati, ma il turco non si accorge che a metà della scala la pelle era deformata e presentava delle scorticature, una disattenzione che, purtroppo, costerà cara, come vedremo alla prossima puntata.

Il Dio dei Cristiani era stato informato da Boemondo su quanto sarebbe accaduto, anche se non nei minimi particolari, per darGli modo di predisporre a Suo arbitrio il piano strategico.
Per capire bene cosa accadde, dobbiamo fare un passo indietro, ovvero quando Boemondo tornato stanco dal porto di San Simone, sprofonda in un sonno ristoratore. E sogna.
Sogna che il cielo si apre mentre la terra si allontana. In questa cornice metafisica, come in un quadro di Salvador Dalì, una scala infinita si srotola dall'alto fino alla tenda in cui Boemondo si sta ritemprando dalle fatiche della guerra. La città d'Antiochia poco distante si illumina di un chiarore enorme, i Saraceni al suo interno dicono che Maometto è morto, Boemondo rimane rapito dal sole e dalla luna al punto che con un lembo della sua armatura porta gli astri sulla terra! Egli è talmente in alto da sovrastare ogni palazzo, uno dei baroni al suo seguito si arrampica lungo un bastione, seguito da tutti gli altri. Ad un tratto la scala si pezza e solo i più vicini a lui, in preda al terrore, restano aggrappati, mentre gli altri precipitano nel vuoto.
A quel punto Boemondo si sveglia e che fa? racconta a Dio il sogno, quindi, osservando le ripide mura di Antiochia scaglia contro la città l'anatema malheur à toi, girandone la colpa agli occupanti pagani che t'ont fait maudire!
Il seguito è la certezza del predestinato di vivere per servire Dio e tutti i Santi.

Nelle prossime puntate vedremo se e come sogni e speranze di Boemondo si avvereranno. A presto.

Episodio successivo: Boemondo: il contratto.


San Marco Argentano, 19 marzo 2024

Paolo Chiaselotti
L'episodio è tratto dal canto VI della Chanson d'Antioche. Vedi premessa Boemondo tremebondo?!!


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