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LA STRADA DELLA CAVA DELLE SPADERE ...

Spateddre, tagliamani

A luglio del 1831 furono ultimati i lavori di un importante tratto stradale di collegamento del centro abitato con i territori a valle. Il progetto nel suo complesso riguardava gli estremi della strada che attraversava il paese che, partendo dal Vescovato arrivava fino al convento dei Riformati.
In un primo momento il decurionato aveva pensato di ripristinare l'attraversamento urbano, ma alla fine decise di intervenire all'esterno dell'abitato e precisamente su una via di accesso e su alcune vie di uscita a monte del paese.
La questione non era di poco conto, poiché per la prima volta gli amministratori ponevano l'attenzione sul rapporto tra il borgo e il territorio circostante. Precedentemente l'abitato, secondo una concezione ancora medievale, sia che avesse o non avesse le mura, era considerato un luogo da proteggere da intrusioni esterne.
Quello che noi oggi reputiamo indispensabile ai fini economici e sociali, il traffico commerciale, era un problema che riguardava esclusivamente chi doveva introdurre i prodotti all'interno delle 'mura'. Il trasporto e la percorrenza riguardavano mulattieri e vaticali, i quali li adattavano ai sentieri esistenti, distribuendo i carichi su più vetture (con questo termine erano definiti anche gli animali da soma) e decidendo, di conseguenza, come accedere al borgo.
Quale motivo spinse gli amministratori a rivolgere l'attenzione sulla strada esterna al paese, preoccupandosi delle difficoltà che incontravano "vetturali e contadini tutti" nel raggiungere il paese attraverso la strada "detta le Cave delle Spadere che presenta dei tratti talmente rovinosi da richiedere un riparo"?
Ciò che a noi oggi potrebbe sembrare come il dovere di un buon amministratore che si occupa senza discriminazioni sia della viabilià interna che esterna, era la scelta 'obbligata' di una città, dall'impianto urbanistico feudale, costretta a trasformare una roccaforte medievale in un centro di scambi intercomunali.
La città non più come luogo di arrivo ma come luogo di passaggio di merci e di persone. Nella deliberazione del 1826, adottata dal decurionato il 7 maggio, da cui ho tratto il testo virgolettato, l'organo consiliare, quasi a voler giustificare la spesa per una strada 'estranea' alla città, fa notare che gli 'interessati', ovvero vaticali e contadini, avrebbero dato il proprio contributo ai lavori!

Come si vede non c'era ancora una piena consapevolezza delle mutate condizioni socio-economiche, nè dei fattori che contribuivano alla ricchezza interna, tuttavia l'intenzione di aprire la principale e unica via cittadina offrendo sbocchi verso l'esterno rappresentava un primo e importante passo verso nuove forme di economia. La volontà di proseguire su questa indirizzo è confermata dalla decisione adottata nell'anno successivo, ovvero di destinare l'avanzo di cassa per la riparazione della strada delle Spadere. Il progetto prevedeva interventi anche sul tronco finale della strada urbana, e precisamente sul tratto che si diramava nelle direzioni Cuponi, castagne del Sacramento e crocevia delle Sciulle, considerate allora lo sbocco naturale del paese sul versante Valle Crati.
Come finì questa iniziativa? Di questi ultimi lavori non abbiamo trovato traccia in deliberazioni immediatamente successive, mentre per quanto riguarda i lavori sulla strada delle Spadere sappiamo che furono affidati in appalto a un tal Giuseppe Clausi e che a distanza di cinque anni, a lavori ultimati, il decurionato con deliberazione n.207 in data tre luglio 1831 contestò all'appaltatore la corretta esecuzione dei lavori sulla base di una perizia redatta da un tecnico di parte del Comune. L'architetto Fedele Simonetti asserì che "l'opera fatta non è perfetta, né offre la sicurezza e la durata di dieci anni, presenta difetti che rendono l'opera inutile, ed arrecano al Comune la perdita di ducati 700 necessari per le riparazioni, onde impedirne la totale distruzione ...
Non sia rilasciata all'appaltatore alcun altra somma
"
Insomma quell'encomiabile iniziativa si rivelò alla fine un vero disastro. Perché?
Intanto è importante capire dove sfociava questa via delle cave. Non si trattava della strada di Santo Pietro, né dell'altra chiamata Pie'la Silica, cosidetta per la sua posizione al di sotto dello sperone roccioso su cui si erge il Duomo, ma di un accesso più agevole in prossimità della contrada Santo Iorio. Il nome strada delle cave indica che in quel luogo era iniziato lo sbancamento della collina per far posto ad una strada. I lavori dovevano essere iniziati prima del 1826 considerato che a quella data vi era, anche se malridotta, una strada utilizzata da contadini e trasportatori provenienti dalle aree ad est del paese, sia da quelle collinari come Pezze e Bonavita e sia da quelle in pianura denominate Macchie.
Dalla deliberazione del 1826 emerge come tale percorso fosse considerato una via più agevole di accesso al paese. Tuttavia bisognò attendere l'inizio dei lavori ferroviari, nei primi anni Settanta dell'Ottocento, perché la stessa strada diventasse anche la via per raggiungere Cosenza e gli altri Comuni nella Valle del Crati. Fino ad allora, infatti, per raggiungere la valle del Crati veniva utilizzato il percorso a monte che partiva dalla Riforma, attraversa la contrada Pellara, molto scoscesa, e scendeva fino a Valentoni, mentre un altro tratto saliva alla Conicella e da qui, attraverso la montagna, si raggiungevano i Comuni arbëreshë, Cosenza, San Fili e finanche Fuscaldo e Paola.
Negli anni Cinquanta/Sessanta dell'OttocentoLa l'originaria strada della cava delle Spadere fu ripresa e ampliata sulla base dell'antico progetto, fino ad allora mai attuato, della cosiddetta strada militare, quella che partendo da Castrovillari fino a Donnici attraversando i vari Comuni tra cui San Marco avrebbe docuto consentire il transito di eserciti e mezzi. Fu grazie a questa strada che San Marco uscì dal suo isolamento e accrebbe la sua importanza nella provincia per numero di attività commerciali, artigianali e di pubblici servizi.


San Marco Argentano, 16 luglio 2024

Paolo Chiaselotti


Il nome Spadere deriva dalla pianta spontanea detta disa o saracchio (nome scientifico Ampelodesmos mauritanicus), le cui foglie sottili sono da noi chiamate per la forma allungata spateddre. Dove si trovava questa strada? Non sappiamo l'esatto percorso stradale, ma il congiungimento con la strada che iniziava dal Vescovato fa supporre che potesse trattarsi dell'attuale via duca degli Abruzzi. Il fatto che si faccia riferimento ad una cava ci induce a credere che l'innesto del nuovo tratto stradale potesse essere a Santo Iorio (da cui iniziava la strada di Santo Pietro), creando a monte il percorso che in seguito sarà chiamato via Duca Degli Abruzzi. In atti successivi troviamo ubicata nei pressi di quella zona una cava chiamata di Brusco, proprietario o utilizzatore del materiale inerte. Era la stessa di quella detta delle Spadere? Probabilmente sì ed essa lasciò il varco attraverso il quale potè essere costruita la nuova strada in sostituzione della stradella di Santo Pietro.
Inizialmente la strada arrivava fino all'attuale asilo vescovile (già casa Richetti), dove era interrotta da un profondo canalone. La successiva costruzione di un ponte consentì il completamento dell'opera agli inizi del Novecento che fu chiamata strada nuova del ponte Sacchini (dal nome del proprietario dei terreni), poi borgo nuovo e infine fu intitolata a Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi, del quale ancora oggi porta il nome.


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